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Un Dio che non ride

La Danimarca chiede scusa ma le proteste per le vignette su Maometto pubblicate in Europa continuano

08 febbraio 2006

Nella questione delle vignette su Maometto, che in maniera così esacerbante hanno scatenato gli animi dei paesi islamici, due sono i punti difficilmente contestabili e che danno il metro dell'intera situazione alla quale si può dare il terribile nome di ''scontro tra civiltà''. Il primo è che le vignette pubblicate alla fine di settembre dal quotidiano danese Jyllands Posten, e ripubblicate da diversi giornali europei nel nome della ''libertà d'espressione'', sono di reale cattivo gusto, e non deve sembrare assurdo che siano state recepite come offensive e blasfeme per chi è di cultura islamica (ricordiamo che l'islam non concepisce la raffigurazione né di Maometto, né di Allah). Certo, per noi occidentali risulta incomprensibile non poter sbeffeggiare financo i principali simboli sacri. La satira non è (o meglio, non dovrebbe essere) voglia di offendere, ma volontà dissacratoria e ludica nello stesso tempo, che può aiutare a mantenere, con l'aiuto dell'ironia e la sdrammatizzazione, il giusto distacco dai fatti così da poterli meglio analizzare. Ciò però fa parte della nostra cultura, ed è sacrosanto alzare i vessilli della protesta nel momento in cui un possibile divieto di professare la nostra ''libertà d'espressione'' arriva dai nostri paesi. Nel momento in cui però, per satireggiare su alcuni degli abominevoli costumi che la civiltà islamica è innegabile che abbia, la cultura occidentale intacca l'immagine del loro profeta, raffigurandolo come un kamikaze, l'offesa arriva a tutta la comunità islamica che non è fatta, è bene ribadirlo ad ogni occasione, soltanto da integralisti e da terroristi.

Il secondo punto è quello che riconosce nelle così tante rivolte violente - tutte da condannare -, un malessere che non è nato dalle vignette ma da esse scatenato. I paesi islamici rivedono nell'Occidente un nemico sempre più marcatamente delineato. L'America e tutti i paesi che occupano da anni l'Iraq, e prima dell'Iraq l'Afghanistan, sono paesi occupanti che schiacciano l'identità islamica. Così come George W. Bush chiama alcuni stati del Medioriente ''Paesi dell'asse del Male'', gli ormai celebri ''stati canaglia'', da radere al suolo per impiantare la giustizia, la democrazia e la ''pace'' occidentali, i paesi Mediorientali sono ritornati a vedere nell'Occidente la culla degli ''Infedeli'', da cui difendersi in qualsiasi maniera. I metodi di offesa/difesa utilizzati da entrambi i blocchi, poi, non hanno una sostanziale differenza di contenuto, che è quella di annientare il nemico, nel nome di una ''santità'' abominevole.
Si è ritornati indietro nei secoli. Quella in atto è una ''Guerra Santa'' che vede combattere e cadere sul campo crociati, infedeli, barbuti ottomani con la sciabola, sgozzatori d'uomini.
Allah-o-Akbar... God bless America...

Ed è per questo che la rivolta continua ad espandersi a macchia d'olio, allargandosi di stato in stato in maniera sempre più forsennata e pericolosa.
Continuano, infatti, le manifestazioni di protesta in Afghanistan. A Qalat, capoluogo della provincia meridionale di Zabul, circa 400 dimostranti hanno attaccato a sassate il quartier generale della polizia e dato alle fiamme un automezzo militare. Gli agenti hanno reagito aprendo il fuoco: il bilancio è stato di quattro morti e diversi feriti. Sale così a undici il numero dei morti in Afghanistan nelle proteste che hanno preso di mira contingenti della forza internazionale di pace e legazioni straniere, tra cui la sede del comando italiano e l'ambasciata.
In Turchia, dove è stato preso ieri l'assassino del missionario italiano Don Andrea Santoro, il vice ministro degli Affari religiosi turchi, Mehmet Gormez, sta tentando di riportare la calma nel suo paese invitando i concittadini alla lettura del Corano.
Decine di migliaia di musulmani sono scesi in piazza a Niamey, nel Niger al grido di ''Allah è grande''. Altre diverse centinaia di dimostranti hanno sfilato per le strade di Betlemme sparando in aria colpi di arma da fuoco.
E la rivolta continua pure in Iran, dove centinaia di invasati sono tornati a protestare violentemente davanti all'ambasciata danese a Teheran. Dopo il lancio di alcune bottiglie molotov, i manifestanti hanno rotto il cordone di polizia e hanno fatto irruzione nella sede della missione diplomatica. Un altro centinaio di manifestanti hanno tirato sassi contro gli uffici diplomatici norvegesi a Teheran.

E mentre il quotidiano danese, attraverso un'intera pagina del principale quotidiano governativo egiziano, Al Ahram, ha chiesto scusa al popolo musulmano per l'offesa ''involontariamente'' arrecata («Non abbiamo compreso la delicatezza della questione», scrive nel lungo messaggio il direttore dello Jyllands Posten), da Teheran qualcuno intende applicare la ''legge del taglione'' (occhio per occhio) utilizzando come risposta proprio le vignette. Infatti, il quotidiano Hamshahri, il più venduto in Iran, ha annunciato un concorso a premi per la realizzazione delle migliori vignette sull'Olocausto, in risposta alle vignette su Maometto pubblicate da alcuni giornali europei.
La notizia è stata data dall'emittente satelitare Al Jazira. ''Si terrà un concorso internazionale di disegno sul tema dell'Olocausto'', ha spiegato Farid Mortazavi, responsabile grafico del quotidiano Hamshahri, edito dal comune di Teheran.
Secondo Mortazavi questa iniziativa è una risposta ai giornali europei, i quali affermano che le caricature di Maometto sono state pubblicate in nome della libertà di espressione. ''I giornali occidentali hanno pubblicato questi disegni sacrileghi con il pretesto della libertà di espressione. Vediamo se mettono in pratica ciò che dicono e pubblicano anche le vignette sull'Olocausto'', ha aggiunto Mortazavi.
Il giornale iraniano premierà con monete d'oro i 12 disegnatori prescelti, tanti quanti sono stati quelli che hanno vinto il concorso indetto dal quotidiano danese Jyllands-Posten. Si vuole qui ricordare che nel dicembre scorso il presidente iraniano ultraconservatore, Mahmoud Ahmadinejad, aveva definito ''un mito'' il massacro degli ebrei durante la seconda guerra mondiale.

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08 febbraio 2006
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