UN FILM PARLATO
Un film parlato, senza musica, fatto di parole dal grande vecchio della cinematografia portoghese
Noi vi segnaliamo...
UN FILM PARLATO
di Manoel de Oliveira
Ultranovantenne. Un film all'anno. Presenze (e premi) record nei principali festival internazionali. Manoel De Oliveira, il grande vecchio del cinema portoghese, firma un film parlato, totalmente, e senza musica, sulla storia della civiltà. Rosa Maria, una professoressa di storia, s'imbarca con la figlia adolescente a Lisbona in una crociera che le condurrà a Bombay attraverso una serie di tappe culturali fondamentali: da Marsiglia a Pompei, da Atene a Istanbul fino al Cairo. Durante la crociera Rosa Maria conosce persone di varie nazionalità con cui intrattiene delle vivaci conversazioni. Naturalmente ognuno parla nel proprio idioma così da trasformare la nave in una torre di Babele galleggiante…
Distribuzione Mikado
Durata 96'
Regia Manoel de Oliveira
Con Leonor Silveira, John Malkovich, Catherine Denevue, Stefania Sandrelli, Irene Papas
Genere Drammatico
Nota dell'autore
È UN FILM PARLATO poiché è parlato in varie lingue. Poiché sin dai primordi ognuna di esse rappresenta un contributo all'evoluzione della civiltà occidentale. Si tratta, in definitiva, di un modo traverso di toccare ciò che è fondamentale in questo film parlato.
Tutto avviene lungo un viaggio su una nave da crociera. Una professoressa di storia attraversa il Mediterraneo con sua figlia, per andare a trovare il marito, pilota d'aereo, e trascorrere le vacanze insieme dall'altra parte del mondo, a Bombay.
È anche un pretesto per rendere omaggio a tre grandi attrici di teatro e di cinema che hanno attraversato una lunga e gloriosa vita artistica, e che ci danno, attraverso i personaggi che rappresentano, una visione critica di questa civiltà, in una semplice conversazione a tavola, con l'esperto comandante della nave che le conduce in questo nuovo viaggio.
Manoel de Oliveira
La critica
"Se qualsiasi altro cineasta avesse fatto un film come questo, gli contesteremmo difetti plurimi, ingenuità e magari un po' di noia; ma quando l'autore si chiama De Oliveira, non valgono le abituali regole. Il maestro si esprime in anarchica libertà, erudisce, allude, gira attorno alle cose; e nel finale, congelando sul volto di Malkovich lo stupefatto orrore della tragedia, si congeda con un segno geniale dopo averci colpiti al cuore. A che cosa servono la cultura, le belle maniere, i sentimenti e le canzoni se poi...". (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 1 settembre 2003)
"Il geniale Manoel riesce a circondare le sue amare riflessioni politiche e filosofiche di un'aura leggera, di una disinvoltura straordinaria, componendo una sorta di film-saggio in anticipo di qualche decennio sul cinema odierno, da cui esala una strana seduzione che non sapremmo ritrovare in nessun altro." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 27 marzo 2004)
"Stavolta il vegliardo maestro portoghese inventa con il suo 'Un filme falado' una commedia filosofica e crudele (stile Bunuel della 'Via Lattea') sulle vane illusioni della civiltà e la fatale caduta degli imperi umani". (Claudio Carabba, Sette, 11 settembre 2003)
"Ancora una volta è riuscito a sorprenderci. A incantarci come una sirena con il racconto di un viaggio alla ricerca delle radici della civiltà mediterranea. A turbarci con un finale che lascia di sasso, con la stessa espressione pietrificata di John Malkovich nell'ultima immagine del film congelata dall'orrore (...) Le bombe spazzano via ogni tentativo di comunicazione e la violenza distrugge tutto ciò che l'uomo ha costruito di buono in millenni di storia. Ogni civiltà, ci viene ricordato nel film, è destinata a scomparire. E chissà se le parole avranno ancora il potere di salvarci dall'oblio". (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 31 agosto 2003)
"Novantacinquenne, Manoel de Oliveira non salta un festival che sia uno. Figurarsi se non concorreva a questa Mostra, dove l'ottantottenne Mario Monicelli presiede la giuria. Ma è arduo trovare qualcosa di meno monicelliano che 'Un film parlato', dove il 'maestro' portoghese ripete le sue tipiche, interminabili inquadrature fisse e, peggio, riprende l'interpretazione storico-filosofica accennata in 'Parola e utopia' (Venezia, 2000)". (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 1 settembre 2003)
Realizzato con il sostegno di Eurimages e dell’Istituto do Cinema Audiovisual e Multimedia. Presentato in concorso alla 60ma Mostra del Cinema di Venezia (2003)