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Un ecatombe. In media, ogni anno, la malasanità in Italia ammazza tra le 14 e le 50 mila persone

24 ottobre 2006

Novanta morti al giorno. Tra  14 e 50 mila decessi ogni anno. Un totale superiore al numero delle vittime per incidenti stradali e tumori.
Sono le agghiaccianti cifre che si riferiscono ai decessi che ogni anno avvengono in Italia per colpa della malasanità.
Si fanno errori in sala operatoria o nei reparti, per cattiva organizzazione; ci sono diagnosi sbagliate o tardive; si confondono farmaci dai nomi simili. Nella classifica delle specialità dove ''si prendono più cantonate'' è in testa 'ortopedia- traumatologia', con il 16,5 per cento di errori, seguita da 'oncologia', 'ostetricia' e 'chirurgia'. La metà di questi errori fatali potrebbe essere evitata. Le persone in qualche modo danneggiate dagli sbagli medici o dal malfunzionamento delle strutture sanitarie sarebbero 320 mila all'anno. E i costi raggiungono l'uno per cento del Pil, circa 10 miliardi di euro.

A fornire queste cifre è l'Associazione italiana di Oncologia medica (Aiom), che in collaborazione con Dompé Biotec, ha organizzato un convegno nazionale proprio su questo tema, che si è tenuto ieri all'Istituto nazionale tumori di Milano (Int).
''Sui dati degli errori medici in Italia c'è molta confusione, e molte cifre vanno ridimensionate o interpretate'', ha spiegato Emilio Bajetta, presidente dell'Aiom e direttore della Struttura complessa di Oncologia medica 2 all'Int. Secondo l'Aaroi (Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani) le vittime italiane di errori medico-sanitari sono 14mila l'anno, mentre secondo l'Assinform arrivano a 50mila. Per gli esperti riuniti a Milano ''una stima realistica fissa il numero di morti a 30-35mila l'anno, pari al 5,5% del totale decessi''. ''Il tema del rischio clinico - ha affermato il professor Bajetta - si propone come un argomento di grande attualità, con un forte impatto socio-sanitario. Lo scopo è migliorare la prestazione sanitaria e garantire la sicurezza del paziente oncologico''.

Anche perché, come accennato prima, nella speciale classifica delle specialità dove si commettono maggiori errori stilata dal Tribunale del Malato, l'oncologia con un 13% si colloca al secondo posto, preceduta solo dall'ortopedia e traumatologia con il 16,5%; seguono ostetricia (10,8%) e chirurgia (10,6%). A guidare invece la graduatoria dei reparti più a rischio c'è la sala operatoria (32%), seguita da dipartimento degenze (28%), dipartimento urgenza (22%) e ambulatorio (18%).

Fra le principali cause di errore c'è sicuramente la somministrazione di farmaci sbagliati, che secondo un'indagine dell'Asl Roma C si colloca al primo posto per le sviste in oncologia (40% insieme alla non applicazione dei protocolli previsti. ''La cosiddetta "malpractice" esiste - ha detto Bajetta - ma spesso l'errore non è dell'operatore sanitario, bensì della struttura in cui lavora'': stanchezza legata a troppi turni massacranti, procedure non controllate, cartelle cliniche o farmaci preparati in ambienti bui, sporchi o rumorosi, e diagnosi tardive per screening inefficaci. Il mancato impiego routinario del pap test, ad esempio, è la ragione per cui ancora oggi 1.500 italiane l'anno muoiono di cancro al collo dell'utero. Troppe volte, poi, si trascura ''la co-presenza di varie malattie'' come pure ''il consenso informato al malato e alla sua famiglia'', ha aggiunto Marco Venturini, primario oncologo all'ospedale di Negrara (Verona). Venturini ha pure puntato il dito contro ''il sistema a prestazione, per cui il medico - sotto pressione dell'azienda, pagata a prestazione - dimette in fretta pazienti magari non del tutto stabilizzati''.

I dati nazionali disponibili provengono da varie fonti (Anestesisti Ospedalieri, Assinform, Tribunale dei Diritti del Malato e altre): oppure sono proiezioni dalla letteratura internazionale (a partire dal rapporto Usa del 2000 "To err is human"); o ancora si riferiscono a studi e sperimentazioni condotti in grandi e piccoli centri di cura italiani.

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24 ottobre 2006
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