Un "guardiano" per l'Italia
Il Fondo monetario vuole commissariare l'Italia perché nessuno, in realtà, si fida delle parole e degli intenti di Berlusconi
Christine Lagarde, presidente Fmi
Secondo fonti di alto livello dell'Unione europea citate dall'agenzia di stampa britannica Reuters il governo italiano avrebbe accettato che il Fmi (Fondo monetario internazionale) monitori l'andamento del programma di riforme economiche. In base a quanto trapela sull'accordo sia il Fondo che le autorità dell'Ue avranno il compito di verificare i progressi italiani verso il raggiungimento dei target di risanamento e crescita stabiliti dagli organismi internazionali. Il "commissariamento" riguarderebbe le riforme su pensioni, lavoro e competitività che erano state promesse ai leader europei la scorsa settimana. "Dato il clima generale e la mancanza di credibilità dell'Italia, ogni piccolo passo falso o problema si somma ai precedenti, peggiorando le cose, con il risultato che i mercati non hanno fiducia. Dobbiamo fare in modo che ci sia credibilità riguardo gli obiettivi italiani", ha dichiarato il funzionario Ue citato da Reuters.
Fonti ufficiali italiane hanno smentito che ci sia un accordo sul monitoraggio dell'Italia da parte del Fondo monetario internazionale. Le stesse fonti, a margine del G20, precisano che è l'intera area euro ad essere sotto stress, incluse Spagna e Italia. Roma - aggiungono le stesse fonti ufficiali italiane - è disponibile a chiedere 'advice' (consigli, pareri) al Fondo solo sull'applicazione delle conclusioni dell'Eurogruppo del 27. Gli 'advice' del fondo si affiancheranno al ruolo della Commissione Ue.
La notizia è filtrata questa mattina dopo una giornata e una nottata tutte in salita per Silvio Berlusconi. Il pressing dei partner europei, ed in particolare della presidenza francese del G20, torna a farsi sentire. E il capo del governo è nuovamente sulla difensiva, consapevole della debolezza di un governo che poggia su una maggioranza sempre più sottile. E il presidente del Consiglio è costretto a rassicurare che tutti gli impegni saranno mantenuti a costo di sfidare l'Aula con un pericoloso voto di fiducia.
Una sfiducia latente dei Grandi che si rintraccia anche nella notizia fatta trapelare secondo cui i grandi vorrebbero che gli ispettori dell'Fmi sorveglino le azioni del governo italiano. Ma Roma non vuole gli ispettori di Washington. E tuttavia Parigi e Berlino non cedono: "Siamo impegnati attivamente a trovare il modo di combattere la speculazione, specialmente contro l'Italia", ha detto non a caso il ministro delle Finanze tedesco, Wolfang Schaeuble.
Come detto all'alba, l'agenzia di stampa Reuters ha battuto la notizia che l'Italia avrebbe accettato il monitoraggio del Fondo Monetario e della Ue sulla realizzazione delle riforme. Da Palazzo Chigi e dal ministero dell'Economia, però, nessuna conferma. La conferma viene invece, secondo la Reuters, da fonti Ue, secondo le quali le linee di credito precauzionali non sarebbero una opzione credibile per il Paese. Le stesse fonti ribadiscono che la Commissione europea e il Fondo monetario internazionale (Fmi) faranno entrambi un rapporto su come l'Italia sta raggiungendo i suoi obiettivi.
Nicolas Sarkozy, per il quale è tempo di passare dalle parole ai fatti, a proposito dell'Italia ha detto: "Abbiamo preso atto con interesse" delle misure varate dal governo italiano, ha spiegato stando bene attendo a evitare ironie, "ma anche lui sa che la questione non è il contenuto del pacchetto, ma se sarà applicato". Poi, forse memore delle critiche scatenate in Italia per il suo sarcasmo, aggiunge: "Ribadisco la mia fiducia nell'economia italiana, che è una delle più forti del mondo". Su Berlusconi, invece, nemmeno una parola.
Del resto, lontano dalle telecamere, l'inquilino dell'Eliseo e il presidente della Commissione Ue, spalleggiati da Angela Merkel, sono ancora più netti: le misure sono state concordate e vanno bene, ma il problema è la vostra credibilità, ammoniscono Sarkozy e Barroso, secondo quanto riferito da fonti europee.
Il presidente del Consiglio ha provato a rassicurarli: "l'Italia ha sempre onorato il proprio debito e ha sempre rispettato gli impegni europei e internazionali", ha ripetuto ancora il Cavaliere, cercando di rassicurare i Grandi sulla solidità dei "fondamentali" dell'Italia. Ma sono argomenti che non convincono più di tanto.
Il capo del governo delinea anche l'agenda dei lavori parlamentari: entro martedì o mercoledì l'emendamento sarà in Senato, per essere licenziato al massimo in 15 giorni. Un inedito, in un consesso internazionale. Berlusconi elenca anche gli interventi previsti: dismissioni, liberalizzazioni, pensioni, abolizione delle tariffe fisse, deregulation per le imprese. Annuncia infine di voler aprire una "trattativa" con i sindacati sulla riforma del mercato del lavoro.
E la maggioranza continua a perdere pezzi - Il numero di voti su cui può contare il premier Silvio Berlusconi alla Camera si assottiglia. La maggioranza scende infatti a 314 voti. I deputati del Pdl Alessio Bonciani e Ida D'Ippolito hanno ufficializzato la loro intenzione di lasciare il Popolo della libertà, con una lettera inviata al proprio gruppo. I parlamentari, come ha annunciato in Aula il vicepresidente Rocco Buttiglione, passano al gruppo Udc.
Ma anche al Senato il Pdl avverte i primi scricchiolii. Carlo Vizzini, presidente della Commmissione Affari Costituzionali, lascia il Pdl e va al gruppo misto in rappresentanza dei socialisti di Nencini. "Berlusconi - ha spiegato in una intervista a Repubblica - si è spinto oltre facendo il grande partito, il Pdl, che ora gli scoppia tra le mani", è un "partito ormai dominato dai signori delle tessere che si contendono il dopo Berlusconi". E annuncia che non voterà la fiducia, auspicando un governo di larghe intese. Alfano spiega Vizzini "ha detto che il Pdl si propone di diventare un raggruppamento di cattolici democratici. Una Balena bianca più piccola di prima. Ma io che con Occhetto e Craxi nel 1992 fondai il Partito socialista europeo non morirò democristiano".
Cambio di casacca, poi, sempre alla Camera, tutto interno alla maggioranza: i deputati di Popolo e territorio Amerigo Porfidia, Elio Belcastro e Arturo Iannaccone lasciano il gruppo, per costituire una componente autonoma nel Misto, dal nome "Noi per il partito del Sud-Lega Sud". "Confermiamo la fiducia al governo", dice comunque Iannaccone raggiunto al telefono dall'agenzia Ansa.
Gli ulteriori scricchioli nella maggioranza hanno rimesso al lavoro Denis Verdini. Da sempre il coordinatore del Pdl è il 'guardiano' dei numeri del partito e anche stavolta si sta dando un gran da fare per garantire la tenuta del governo. Verdini sta cercando di convincere il maggior numero possibile di 'scontenti' a non mollare. Telefonate, incontri, riunioni, si sprecano in queste ore per lui. Ma c'è anche chi, come Francesco Storace, per evitare cambi di casacca sulla sua pagina Facebook evoca metodi più spicci: "Quei deputati che in queste ore cambiano partito mentre Berlusconi è a Cannes per l'Italia, meriterebbero di essere fucilati alla schiena", dice il segretario de La Destra Francesco Storace.
"Parole gravissime - ha commentato il Pd - figlie della sua cultura, per fortuna liquidata dalla storia". "E' altrettanto grave che un personaggio che usa quel linguaggio graviti intorno all'area della maggioranza: dovrebbero essere gli stessi esponenti del governo a prenderne le distanze, soprattutto chi sostiene che dai linguaggi violenti può nascere la violenza", ha aggiunto il deputato democratico Francesco Rosato.
E' un'altra, invece la preoccupazione del capogruppo Idv alla Camera Massimo Donadi. "La maggioranza non c'è più", ha detto, "ma non si deve abbassare la guardia perché la recente storia italiana dimostra che berlusconi è capace di tutto. Le istituzioni e le forze politiche hanno il dovere di vigilare per evitare che a Montecitorio sia messo di nuovo in atto una vergognosa compravendita di deputati, come troppe volta accaduto in quest'ultimo anno".
[Informazioni tratte da Repubblica.it, Adnkronos/Ign, Reuters.it, TMNews.it, Corriere.it]