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Un anno dopo l'onda anomala

Il 26 dicembre del 2004 uno tsunami sconvolse il Sud Est Asiatico, portandosi via 200mila persone

27 dicembre 2005

Successe all'improvviso, in una mite mattina, all'indomani di Natale. Successe in uno di quei luoghi che viene chiamato ''paradiso terrestre''. Successe tra il sole e le candide spiagge, mentre da questa parte del mondo, battevamo i denti per il freddo e le vie luccicavano di luminarie natalizie.
Successe un anno fa, all'improvviso, in una mite mattina, all'indomani di Natale.
Il mare si ritirò, lontano. La grande coperta d'acqua lasciò vedere tutto quello che solitamente copriva. Poi il mare ritornò. A capo, un'onda sempre più alta e grossa, e più s'avvicinava e più si faceva alta. Altissima.
Il mare travolse tutto e spazzo via tutto. Tutto.

Il 26 dicembre 2004, un sisma di oltre 9 gradi sulla scala Richter al largo di Sumatra provocò una gigantesca onda anomala che investì più di dieci Paesi del Sud-est asiatico.

Un anno dopo
, i quei luoghi dove l'onda anomala e assassina ha deciso di falcidiare vite umane, è stato il giorno del ricordo e delle commemorazioni.
Un minuto di silenzio è stato osservato nella provincia di Banda Aceh alle 08:16 ora locale (02:16 in Italia), l'ora precisa in cui lo tsunami ha colpito un anno fa il suo primo Paese, l'Indonesia. Il bilancio delle vittime in Indonesia fu quello più pensante: 168.000 tra morti e dispersi.
Cerimonie di commemorazione anche in Thailandia: migliaia di thailandesi e di stranieri, sopravvissuti allo tsunami e familiari delle vittime, si sono raccolti ieri mattina sulle spiagge del Paese per rendere omaggio alle 5.393 persone uccise un anno fa dall'onda anomala. Inoltre la Thailandia ha scelto di commemorare le vittime con l'emissione di due francobolli: uno mostra l'immagine di una gigantesca ondata e l'altro un coloratissimo disegno infantile che raffigura l'opera di soccorso.
Nella città meridionale di Peraliya, nello Sri Lanka, religiosi indù, cristiani, buddisti e musulmani hanno pregato insieme nel luogo nel quale sono morte 1000 persone, quando il treno sul quale stavano viaggiando è stato travolto dallo tsunami.

Un anno dopo, succede che un papà italiano ritrovi i resti della figlia. Se l'era presa lo tsunami  insieme alla moglie.
Un anno di ricerche, e finalmente Cataldo Torelli, 47 anni, uomo d'affari che ha un commercio di tessili a Fukuoka, in Giappone, e che nella catastrofe naturale che ha colpito l'anno scorso il SudEst Asiatico ha perso anche la moglie giapponese e sua sorella, ha recuperato i resti di sua figlia, cremati da una famiglia thailandese.
Un anno di ricerche. Da quel maledetto giorno l'uomo è tornato periodicamente in Thailandia a cercare la figlia di 13 anni, travolta dal mare in uno stabilimento balneare, offrendo una ricompensa di circa duemila dollari per qualsiasi informazione sulla sua sorte.
''Torelli ha trovato le ossa e le ceneri di sua figlia la settimana scorsa mettendo fine alla sua ricerca '', ha detto il colonnello Khemarin Saisiri, responsabile dell'Unità di identificazione delle vittime della catastrofe nella provincia di Phuket. Il corpo di Lea Dina Torelli era stato consegnato a una famiglia della provincia di Lampang, che credeva si trattasse della loro figlia. Il corpo è stato cremato durante una cerimonia buddista, ha detto il colonnello. Gli investigatori della polizia giapponese, che assistevano Torelli, hanno confermato il mese scorso attraverso le analisi dentarie e gli esami del Dna che il corpo era quello della giovane italo-giapponese.

A causa dello tsunami, solo in Thailandia, circa 5.400 persone sono morte e 2.817 sono considerate disperse.
Una tragedia che ha sconvolto 8 Paesi dell'oceano indiano, mietendo oltre 200mila morti e migliaia di dispersi, un terzo dei quali bambini.
 
Un anno dopo succede anche che i bambini, che un anno fa ''vagavano come sonnambuli tra le rovine dei loro villaggi'' spazzati via dall'onda anomala ''sono tornati quasi tutti a scuola''. Lentamente stanno migliorando le loro condizioni materiali e la loro salute psicologica.
A raccontarlo, senza nascondere quanto ancora ci sia da fare, è stato Gianfranco Rotigliano, rappresentante dell'Unicef in Indonesia, il paese più colpito dal maremoto dello scorso 26 dicembre.
''La migliore testimonianza di quanto la situazione sia in marcia nella giusta direzione - ha raccontato il funzionario dell'agenzia delle Nazioni Unite facendo il punto sui fondi raccolti e su come sono stati utilizzati - sono i disegni degli alunni. ''Basta mettere a confronto quelli fatti negli ultimi mesi con i primi, angosciati, disegni tracciati dai bambini subito dopo la tragedia: un anno fa erano neri, ora sono pieni di colori e c'è il sole''.
Le scuole si sono rimesse infatti a funzionare già un mese dopo la catastrofe, seppure in condizioni disagiate. ''Oggi - ha ricordato Rotigliano soffermandosi sulla situazione dell'Indonesia, quella che ha seguito direttamente - siamo in grado di garantire le lezioni a quasi tutti in edifici o prefabbricati, grazie alla costruzione di 135 scuole temporanee o semi permanenti. Inoltre abbiamo distribuito 230 mila kit scolastici a beneficio di 830 mila bambini''.
Dunque un anno dopo, succede pure che i bambini ritornano a disegnare un mondo a colori.

Circa 3,5 milioni di persone hanno beneficiato dell'assistenza dell'Unicef, con importanti risultati anche nel settore sanitario, dell'acqua e igiene e della protezione dell'infanzia: oltre 1,2 milioni di bambini sono stati vaccinati contro il morbillo, una delle principali cause di mortalità infantile in contesti d'emergenza; più di mezzo milione le persone che hanno regolare accesso all'acqua potabile, grazie al ripristino e costruzione di sistemi idrici, mentre altre centinaia di migliaia hanno avuto accesso a servizi igienici di base; circa 1,4 milioni di bambini hanno ricevuto, come già accennato, materiali scolastici d'emergenza, tra cui 630mila libri di testo, mentre 554 tra scuole temporanee o semi-permanenti sono state costruite o riparate; più di 358.430 bambini, infine, hanno ricevuto sostegno psico-sociale e assistenza e 3.793 bambini rimasti soli hanno beneficiato delle attività di registrazione, accoglienza e ricongiungimento familiare sostenute dall'Unicef.

''Nonostante i grandi risultati conseguiti - sottolinea Rotigliano - molto resta ancora da fare'': è necessario Foto di Arko Dattaripristinare i mezzi di sussistenza per le popolazioni sfollate, ricostruirne le abitazioni, realizzare strutture sanitarie e scolastiche permanenti, rendere il sistema idrico e igienico-sanitario accessibile a tutti.
A un anno dal disastro, le condizioni dei sopravvissuti restano infatti difficili: decine di migliaia di famiglie vivono ancora in campi d'accoglienza temporanea e il vero e proprio processo di ricostruzione sta solo ora cominciando.
Una serie di fattori concomitanti, che vanno dalla mole senza precedenti delle distruzioni alle questioni legate alla proprietà della terra, alla necessità di ricostruire secondo standard di sicurezza, contribuiscono alla complessità del processo di ricostruzione: prioritario è restituire il più rapidamente possibile condizioni di vita accettabili a coloro che hanno perso casa, averi e mezzi di sussistenza. Al contempo, però, la necessità di ottenere risultati rapidi deve essere bilanciata dall'esigenza di perseguire soluzioni eque e sostenibili, che non mettano a rischio l'efficacia e la sostenibilità nel tempo della risposta finale.

Un anno dopo succede, nonostante tutto, che la speranza è ancora viva, e che il mare non è riuscito a spazzarla via del tutto...

F.M.

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27 dicembre 2005
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