Un incontro nel deserto
A cosa è servito l'incontro sull'immigrazione clandestina, tra Berlusconi e il generale Gheddafi?
All'indomani della visita a Tripoli del presidente del consiglio Silvio Berlusconi per discutere con il colonnello Muammar Gheddafi dell'epocale problema dell'immigrazione clandestina, arriva il primo segnale concreto della reale volontà del leader libico di tener fede agli impegni presi.
La notizia, pubblicata la scorsa settimana dal quotidiano del Cairo Al Ahram, dell'arresto da parte della polizia libica di 200 egiziani che tentavano di lasciare le coste della Jamahirya per raggiungere l'Italia via mare, e quella diramata dall'agenzia Jana dell'espulsione di 229 persone di varie nazionalità, sono sembrate una nuova conferma che Gheddafi fa sul serio, e che la lotta all'immigrazione clandestina - di cui la Libia è uno dei principali crocevia - è in cima agli impegni del colonnello, che si propone ormai come leader dell'intero continente africano.
Quindi, duecento uomini arrestati, una minima parte di quella massa di disperati che quasi quotidianamente, grazie alla fluidità delle frontiere in zone desertiche, arrivano in Libia - come peraltro in altre regioni del Maghreb, specie l'Algeria e il Marocco - da tutti i Paesi africani più poveri con la speranza di varcare quel breve tratto di mare che li separa dall'Eldorado. Un sogno nel quale investono fino a 2000 dollari a persona (alcune volte i risparmi di una vita, altre volte racimolati alla bene e meglio), per pagare i "passeur", che spesso si conclude in fondo al mare, come è successo l'8 agosto al largo delle coste siciliane.
Quella dell'immigrazione clandestina è una piaga che non trova soluzioni, che non riguarda solo l'Italia e la Libia, ma tutta l'Europa e tutta l'Africa, come ha ricordato il presidente del consiglio che ne ha discusso a lungo con Gheddafi concordando l'organizzazione di pattuglie miste italo-libiche che, a partire dal 15 settembre, saranno operative per stroncare l'attività degli scafisti. Con l'intento di fare della cooperazione tra Roma e Tripoli "un esempio dei rapporti tra Europa e Africa".
Sullo sfondo delle trattative - ma nessuno ne parla ufficialmente - l'autostrada di 1.700 chilometri di un valore di 3,6 miliardi di dollari secondo notizie della stampa italiana che Gheddafi pretende a titolo di risarcimento per l'occupazione coloniale italiana. A livello politico, l'Italia, per bocca del futuro commissario europeo Rocco Buttiglione, ha spezzato una lancia a favore della revoca totale dell'embargo europeo che ancora impedisce di fornire alla Libia strumenti tecnici come elicotteri, aerei e jeep, per controllare le proprie frontiere e coste, paradiso dei mercanti di uomini. Ma la condanna a morte da parte di un tribunale libico di cinque infermiere bulgare e di un medico palestinese accusati di aver iniettato il virus dell'aids a 400 bambini ricoverati in un ospedale della Jamahirya frena per ora la decisione di Bruxelles.
Ma a parte gli arresti effettuati dalla polizia libica immediatamente dopo la visita del leader italiano, i risultati dell'incontro tra Berlusconi e Gheddafi sembrano essere finiti istantaneamente. Infatti, dopo solo due giorni di apparente calma, circa mezzo migliaio di clandestini si sono riversati nelle coste di Lampedusa.
Sono subito scoppiate le polemiche. Il senatore della Lega, Piergiorgio Stiffoni, capogruppo in commissione Affari costituzionali, prende spunto dal maxi sbarco di Lampedusa del 24 agosto, per chiedere al governo cosa siano andati a fare in Libia il premier e il ministro Pisanu che hanno stretto accordi con Gheddafi per cercare di arginare la partenza di barconi carichi di clandestini da quelle coste.
"Noi - ha detto - siamo il ventre molle d'Europa. Evidentemente il ministro dell'Interno sottovaluta questa continua pressante invasione. Non era questo quello che avevamo promesso agli italiani nel nostro programma elettorale: avevamo promesso di tutelare maggiormente i nostri confini che vuol dire tutelare anche la nostra identità nazionale. Serve assolutamente un registro nuovo per non ridicolizzare tutta la Cdl di fronte alla nazione". "In Libia - ha proseguito Stiffoni - Berlusconi e Pisanu cosa hanno fatto: si sono limitati a bere soltanto un the nel deserto? In settembre registro nuovo perché la Lega non può più giustificarsi ai suoi elettori per il comportamento così lassista di chi deve garantire i nostri confini".
Il malcontento non è soltanto quello parziale e discutibile della Lega. Ben più grande e vissuto in prima persona, quello degli albergatori di Lampedusa. Secondo la Federazione degli albergatori dell'Isola, i danni provocati dai continui sbarchi di quest'anno ammonta a cinque milioni di euro, per questo hanno deciso di organizzare una ribellione della categoria, contraria a fare dell'isola il terminale delle continue ondate di immigrati, responsabili di aver compromesso la fragile economia dell'isola.
"I continui rimorchi di barche di clandestini - accusa la Federazione - stanno uccidendo la stagione turistica. Lampedusa è stanca di essere usata come base di trasferimento delle migliaia di disperati che cercano un approdo alla ricca Europa. L'atteggiamento dello Stato italiano e l'assenza della Regione siciliana non possono essere ulteriormente tollerati. Dal periodo della destinazione come luogo di confino politico o criminale, nessun passo in avanti è stato fatto. Lampedusa è stanca di avere medaglie al valore civile".
Così, gli albergatori indicano l'esempio di Malta e presentano una vera e propria piattaforma rivendicativa nella quale al primo punto chiedono che non venga utilizzata la nave passeggeri per il trasferimento dei clandestini in Sicilia. Piuttosto, sia destinata a questo scopo una nave militare che stazioni nei dintorni dell'Isola nei soli mesi estivi. Richiesta anche una campagna di comunicazione nazionale, a carico della presidenza del Consiglio o dell'assessorato regionale al Turismo, "per evidenziare lo stato di assoluta sicurezza della vita nell'isola per i visitatori, bilanciando in questo modo la campagna allarmistica che sta provocando un alto numero di disdette nelle strutture alberghiere locali". Nel medio termine viene proposto l'utilizzo dell'Isola di Lampione, oggi disabitata, come base provvisoria di accoglienza dei profughi.
"Tale soluzione - concludono gli albergatori - eviterebbe per il futuro l'ulteriore militarizzazione di Lampedusa, che dovrebbe dedicare le sue strutture portuali alla sola accoglienza di turisti. Oggi poco meno della metà del porto è invece bloccato dalle carrette del mare e dalle esigenze della Guardia di finanza, dei Carabinieri e della Polizia".