Un boss muore
Bernardo Provenzano è in fin di vita. Se la vedrà con il giudizio di Dio
Bernardo Provenzano è in condizioni disperate e per i medici le possibilità che si svegli dal coma sono pochissime. L'avvocato Rosalba Di Gregorio, legale del boss in cella dall'11 aprile del 2006, ha chiesto la sospensione del regime carcerario duro. "È un costo inutile per lo Stato - spiega - Al momento sette persone sono impiegate nella sua vigilanza in ospedale. Ed è dannoso per gli operatori sanitari e per i familiari che non hanno alcuna responsabilità". Ma il Dap ha fatto sapere che per il momento non verrà revocata nei suoi confronti l'applicazione del 41 bis.
Se il destino del padrino di Corleone sia o meno scritto, si vedrà nei prossimi giorni. Di certo il capomafia non risponde agli stimoli. Dopo l'ennesima caduta in carcere, è stato ricoverato d'urgenza all'ospedale di Parma, dove è stato operato per un ematoma cerebrale. I medici hanno più volte interrotto le terapie con cui veniva tenuto in coma farmacologico, ma il boss non ha mai ripreso conoscenza. "È in coma 4 - dice il difensore - e non è in grado di respirare autonomamente". Ieri gli è stata fatta la tracheotomia.
Il figlio maggiore, Angelo, è a Parma da tre giorni. Ieri, il ministro della Giustizia ha autorizzato la visita al padre. Pochi minuti sollecitati dai sanitari per vedere se il contatto col familiare avrebbe provocato una reazione nel paziente. Il test è stato negativo e sono meno del 10 per cento le possibilità che Provenzano non resti in stato vegetativo. L'incontro è avvenuto sotto la sorveglianza delle videocamere. Tutto ripreso.
Le condizioni del padrino di Corleone hanno reso impossibile ai periti incaricati dal gip di portare a termine le visite chieste dalla difesa per valutare la capacità mentale del boss che, per i parenti e l'avvocato, è ormai compromessa da mesi.
La perizia, disposta nell'ambito dell'udienza preliminare sulla trattativa Stato-mafia in cui Provenzano è imputato, sarà depositata il 4 gennaio. E potrebbe comportare la separazione della sorte processuale del capomafia da quelle degli altri imputati.
La Procura di Palermo, intanto, continua a indagare su uno strano episodio accaduto in carcere il 12 maggio scorso al boss. Si parlò di tentativo di suicidio - un agente lo vide con un sacchetto in testa - ma il Dap ha smentito.
Una simulazione? L'avvisaglia di uno stato mentale già compromesso? Su questo i magistrati hanno aperto un fascicolo di atti relativi, una sorta di accertamento preliminare per capire se ci si trovi davanti a un reato.
Due giorni fa nell'ambito di questa inchiesta è stato sentito il figlio minore del boss, Francesco Paolo. A lui, durante un colloquio in carcere, il padre avrebbe detto che lì qualcuno non gli voleva bene. L'accusa di maltrattamenti o una frase sconnessa? Il ragazzo, che insieme agli altri familiari, da mesi denuncia le cattive condizioni del padre non ha saputo rispondere.
Agli atti del fascicolo è finito anche l'interrogatorio a cui il capomafia è stato sottoposto il 31 maggio dai pm di Palermo: un tentativo di sondare la disponibilità a pentirsi di Provenzano seguito alla visita fatta in carcere al boss dall'eurodeputato Sonia Alfano e dal parlamentare Beppe Lumia. Nel colloquio, fatto di molte frasi sconnesse e di affermazioni a tratti criptiche, difficilmente potrebbero intravedersi spiragli di una collaborazione.
Viste le condizione estreme di Provenzano e alla luce della sua proverbiale "religiosità", al boss di Corleone, conosciuto anche come "Binnu u tratturi" per la sua violenza distruttiva, non rimane altro che il giudizio di Dio, giudice eterno al quale non potrà sottrarsi.
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it, Repubblica.it, Corriere.it]