Un cimitero d'acqua
Almeno 250 naufraghi di cui molte le donne e bambini. Quella accaduta ieri nel Canale di Sicilia è una delle più gravi tragedie del mare degli ultimi anni
E' stata una notte di dolore quella trascorsa. Dolore e insieme orrore per le conferme e le testimonianze della tragedia che si è consumata nelle acque maltesi a 39 miglia da Lampedusa (LEGGI).
Stamane, alle prime luci dell'alba, sono riprese le ricerche con la disperata missione di trovare in vita, nel mare in burrasca, ancora qualcuno dei 250 migranti naufragati alle quattro del mattino di ieri. O almeno di individuare i loro corpi. Cinquantatrè i sopravvissuti, condotti ieri sull'isola da una motovedetta e da un peschereccio: da loro la conferma che sul barcone c'erano oltre 300 persone.
Dal molo di Lampedusa sono ripartite le motovedette della Guardia costiera, un aereo della Capitaneria cui si aggiungerà un altro velivolo a metà mattinata, e un mezzo navale maltese arrivato nella tarda serata di ieri. Le operazioni sono coordinate da Malta in quanto la tragedia si è consumata in acque di sua competenza.
Le speranze di ritrovare qualcuno ancora in vita sono ridotte al lumicino. "Non bisogna comunque lasciare nulla di intentato - ha detto il comandante della Guardia costiera, Pietro Carosia - la nostra speranza è sempre quella di trovare un naufrago, magari aggrappato ad un pezzo del relitto".
I superstiti del naufragio saranno trasferiti oggi con un ponte aereo. La destinazione, spiega la Questura di Agrigento, non è stata ancora decisa. Dei 53 naufraghi salvati, i tre che avevano bisogno di cure mediche erano stati portati via già ieri: due a Porto Empedocle e una donna, all'ottavo mese di gravidanza e con una broncopolmonite, a Palermo.
Non doveva finire così la storia di questi profughi partiti dal porto libico di Zuwarah. Il mare era l’ultima tappa di un viaggio cominciato dall’Africa sub-sahariana e durato mesi, se non anni. E invece la loro barca, un legno di 13 metri, non ha retto. Quando a bordo hanno visto il mare gonfiarsi, gli immigrati hanno capito che era finita. Da un telefono satellitare hanno chiamato le autorità di Malta - competente per i soccorsi in quell’area - che hanno comunicato l’emergenza ai colleghi italiani. Due motovedette della Guardia costiera sono subito salpate, mentre l’area veniva monitorata da elicotteri e aerei. Giunti sul posto, gli uomini della Capitaneria di porto hanno tentato di "agganciare" la carretta senza più governo, che già imbarcava acqua, lanciando una cima. A bordo il peso si è squilibrato, la barca si è piegata su un fianco e rovesciata. Così si è compiuta la tragedia.
E' questa la sommaria dinamica ricostruita da chi non è stato ighiottito dal mare. Il racconto dei soccorritori è ancora più agghiacciante: "Uomini, donne e bambini cadevano dalla barca e andavano giù come piombo. Un inferno. Alcuni sopravvissuti li abbiamo presi per i capelli".
Non è servito lanciare zattere e salvagenti in acqua, tutto è accaduto in un attimo. Da quanto si apprende, le indicazioni riferite dai naufraghi ai maltesi sarebbero state sommariamente girate alle autorità italiane. Il contenuto delle comunicazioni non avrebbe lasciato presagire che si trattava di una emergenza così grave. Solo quando i soccorritori sono arrivati sul posto hanno visto che lo scafo aveva una falla.
Il racconto fatto dall'equipaggio di un elicottero della Guardia di finanza dà la dimensione della sciagura: "Abbiamo visto decine di corpi galleggiare a gruppi, e comparandone le dimensioni abbiamo capito che in mare c’erano anche bambini. Speravamo che qualcuno agitasse una mano. Non è accaduto". Però è successo che poco prima delle 14 arrivasse in porto un peschereccio di Mazara del Vallo, il "Cartagine". A bordo aveva tre sopravvissuti, salvati nel buio. Il comandante, Francesco Rifiorito, ha raccontato di aver ricevuto l’allarme dalla Guardia costiera intorno alle due, quando stava effettuando una battuta di pesca a dieci miglia dal luogo del disastro. Ha tirato su le reti e invertito la rotta. "Non si vedeva nulla - ricorda - si sentivano solo urla. Sono state le grida a guidarci in un punto dove abbiamo lanciato le cime alle quali tre naufraghi si sono aggrappati". Un altro comandante guarda sconsolato il mare: è Antonio Morana, che a Lampedusa guida la Capitaneria di porto. Di gente ne ha salvata. "Non si fa - dice - Non si mandano queste persone a morire così". E azzarda l’ipotesi che ormai i mercanti di uomini abbiano ridotto a zero i loro rischi: su queste barche, spiega, vengono installati dei Gps, programmati su una rotta. I migranti vengono stipati sulle carrette e spinti in mare, in balia delle onde, senza nessun marinaio; al suo posto uno strumento che gracchia.
Le testimonianze dei superstiti - "Eravamo 370, siamo stati due notti e tre giorni in mare, poi abbiamo visto la nave italiana che si avvicinava". Questo è il frammento di uno dei drammatici racconti di alcuni dei 51 superstiti. Un uomo, che avrebbe perso moglie e figlio di tre anni, racconta: "La nave italiana è arrivata molto lentamente a motori spenti, molto lentamente, fino a un metro da noi. Ci siamo spostati e la nostra barca si è rotta e siamo caduti in mare".
Il numero dei migranti, partiti dalla Libia e di varie nazionalità africane (Somalia, Nigeria, Bangladesh, Costa d'Avorio, Chad e Sudan), non è certo. Secondo il racconto di alcuni sopravvissuti sarebbero stati oltre 350 sul barcone. Un giovane del Camerun dice di essere rimasto in Libia almeno due anni a fare l'imbianchino e quando è divampata la guerra gli avrebbero proposto di combattere contro i ribelli. Ma lui - racconta - è riuscito a trovare un barcone per partire pagando 1200 dollari sia per lui, che per la sua fidanzata, 24 anni, e un suo amico. "Siamo partiti dalla Libia su un barcone e ieri verso le sei di sera è cominciato il cattivo tempo. Siamo caduti in acqua - dice - era un inferno. Mi entrava acqua in bocca ma sono riuscito a rimanere a galla. C'erano almeno tre bambini e molte donne. Io mi chiamo Peter Ugo, ho 29 anni". Peter, arrivato sulla terra ferma, ha creduto per ore che la fidanzata, sulla barca con lui, fosse morta. Ma mentre era al poliambulatorio di Lampedusa è arrivata una telefonata della donna che si era salvata e che si trova nella base Loran di Lampedusa, ha detto lui stesso parlando con i giornalisti. Una cosa bella in mezzo a tanto terribile orrore...
Karim viene dalla Somalia. Mostra un ematoma al sopracciglio sinistro e fa il gesto del pugile. In acqua si è dovuto difendere da due compagni di viaggio che non sapevano nuotare e che si sono aggrappati a lui. Non sa se loro ce l'hanno fatta, era buio, non li ha neanche visti in faccia. Lui l'ha scampata. Karim dice di avere 17 anni perchè questo gli procurerebbe qualche vantaggio, ma prima di dire che è nato nel '94 ci pensa un pò. In verità, di anni ne dimostra cinque o sei di più. Parla un pò inglese e un pò italiano, le poche parole della nostra lingua le ha apprese dal padre. "Buio e acqua" ricorrono continuamente nel suo discorso. Alla Base Loran dove adesso è ospitato, stanno portando via i profughi arrivati ieri per far posto ai naufraghi di oggi, nel tentativo di dare migliore accoglienza alle persone che hanno vissuto questa esperienza tremenda, che Karim somma alle vicissitudini precedenti: la fuga dalla Somalia, la tappa in Sudan e poi in Libia, dove viveva da un anno e mezzo e faceva occasionalmente il muratore a Tripoli.
Ma questa tragedia poteva essere evitata? - Da Ginevra, António Guterres, presidente dell'UNHCR, assieme all'ambasciatrice di "Buona Volontà", Angelina Jolie, si sono detti turbati per la tragedia. "Sono persone rifugiate due volte - ha affermato Guterres - fuggite da guerre e persecuzioni per raggiungere la sicurezza in Italia. Quanto è successo - ha detto ancora - risulta allarmante. Per questo, lancio un appello a tutti i soggetti che pattugliano il Mediterraneo affinché facciano tutto il possibile per assistere le imbarcazioni in difficoltà". Angelina Jolie, che proprio ieri ha concluso una missione di due giorni in Tunisia, ha detto: "Avendo appena passato del tempo con famiglie che sono fuggite dalla violenza in Libia mi sento profondamente rammaricata per l'enorme perdita di vite umane di chi stava semplicemente cercando un rifugio".
Il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) esprime dolore per una delle più gravi tragedie del mare degli ultimi anni. Dolore che si unisce a preoccupazione e incredulità. "Ora mi chiedo, come è stato possibile che in un mare presidiato da flotte internazionali e completamente militarizzato non si sia potuta evitare una tragedia di tali proporzioni, intervenendo tempestivamente a soccorso di quei profughi?", ha detto Savino Pezzotta, presidente del CIR. "Quello che deve ora essere accertato è se ci sono state delle violazioni del diritto del mare che, dobbiamo ricordare, obbliga a soccorrere quanti si trovano in condizioni di rischio. E se queste violazioni saranno accertate dovranno anche essere verificate le responsabilità".
Il vescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro, in un'intervista ad Avvenire ha detto: "Sono morti che devono pesare sulla coscienza di tutti, anche su quella dei cristiani, delle persone perbene, di chi non vuole che questa gente arrivi in Europa, di chi non li accoglie". "Di sicuro - ha aggiunto - la colpa di questo naufragio non è del mare. Sono morti che graffiano, che lasciano una ferita profonda". Il pensiero di monsignor Montenegro è andato anche "ai marinai, ai ragazzi della guardia costiera". Sono esperienze, ha detto "che non si possono dimenticare, che lasciano una traccia indelebile". Chi lavora a Lampedusa, ha aggiunto, "oltre alla professionalità, porta con sé una grande umanità. Fanno di tutto per salvare quelle vite. Ho visto grande tristezza nella gente quando si parla di queste tragedie, che sono sconfitte per tutti".
Il ministro Maroni sulla tragedia - Il ministro dell’Interno Roberto Maroni, nel corso di un’informativa alla Camera, ha riferito che il naufragio del barcone "è avvenuto in acque maltesi, ma le autorità di quel Paese hanno chiesto il nostro intervento e lo abbiamo fatto subito". Ha poi sottolineato che in passato c’è stata "una forte disputa tra autorità maltesi e italiane. È un problema che rimane aperto". "Sulla base dei primi accertamenti - ha proseguito - le forze armate maltesi hanno ricevuto alle 2.30 una richiesta di soccorso in mare da parte di una persona che segnalava il possibile affondamento di un natante. Le autorità maltesi hanno chiesto l’interveneto italiano perchè dicevano di non avere assetti navali disponibili. Trattandosi di un intervento d’urgenza, la capitaneria di porto di Lampedusa metteva subito a disposizione due motovedette, un elicottero e un ricognitore aereo". L’intervento, ha sottolineato il ministro, "ha consentito di salvare 51 persone, tra cui una donna e un neonato. I superstiti hanno riferito che c’erano altre 150 persone e le speranze di trovare qualcuno vivo si sono affievolite".
In tre mesi 800 morti nel Canale di Sicilia - Oltre 22mila migranti sono arrivati in Italia in poco più di tre mesi, ma in tantissimi - circa 800, ma non ci sono cifre ufficiali, che potrebbero anche essere più alte - sono stati ingoiati dal Canale di Sicilia. Centinaia di barconi sono partiti soprattutto dalla Tunisia, ma anche dalla Libia e alcuni sono affondati con il loro carico umano, come è successo questa notte in acque maltesi.
Dal 1988, secondo i dati raccolti da 'Fortress Europe', sono quasi 16mila gli uomini, le donne e i bambini morti tentando di raggiungere l'Europa con i barconi. Per oltre quattromila di questi (4.249) il Canale di Sicilia è diventato la loro tomba, mentre altre 186 persone sono morte navigando dall'Algeria verso la Sardegna. Più della metà di questi morti non sono mai stati recuperati: le statistiche ufficiali parlano infatti di 3.110 dispersi.
Ecco l'elenco di naufragi, vittime e dispersi segnalati nei primi tre mesi del 2011.
11 FEBBRAIO - Nella notte naufraga un vecchio motopesca partito dal porto di Zarzis, in Tunisia: circa 40 gli immigrati dispersi, quasi tutti presumibilmente morti.
14 FEBBRAIO - Sempre di notte, cinque persone morte ed altre 17 disperse, dopo un naufragio avvenuto avvenuto ancora al largo di Zarzis.
4 MARZO - Due dispersi nella carretta rimasta per quattro giorni in balia del mare in tempesta dopo essere partita dal porto di Biserta, nell'estremo nord della Tunisia. La barca è stata soccorsa da un motopesca di Mazara del Vallo al largo delle coste trapanesi.
14 MARZO - Almeno 60 i 'fantasmì che erano a bordo di un barcone naufragato non lontano dalle coste della Tunisia dopo essere partito da Zarzis. Il fatto è stato raccontato dai superstiti che sono riusciti a mettersi in salvo raccolti da altri barconi.
19 MARZO - Tre persone sono risultate disperse dopo il naufragio di un'imbarcazione partita da Zarzis.
28 MARZO - Dodici migranti che, a bordo di un barcone, stavano tentando di entrare in Tunisia, sono annegati nel naufragio del natante, a largo delle coste di Kerkennah.
30 MARZO - Altro naufragio nel Canale di Sicilia e sette persone morte, tra le quali una donna incinta e un bambino, figlio della migrante.
22 MARZO - Un barcone con 335 somali ed eritrei è partito dalla Libia, ma nessuno dei passeggeri si è da allora fatto vivo.
25 MARZO - Nessuna notizia anche di un barcone salpato sempre dalle coste libiche con 68 persone a bordo.
1 APRILE - I cadaveri di 27 tunisini, di età compresa tra i 19 e i 23 anni, morti in due naufragi di barche dirette in Italia, sono stati scoperti sulle coste dell'isola di Kerkennah.
3 APRILE - Settanta corpi sono stati recuperati dopo un naufragio davanti alle coste di Tripoli.
6 APRILE - Un barcone si rovescia nella notte in acque maltesi. Salvati in 51, ma a bordo erano circa 300 secondo alcune testimonianze. Decine di cadaveri sono stati avvistati da un elicottero della guardia di finanza.
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, Lasiciliaweb.it, Repubblica/Palermo.it, Corriere del Mezzogiorno.it]