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Un Ponte per...

E adesso la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina dovrà vedersela con la nuova gestione della Regione Calabria

05 aprile 2005

Il rinnovamento del Consiglio d'amministrazione della Società Stretto di Messina ha visto la riconferma di Pietro Ciucci ad amministratore delegato, attribuendogli i poteri per la gestione della società della società.
Un  segno di continuità accolto con soddisfazione da Ciucci  che ha commentato la sua riconferma parlando dei risultati positivi raggiunti negli ultimissimi anni e degli imminenti impegni che la società dovrà affrontare. ''Nel corso del triennio 2002-2004 - ha detto Ciucci - il progetto del ponte ha indubbiamente registrato una notevole accelerazione portando l'opera in piena fase realizzativa''.  ''Il 5 aprile scade il termine per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara di Project Management Consulting - ha ricordato l'amministratore delegato - , mentre il termine di presentazione delle offerte da parte dei tre concorrenti General Contractor è stato fissato per il 20 aprile. Continua dunque il lavoro con rinnovato stimolo ad operare in tempi certi ed al meglio con l'obiettivo di aprire i cantieri il prossimo anno''.

Nel rinnovato consiglio di amministrazione della Società Stretto di Messina entra anche il celebre documentarista, giornalista e scrittore Folco Quilici. Rinnovato anche il collegio sindacale, mentre l'assemblea degli azionisti ''ha preso atto che è in corso di completamento l'iter procedurale per la nomina del rappresentante della Regione Siciliana nel consiglio di amministrazione''.
Dal consiglio di amministrazione escono: Giuseppe Calcerano, Lino Cardarelli, Renato Casale, Vito Riggio. Confermati alla carica di vice presidente della società Carlo Bucci ed Emmanuele Emanuele. Il consiglio di amministrazione e il collegio sindacale sono stati rinnovati per il triennio 2005-2007.

Ma la costruzione del Ponte, osteggiata manifestamente dalla popolazione messinese e da quella calabrese, dovrà adesso vedersela anche con il nuovissimo cambiamento gestionale della Regione Calabria. Infatti essa fa parte delle 13 regioni che il centrosinistra ha conquistato in queste ultime elezioni regionali, ed è risaputo che per i partiti della coalizione di centrosinistra la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina non è mai stata annoverata come opera di prioritaria importanza per lo sviluppo della nazione e in particolar modo per quello delle regioni meridionali.

In Sicilia, anche il ''completamento'' di altre importanti opere infrastrutturali conseguenti alla costruzione del Ponte, negli ultimi giorni è stato criticato, in particolar modo l'apertura dell'autostrada A20 Palermo-Messina che, completata solo a metà, secondo la Cisl Siciliana non è stato altro che una manovra propagandistica della maggioranza politica, ma che produrrà disagi negativi già previsti.
''Lo avevamo detto che era come vendere mezza Fontana di Trevi''. Paolo Mezzio, segretario della Cisl Sicilia, ha commentato in questo modo la notizia dell'ennesimo stop nell'autostrada A20, Palermo-Messina.
Inaugurata tra squilli di tromba la vigilia di Natale, presente il presidente del Consiglio Berlusconi che arrivò per l'occasione da Roma, l'eterna incompiuta, fu chiusa una prima volta nella tratta Palermo-Messina, per lavori di rifacimento del manto stradale, qualche giorno dopo il taglio del nastro.
''Ora - rileva il sindacalista - apprendiamo che il termine di marzo, indicato a dicembre, subirà ulteriori slittamenti; che la galleria di Piano Paradiso, sulla Messina-Palermo, non è stata ancora aperta e che i lavori si protrarranno ancora per oltre un chilometro tra Tusa e Castelbuono; che chissà quanto tempo ancora si dovrà aspettare per vedere in funzione gli impianti di areazione previsti sulle gallerie della tratta in direzione opposta, Palermo -Messina. E che si moltiplicano le buche che richiedono ovunque rattoppi d'emergenza''. Insomma, ha commenta l'esponente Cisl, il ''rischio sicurezza'' che incombe sulla testa degli automobilisti, per il trasferimento del traffico sulla vecchia statale, per il lungo tratto con un'unica corsia, per le inesistenti tecnologie e per le precarie condizioni dell'asfalto, è destinato a restare tale e quale.

Quella dell'autostrada A20, insomma, può essere utilizzata come situazione emblematica, buona per comprendere quale potrebbe essere il futuro per una Sicilia e una Calabria che serviranno come punti d'appoggio per una grande costruzione all'avanguardia, qual'è il Ponte sullo Stretto, senza avere avuto risolti i problemi sostanziali che vanno da una linea ferroviaria fra le più mal messe d'Italia, ad una linea autostradale insicura e drammaticamente claudicante, per non parlare del disinteresse dimostrato nei confronti delle politiche costruttive antisismiche (lo vogliamo ricordare, la zona geologica dello Stretto e fra le più sismiche d'Italia), reale priorità per i paesi interessati.


Nonostante 150 miliardi spesi per il progetto, il Ponte non regge!
Articolo pubblicato sul quotidiano ''la Padania''

Secondo un'approfondita inchiesta, ricca di dettagli tecnici, condotta da Maria Cristina Valsecchi e dal geologo Mario Tozzi per conto della rivista Newton, i dubbi sulla capacità di tenuta sono più che legittimi. Gianluca Valensise, responsabile dell'unità di tettonica attiva e strutture sismogenetiche dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ha fatto presente che Sicilia e Calabria sono fra le terre più instabili del Mezzogiorno, territorio vulcanico per eccellenza. La Sicilia, in particolare, è ''spinta'' dall'enorme zolla del continente africano verso il centro del Mediterraneo. Un fazzoletto di terra deve resistere alla forza di un intero continente. Appena sopra, la Calabria è invece come ''trascinata'' dal continente europeo in direzione opposta. L'una va verso ovest, l'altra verso est. Le loro coste, nel complesso, tendono a sollevarsi rispetto al livello del mare a una velocità abituale di circa un centimetro l'anno.
Per evitare eventuali esiti catastrofici, l'Enea ha condotto ricerche preventive lungo le due sponde dello Stretto. Un gruppo di scienziati guidati dal famoso geologo Fabrizio Antonioli, ha studiato le conchiglie fossili che oggi si trovano a diverse altezze fuori dal mare. Il radiocarbonio, misurando l'età dei fossili, ha rivelato che il tasso di sollevamento della costa calabrese nell'area in cui dovrebbe sorgere il ponte è di circa due millimetri l'anno, mentre quello sulla costa siciliana è di mezzo millimetro. La costa calabrese è quindi tre volte più mobile, un comportamento non omogeneo di cui non si è tenuto conto nella progettazione, almeno fino al 2003. Tali perplessità, si sposano con quelle avanzate anche dalla rivista ''L'Architetto italiano'', di un possibile spezzarsi, una per una, delle lunghissime funi che dovrebbero tenere sollevato in aria i tre chilometri di asfalto e binari. Risponde Paolo Clemente, ingegnere del gruppo di lavoro sull'isolamento sismico dell'Enea, che tali sollecitazioni del terreno sono minime, trascurabili per i livelli di tecnologia raggiunti. Le due altissime torri di sostegno possono anche allontanarsi un po' fra loro, aumentando senza problemi lo sforzo delle funi nel sollevare il livello del ponte rispetto al mare. L'ingegnere assicura che ai due estremi della parte percorribile del ponte si trovano due giunti che permettono all'impalcato destinato a sorreggere le corsie, di allungarsi fino a sette metri, evento che si ripropone comunque nelle giornate molto calde.

Tuttavia, come la mettiamo con la frattura della crosta terrestre che corre sotto lo stretto, la faglia parallela alle coste? Sotto le acque dello Stretto passa una faglia sismica attiva, la stessa che nel 1908 provocò il catastrofico terremoto che distrusse le città di Messina e Reggio Calabria provocando 80 mila morti. Il problema è sollevato da Gianluca Valensise dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Gli strumenti sismici installati da decenni sulle due sponde dello Stretto, dice in sostanza Valensise, non rilevano alcuno spostamento. Tutto bene allora? Niente affatto. In quella zona, la faglia assorbe la tensione e impedisce alle coste di allontanarsi. ''Ma quando la faglia sarà completamente carica'', avverte Valensise, ''libererà improvvisamente tutta l'energia accumulata e la sfogherà in un violento terremoto''. Esattamente quello che successe nel 1908. In questo caso, nella migliore delle ipotesi, il ponte subirebbe un allontanamento brusco di un metro.
Per Alberto Castellani, ordinario di Tecnica delle costruzioni del Politecnico di Milano, uno degli ingegneri che hanno preso parte alla progettazione del ponte, il disegno tiene conto di un eventuale grande terremoto. ''Ma che cosa accadrebbe se il terremoto si verificasse in una giornata fredda, quando il ponte è al minimo della sua dilatazione termica e i giunti sono a fine corsa?'', chiedono i due articolisti di Newton? ''In tal caso, ovviamente, i giunti si romperebbero'', ammette l'ingegnere, ''e l'impalcato si spaccherebbe. Il ponte resterebbe in piedi perché sono le torri e le funi a sostenerlo, ma le auto in transito in quel momento avrebbero dei problemi''. Per non parlare dei treni. Già ''L'Architetto italiano'' aveva fatto notare che è ancora tutta da dimostrare la possibilità di riparare gli enormi moduli di un simile impalcato, realizzato con tecniche assolutamente innovative, non sperimentate, necessariamente azzardate. E comunque con il rischio di dover affrontare costi astronomici.
''A partire dal IX secolo, quest'area è stata colpita da almeno 13 terremoti d'intensità superiore al settimo grado della scala Mercalli'', nota Newton. Il ponte è preparato giusto per reggere un'intensità pari a 7,2. Certo, in altre regioni sismiche (Usa e Giappone) i ponti si fanno lo stesso, ''ma è vero che molte volte i ponti crollano in seguito a terremoti, come accaduto a Kobe, in Giappone, nel 1995: strutture molto più basse e con decine di piloni di sostegno di cemento armato sono stati piegati come burro''. Nonostante i criteri di costruzione antisismica fossero stati scrupolosamente rispettati.

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05 aprile 2005
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