Un mare di morte
Tragedia dell'immigrazione a Siracusa: ''Sul barcone eravamo un centinaio. Quelli che sono morti li abbiamo buttati in mare''
"Su quel barcone eravamo un centinaio: una quindicina sono morti durante la traversata. I loro cadaveri li abbiamo abbandonati in mare".
Erano un centinaio sulla carretta del mare, lunga 14 metri, all'inizio del viaggio cominciato una decina di giorni fa dalla costa libica.
Tra di loro c'era anche un bambino con i suoi genitori. Per lui non c'è stato nulla da fare e i suoi genitori allora hanno buttato in mare il suo cadavere.
In ventotto non ce l'hanno fatta. Sono morti anche loro durante il viaggio, per fame, assideramento, disidratazione. I loro corpi sono stati gettati in mare dai compagni di viaggio.
Solo uno verrà seppellito sottoterra, quello che è morto al momento dello sbarco, nel porto di Siracusa.
Erano le 3,25 della scorsa notte e nella banchina del porto grande di Siracusa, attracca la "Zuiderdiep", una nave porta container di 121 metri proveniente da Gibilterra e con equipaggio polacco, che era diretta in Turchia.
I clandestini rimasti vivi sono stati soccorsi dall'equipaggio di questo mercantile, a 130 miglia Sud Est da Porto Palo di Capo di Passero.
Uno dei clandestini, in gravi condizioni, è sato soccorso mentre il mercantile era ancora in alto mare da un elicottero maltese, che lo ha trasportato in un ospedale de La Valletta. Gli altri raggiungono Siracusa con il cargo, scortato da una motovedetta della Guardia Costiera che ha fatto salire a bordo anche un medico della sanità marittima per prestare le prime cure.
Stremati, infreddoliti e con la morte negli occhi. In uno stato di incoscienza scendono la ripida scaletta della nave sorretti dai volontari, gradino dopo gradino.
Sotto di loro ad attenderli, gli uomini delle Forze dell'ordine e tanti flash e telecamere che li inquadrano.
Dalla nave scende la prima barella: tutti hanno bisogno di un aiuto perchè non riescono a reggersi sulle gambe. Undici vengono accompagnati in ospedale; gli altri vengono subiti ospitati in una struttura tensostatica e nei locali di una scuola materna, dove l'amministrazione comunale ha allestito un centro di accoglienza, in attesa di essere trasferiti in serata nel Centro di trattenimento temporaneo di Pian del Lago.
La dottoressa Giuseppina Pignatello, il medico della Sanità marittima che per per prima è salita a bordo del mercantile, descrive una situazione incredibile, mai vista prima: "Si trovavano - ha spiegato - in una condizione pietosa, indescrivibile. Con un forte stato di disidratazione e un principio di assideramento. Tutti erano bagnati e il vento sulla nave non li aiutava. Ho dato loro delle coperte. Altri li ho fatti spogliare degli indumenti, zuppi di acqua, perché ho trovato un canale di sfogo dei motori da dove fuoriusciva aria calda. Poi ho raccolto quello che trovavo a bordo: acqua, zucchero, coca cola, farmaci. Tutto ciò che mi potesse aiutare a sostenerli, ancora per un po'. Almeno fino all'arrivo a Siracusa".
Angelo Migliore, responsabile polizia marittima di Siracusa, ha assistito a numerosi sbarchi. "Ma questo - afferma - è diverso dagli altri. Sono arrivati davvero al limite delle loro forze, hanno visto morire i loro compagni di viaggio e loro stessi sono scampati per miracolo alla morte".
Gli ennesimi "uomini da macello", scappati dalla Sierra Leone, dalla Liberia e dalla Costa D'Avorio. Gli extracomunitari, dopo avere dichiarato in un primo momento al comandante della nave di essere sudanesi, nella speranza di ottenere asilo politico, hanno detto di aver raggiunto la Libia, poi si sono imbarcati.
Nove giorni sono stati in mare. Con loro avevano poca acqua e poco cibo, nonostante avessero pagato dagli 800 ai 1800 dollari per questo viaggio della speranza.
"Eravamo un centinaio quando siamo partiti. Quindici di noi sono morti durante la traversata". Un giovane, che potrà avere 25 anni, singhiozza: "Anche mio figlio non ce l'ha fatta, ho dovuto abbandonarlo in mare...".
Una morte che assomiglia a un'atroce beffa del destino.
Queste vittime si aggiungono a quelle provocati dai numerosi naufragi al largo delle coste siciliane. Tra le tragedie più gravi, quella della notte di Natale del '96, con almeno 200 annegati nel tratto di mare tra Malta e la Sicilia. Il 15 settembre del 2002 a mezzo miglio dalla costa agrigentina, a Capo Rossello, 37 immigrati morirono per un naufragio, mentre il 19 ottobre dello scorso anno un'altra carretta fu soccorsa al largo di Lampedusa. A bordo, insieme a 15 immigrati stremati, c'erano 13 cadaveri.
Il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu chiede intervento Ue
"Questa tragedia - ha detto oggi il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu, alla luce dell'ennesima tragedia nel Canale di Sicilia - ripropone drammaticamente l'esigenza di governare i processi migratori, attraverso ampie intese internazionali che coinvolgano contemporaneamente i paesi d'origine, di transito e d'arrivo dei migranti".
Pisanu, dunque, chiede un impegno che coinvolge tutti e che non può certo prescindere dall'Europa. Non è un caso infatti che durante il semestre di presidenza europea l'Italia abbia più volte ripetuto che non può essere lasciata sola ad affrontare le migliaia di disperati che si riversano sulle proprie coste ma che hanno come destinazione finale gli altri paesi europei. "L'Unione - ha ribadito oggi Pisanu - deve farsi carico fino in fondo dell'enorme problema se vuole davvero corrispondere alle sue responsabilità storiche davanti al terzo mondo".
"Governare l'immigrazione" è dunque un punto irremovibile della politica del Viminale. Perchè l'immigrazione non è "un'emergenza", ma una "risorsa per tutta l'Europa". Ma come farlo? Con "politiche di grande respiro" basate su "accordi bilaterali e internazionali", sugli "aiuti per lo sviluppo dei paesi da cui partono gli immigrati", "sull'adozione di un sistema chiaro di quote d'ingresso".
Così, la politica italiana in tema di immigrazione clandestina si muove fondamentalmente su due fronti, paralleli e complementari. Da un lato un lavoro diplomatico costante per firmare quanti più accordi possibile con i paesi di partenza e transito; dall'altro un controllo sempre più serrato di mari e coste, con tutte le tecnologie a disposizione. Attualmente, sono una trentina gli accordi già raggiunti con i paesi dall'altra parte dell'Adriatico, con buona parte dei paesi del nord Africa e di quelli di partenza e che stanno dando risultati importanti. Tra pochi giorni, inoltre, il direttore centrale per l'immigrazione prefetto Alessandro Pansa, sarà in missione a Tripoli su indicazione proprio del ministro per giungere ad "ulteriori misure di collaborazione" con la Libia. Ma si tratta di un lavoro lungo e dispendioso che per produrre risultati concreti ha bisogno di tempo.
Il ministro per le Riforme, Roberto Calderoli: Stop agli immigrati "Sono una minaccia per l'Italia"
Porte chiuse agli immigrati per garantire la sicurezza dell'Italia. Il ministro per le Riforme, Roberto Calderoli, torna a parlare di immigrazione e dei suoi possibili legami con il terrorismo.
"Anche se ci sono stati brillanti risultati ottenuti fino ad oggi dalle forze dell'ordine - ha detto - il terrorismo islamico utilizza, come canale di accesso, la porta aperta dell' immigrazione clandestina e quindi questa porta va immediatamente chiusa. Se non si rimuove la causa del problema, si rischia di cercare di svuotare il mare con un cucchiaino".
"A settembre, finalmente - ha continuato Calderoli - arriveranno i tanto attesi regolamenti di attuazione della legge Bossi-Fini, ma non basta. Vanno cambiate urgentemente le 'regole di ingaggio' degli uomini deputati al controllo dei nostri mari e delle nostre coste", perchè "l'ondata di sbarchi di clandestini di questi giorni rappresenta l'ennesima possibilità di ingresso o rinforzo di cellule eversive".
Quindi "chi cerca di entrare nel Paese illegalmente deve essere respinto al mittente con le buone e con le cattive e chi risiede illegalmente sul suolo italiano deve essere espulso e subito. I chiacchieroni, soprattutto della sinistra, sentendo queste cose - commenta Calderoli - parleranno di razzismo; ma questo è solo buon senso, non razzismo. Ciascun popolo ha diritto alla legittima difesa, soprattutto quando preventiva, di fronte a minacce così precise come quelle di questi giorni".