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Un'occasione persa

Il pm Nino Di Matteo sulla legge sul voto di scambio sta col M5S: "La diminuzione delle pene è un dato negativo"

23 aprile 2014

"Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma".

Nei giorni scorsi è stata approvata per via definitiva la nuova legge sul voto di scambio politico mafioso. La proposta in Senato è stata licenziata con l’ampia maggioranza di 191 voti a favore, 32 no e 18 astenuti.
La nuova legge, tesa ad allargare la punibilità delle preferenze espresse secondo la pratica del voto di scambio, e che, da ora, non dovrebbero riguardare in maniera esclusiva il passaggio di denaro, ma anche altri tornaconti non immediatamente monetizzabili, ha mandato in escandescenza i parlamentari del MoVimento 5 Stelle. Il motivo è che la riforma dell’articolo 416-ter del Codice penale, prevede adesso una pena detentiva che va da un minimo di 4 anni a un massimo di 10, rispetto a quanto approvato in passato, nella precedente lettura del Senato, quando le soglie furono fissate a 7 anni nella migliore delle ipotesi e 12 per la peggiore.

Sulla questione, il pm palermitano Nino Di Matteo sta col Movimento 5 Stelle. Sul blog di Beppe Grillo, infatti, il magistrato dice: "Rispetto a quanto da anni molti magistrati, io compreso, auspicavamo la riforma che è stata approvata rappresenta un'occasione perduta. Si sarebbe potuto e dovuto fare di meglio. Era molto più incisiva la prima versione uscita dal Senato (quella sostenuta dal M5S, ndr) che prevedeva una punibilità dell'accordo consapevole anche quando la parte politica si fosse limitata alla semplice promessa di una disponibilità futura".
"La diminuzione delle pene rispetto all'ipotesi originaria è un dato molto negativo, così com'è negativo che si verifichi una situazione per la quale lo scambio politico-elettorale e mafioso venga aprioristicamente considerato meno grave rispetto a qualsiasi altra condotta di appartenenza a Cosa Nostra".

"Oggi l'ottantenne affiliato a un'organizzazione mafiosa ma magari non più operativo e completamente ai margini dell'attività criminale può essere condannato alla pena giustamente rigorosa al 416 bis. Un politico che consapevolmente stringe accordi con il mafioso in vista della sua elezione viene condannato con pena molto più lieve. Questo è frutto di un gravissimo pregiudizio culturale che avverte la pericolosità della mafia soltanto nell'ala militare, nel picciotto, nell'affiliato puro e ritiene invece meno grave i fenomeni di collusione tra mafia e politica che dovrebbero invece essere aggrediti".

"Evidentemente - conclude il pm siciliano - ancora non tutti hanno percepito, o vogliono percepire, che per fare un vero salto di qualità nella lotta contro le organizzazioni mafiose bisogna fare di tutto per reciderne i rapporti con la politica e le istituzioni in genere. Per questo considero la riforma del 416 ter un'ulteriore occasione persa per fare quel salto di qualità".

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23 aprile 2014
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