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Un grosso buco nell'acqua

Scoperto all'Eas, Ente acquedotti siciliani, un buco da 500 milioni di euro

02 febbraio 2013

Mentre il Consiglio di Stato ha deciso che dovranno essere restituiti ai cittadini i maggiori esborsi da loro pagati nelle bollette dell'acqua dal 21 luglio al 31 dicembre 2011, cioè dopo il referendum del giugno 2011 che abrogò la remunerazione del 7% del capitale investito e prima dell'applicazione del nuovo regolamento che vale dal primo gennaio 2012, in Sicilia l’Eas, l'Ente acquedotti siciliani, deve fare i conti con un buco da 500 milioni di euro che deve pagare la Regione...

L’Eas assediato dai creditori: scoperto buco da 500 milioni
di Antonio Fraschilla (Repubblica/Palermo.it, 01 febbraio 2013)

Un buco che potrebbe risucchiare le già disastrate casse della Regione. Una voragine da 500 milioni di euro che ha un nome ben preciso: Eas. L'Ente acquedotti siciliani, in liquidazione da anni, dopo che il governo Cuffaro ha deciso di privatizzare l'acqua facendo fare affari d'oro a ditte private di mezza Europa. Ma impossibile da liquidare, perché gestisce ancora il servizio di distribuzione in una quarantina di Comuni del Trapanese e del Messinese, che non vogliono cedere le reti agli Ato o comunque prendersi il servizio in carico. Così l'Eas porta ancora l'acqua a casa di 65 mila famiglie, la metà delle quali di fatto non paga. Il motivo? "I contatori sono rotti e l'ente non ha i soldi per ripararli", dicono dalla controllata di Palazzo d'Orleans.

L'Eas non incassa nulla, ma continua a spendere. Anzi, a sprecare: perché qui tra affitti inutili, persone pagate per non lavorare e macchine ferme perché non si possono riparare, con 70 tecnici che quindi non intervengono quando si rompono delle condutture, accade ancora di tutto. E il nuovo commissario, Dario Bonanno, che ha un compenso da 54 mila euro lordi all'anno (mentre il suo predecessore Marcello Massinelli chiede 7 milioni per quattro anni di attività) si trova con le mani legate: perché da un lato non ha i soldi e registra un debito da 330 milioni di euro e dall'altro continua a ricevere decreti ingiuntivi, già arrivati a quota 180 milioni di euro, che bloccano qualsiasi attività.
L'ultimo è stato recapitato la scorsa settimana: a presentarlo la Impregilo, che chiede 45 milioni per lavori fatti alla diga dell'Ancipa. Un altro contenzioso lo ha avviato la Astaldi, che vuole 92 milioni per i lavori mai conclusi alla diga di Blufi, l'eterna incompiuta siciliana. Alla porta dell'ente bussano poi una sfilza di avvocati che chiedono complessivamente 3 milioni di euro per parcelle non pagate: solo lo studio dell'ex assessore Gaetano Armao chiede 790 mila euro. E poi a presentare un ennesimo decreto ingiuntivo da 7 milioni di euro è arrivata l'Enel, che ha già ridotto al minimo la fornitura di energia elettrica, e basta accendere qualche lampadina in più nel palazzo che ospita l'ente in via Giacomo del Duca alla Zisa, che subito salta la luce.

L'Eas non ha un soldo in cassa per far fronte a questi contenziosi, ma continua ad accumulare debiti per spese inutili. A partire dagli stipendi pagati a 20 dipendenti che lavorano nella sede di Agrigento, dove da anni l'ente non ha più alcuna attività. Pagati per non fare nulla. Quando si è insediato Bonanno, subito si è accorto di questo personale a perdere e ha inviato le lettere di trasferimento. Ma i dipendenti in questione si oppongono. Bonanno ha poi chiesto di cambiare sede: qui, in un palazzo di 7 piani, lavorano appena 90 amministrativi. Uno per ogni stanza. Ma l'affitto costa però ben 624 mila euro all'anno e il debito con la società Fimit, proprietaria dell'immobile, è arrivato a quota 4 milioni di euro. Bonanno ha chiesto altri locali, e la Regione gli ha assegnato un immobile dell'Esa: peccato però che sia inagibile per uffici pubblici, visto che manca la scala antincendio.
E lo spreco continua senza sosta: a fronte di 90 amministrativi, non c'è nessun addetto ai contenziosi o alle cause con i singoli utenti. Così l'Eas è costretto ancora a rivolgersi all'esterno: soltanto tra il 2011 e il 2012 hanno beneficiato di parcelle da 3 a 10 mila euro oltre quaranta avvocati e studi legali.

Insomma, da un lato l'ente è sommerso da decreti ingiuntivi e debiti che rischia di doversi accollare il socio unico, cioè la Regione, e dall'altro continua a spendere perché non può essere liquidato fino a quando i 40 Comuni non si riprenderanno il servizio.
Bonanno, in attesa di avere indicazioni dal nuovo governo (visto che il precedente non ne ha mai date), non sa più cosa fare: e forse a causa di alcuni provvedimenti si è già visto recapitare una testa di capretto insanguinata nel suo ufficio.

 

 

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02 febbraio 2013
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