Un'isola in un mare di storia
Nell'anno dedicato all'archeologia, il mare della Sicilia riconsegna alla terra emersa tesori di inestimabile valore
Lo scontro si concluse con la vittoria dei Romani.
In fondo a quel mare, nello specchio d'acqua tra Levanzo e Favignana, si andarono a depositare i resti di quella furente battaglia, che sono giaciuti là in fondo indisturbati, nel silenzio delle profondità marine fino al 2004 d.C., quando sono stati ripescati ad una profondità di circa cento metri da un peschereccio della flotta di Trapani.
Prova della battaglia navale, avvenuta nel corso della prima guerra Punica, un rostro in bronzo che secondo gli studiosi apparterrebbe ad una nave da guerra romana.
La scoperta risalirebbe a due mesi fa, ma accurate indagini di tipo scientifico hanno consentito solo adesso di ufficializzare la collocazione storica del prezioso reperto che aggiunge un capitolo determinante alla storia della costruzione delle imbarcazioni di duemila anni fa.
Un rostro in bronzo, 19 anfore di fattura greca, romana e punica e tre ceppi d'ancora romani in piombo: sono questi i reperti recuperati dal Comando carabinieri Tutela patrimonio culturale in collaborazione con la procura di Trapani. A detenerli era una persona che è stata rintracciata dagli inquirenti, ai quali ha indicato anche la zona di mare dove sarebbe avvenuto il ritrovamento.
L'operazione investigativa che è stata avviata immediatamente corona gli sforzi di tanti anni di ricerche e studi nel campo della tutela archeologica subacquea, intrapresi dall'Assessorato ai Beni Culturali della Regione siciliana. I reperti sono stati consegnati in custodia giudiziale a Sebastiano Tusa, direttore del servizio per i Beni Archeologici della Soprintendenza di Trapani.
''E' una scoperta sensazionale - ha detto il professore Sebastiano Tusa-. Fino a questo momento si avevano soltanto testimonianze iconografiche del famoso e temibile rostro delle navi romane che era collocato all'attaccatura nel dritto di prua e chiglia. Ora ne disponiamo di uno autentico e questo ci consentirà di risalire a misure reali dello scafo e dell'apparato da guerra. Se ne avevano testimonianza attraverso le raffigurazione nelle colonne che raffigurano le gesta dei Romani''.
E' lo stesso Tusa che ha illustrato le caratteristiche dell'importante reperto: "Si tratta di un oggetto assolutamente unico nel suo genere, tant'è che nel Mediterraneo se ne conosce soltanto un altro rinvenuto nei pressi di Atlit, in Israele. E' formato da un pezzo unitariamente fuso in bronzo che si andava ad inserire nel punto di congiunzione tra la parte finale prodiera della chiglia e la parte più bassa del dritto di prua. Esso era inoltre agganciato alla parte lignea dello scafo, mediante numerosi chiodi di cui si trova ancora traccia sul suo bordo". "La parte anteriore del rostro - spiega ancora lo studioso - è costituita da un possente fendente verticale rafforzato da ben tre fendenti laminari orizzontali. Questa era lo strumento micidiale che veniva inserito con forza sulle fiancate delle navi nemiche per determinarne il rapido affondamento grazie alle falle che generava. Per le sue caratteristiche tipologiche e tecniche il rostro si data nell'ambito del III terzo secolo a.C.".
I reperti sono stati presentati ufficialmente alla fine di giugno e andranno ad aggiungersi all'immenso patrimonio archeologico marino siciliano, che proprio quest'anno, anno dedicato all'archeologia, si è arricchito di tanti spettacolari ritrovamenti.