Un semi-legittimo impedimento
La Corte Costituzionale ha deciso di "bocciare parzialmente" la legge sul legittimo impedimento
"Bocciatura parziale": può sintetizzarsi così la decisione presa dalla Corte Costituzionale sulla legge relativa al legittimo impedimento dei membri del governo, sia il presidente del Consiglio sia i ministri, ad essere presenti nelle aule giudiziarie alle udienze che riguardino processi dove risultano imputati.
La decisione della Corte costituzionale è stata adottata con 12 voti favorevoli e 3 contrari.
La Consulta è intervenuta su alcuni punti particolari della norma (che aveva trovato subito applicazione nei processi Mills, Mediaset e Mediatrade in corso a Milano e che coinvolgono il capo del governo Silvio Berlusconi): quelli relativi alla certificazione diretta dell'impegno da parte di Palazzo Chigi; all'obbligo previsto per il giudice di rinviare l'udienza fino a sei mesi; alla valutazione dello stesso impedimento la cui legittimità - a parere dei giudici costituzionali - non scatta automaticamente ma va riscontrata di volta in volta da parte dei giudici.
Inoltre, la Consulta in qualche modo ha 'interpretato' il comma della legge relativo all'elenco delle attività associate alle funzioni di governo, sottolineando che spetta sempre al giudice valutare se quegli impegni sono o meno forzatamente concomitanti con l'udienza processuale fissata, per bilanciare così il diritto di difesa dell'imputato premier o ministro con la tutela della sua funzione di governo.
La Corte Costituzionale ha stabilito che la legge sul legittimo impedimento viola gli articoli 3 e 138 della Costituzione. "La Corte costituzionale - informa in proposito una nota della Consulta - giudicando delle questioni di legittimità costituzionale relative alla legge n. 51 del 2010 in materia di impedimento a comparire in udienza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha deciso che è illegittimo, per violazione degli art. 3 e 138 della Costituzione, l'art. 1, comma 4, relativo all'ipotesi di impedimento continuativo e attestato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri; è illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 138 della Cost., l'art. 1, comma 3, nella parte in cui non prevede che il giudice valuti in concreto, a norma dell'art. 420-ter, comma 1, del codice di procedura penale, l'impedimento addotto".
Inoltre, "non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale relative all'art. 1, comma 1, in quanto tale disposizione venga interpretata in conformità con l'art. 420-ter, comma 1, del codice di procedura penale". E "sono inammissibili le ulteriori questioni di legittimità costituzionale, relative alle disposizioni di cui all'art. 1, commi 2, 5 e 6, e all'art. 2".
L'articolo 3 della Costituzione recita che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". Secondo l'articolo 138 della Carta, "le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione".
In una dichiarazione congiunta, Niccolò Ghedini e Piero Longo hanno sottolineato: "La legge sul legittimo impedimento nel suo impianto generale è stata riconosciuta valida ed efficace e ciò è motivo evidente di soddisfazione". "Nell'intervenire su modalità attuative, la Corte Costituzionale - hanno spiegato i legali di Silvio Berlusconi -, sembra avere equivocato la natura e la effettiva portata di una norma posta a maggior tutela del diritto di difesa e soprattutto della possibilità di esercitare serenamente l'attività di governo, non considerando la oggettiva impossibilità, come dimostrato dagli atti, di ottenere quella leale collaborazione istituzionale già indicata dalla Corte stessa, con una autorità giudiziaria che ha addirittura disconosciuto legittimità di impedimento ad un Consiglio dei ministri". "Comunque - hanno concluso - le sentenze della Corte debbono essere ovviamente rispettate e sarà possibile comprenderne la reale portata nella pratica attuazione soltanto dopo aver letto la motivazione".
Dopo la parziale bocciatura della legge sul legittimo impedimento la maggioranza è andata all'attacco. "Oggi la Consulta ha stabilito la superiorità dell'ordine giudiziario rispetto a quello democratico - ha dichiarato il coordinatore del Pdl, Sandro Bondi -, rimettendo nelle mani di un magistrato la decisione ultima in merito all'esercizio della responsabilità politica e istituzionale. Siamo di fronte al rovesciamento dei cardini non solo della nostra Costituzione, ma dei principi fondamentali di ogni ordine democratico".
Per il ministro dell’istruzione, Maria Stella Gelmini, la sentenza si conferma un dato di fatto incontrovertibile, che il presidente del Consiglio sia oggetto di una autentica persecuzione da parte delle Procure politicizzate. Poi ha aggiunto, a scanso di equivoci, per chi non avesse capito, che "l'anomalia italiana non è costituita da Silvio Berlusconi, ma da coloro che vogliono sovvertire i risultati elettorali".
Per il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, "è una sentenza che conferma il principio, contenuto nella legge, che l'esercizio della giurisdizione deve tenere conto della funzione di governo". "Siamo convinti - ha aggiunto il Guardasigilli - che il principio di leale collaborazione spingerà i giudici a non tradire lo spirito di questa sentenza".
Duro il commento del Carroccio. "Dalla Corte Costituzionale non c'era da aspettarsi altro - hanno affermato in una dichiarazione congiunta i capigruppo della Lega di Camera e Senato, Marco Reguzzoni e Federico Bricolo -: sapevamo benissimo che la maggioranza dei giudici della Corte ha un atteggiamento ostile nei confronti dei provvedimenti voluti da questo governo. Ma non c'è sentenza della magistratura che può bloccare l'azione dell'esecutivo". "Il cammino delle riforme - hanno assicurato - prosegue con i tempi e i modi già stabiliti e per la Lega non cambia nulla''.
Per Gaetano Pecorella , ex legale di Silvio Berlusconi, la decisione della Consulta dimostra che "ormai le leggi le scrive la Corte Costituzionale". Interpellato dall'Adnkronos, Pecorella ha osservato: "mi pare una decisione che finisce per lasciare nelle mani del giudice la decisione sui tempi dell'attività politica".
Infine, il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone, ha assicurato: "La decisione della Corte Costituzionale non avrà ripercussioni su un premier che per tre volte in tre anni è stato scelto dalla maggioranza degli italiani".
Dopo il verdetto della Consulta Silvio Berlusconi ha commentato: "Sono tranquillo, andiamo avanti. Guardiamo il bicchiere mezzo pieno". I più stretti collaboratori del premier hanno riferito che questo è stato il commento di Berlusconi, definendo poi la sentenza della Corte Costituzionale "un compromesso accettabile".
Soddisfatta, invece la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti: "Le anticipazioni sulle motivazioni della Corte smontano sostanzialmente l'impianto della legge". "Da quanto si apprende - ha aggiunto - tutto viene riportato nell'alveo dei principi costituzionali riattribuendo ai giudici la valutazione concreta del legittimo impedimento anche per chi ricopre incarichi di governo e bocciando il meccanismo automatico di rinvio che era stato introdotto con questa legge".
Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha così commentato: "Grande rispetto per le sentenze della Corte Costituzionale. Ritengo inaccettabili, e spero che possano essere corrette, le prime dichiarazioni del Pdl e della Lega che attaccano la Corte".
Per Antonio Di Pietro la Corte costituzionale, pur riconoscendo la illegittimità di diverse norme, "ha fatto rientrare dalla finestra quel che essa stessa ha messo fuori dalla porta e cioè che il presidente del Consiglio possa svolgere qualsiasi attività consequenziale e coessenziale alle funzioni di governo e questo consiste in legittimo impedimento". "Per questa ragione - ha concluso il leader dell'IdV - il referendum è l'unica arma a disposizione dei cittadini per bocciare una legge ancor più illegittima, perché lo dice la Corte costituzionale, ma soprattutto immorale".
Il leader Udc Pier Ferdinando Casini ha invece osservato: "Se gli emendamenti dell'Udc, anche quelli soppressivi, al testo sul legittimo impedimento, fossero stati approvati, la legge sarebbe stata approvata". "Le decisioni - ha affermato - si rispettano tutte, è ovvio. Purtroppo non siamo stati ascoltati: la maggioranza e il governo, bocciando in nostri emendamenti su punti specifi hanno costretto la Corte Costituzionale ad intervenire per eliminare le evidenti forzature del testo".
Giulia Bongiorno (Fli), presidente della commissione Giustizia della Camera ha notato come "con la sua decisione, la Corte incide sicuramente su un aspetto qualificante del legittimo impedimento". "Avevamo sollecitato durante i lavori parlamentari - ha ricordato - una approfondita riflessione che evidentemente è mancata".
Soddisfatto il portavoce della Federazione della sinistra, Oliviero Diliberto, per il quale la sentenza "ristabilisce un valore fondamentale, e cioè il principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Ora Berlusconi ha un obbligo di fronte a tutto il Paese: la smetta di inventarsi leggi ad personam ed affronti i suoi processi".
ECCO COSA RIMANE DELLA NORMA
Promulgata dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano il 7 aprile del 2010, la legge 51 prevede, in due articoli, che per presidente del Consiglio e ministri, chiamati a comparire in udienza in veste di imputati, costituisce legittimo impedimento "il concomitante esercizio di una o più delle attribuzioni previste dalle leggi o dai regolamenti". Tuttavia, dopo l'intervento della Corte Costituzionale, la norma è stata in parte bocciata, in parte interpretata e in altra parte manipolata. Ecco cosa resta dello 'scudo' dopo il verdetto di oggi della Consulta.
L'elenco delle attività che sono impedimento - Al primo comma dell'art. 1 si indicano nel dettaglio leggi e regolamenti che disciplinano le attività del premier e dei suoi ministri e che dunque possono essere considerate legittimo impedimento. Si tratta di consiglio dei ministri, incontri internazionali, conferenza Stato-Regioni e tutto ciò che è previsto - nello specifico - dagli articoli 5-6-12 della legge 23 agosto 1988 n.400 e successive modificazioni; gli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 30 luglio del 1999 n. 303 e successive modificazioni; regolamento interno del Consiglio dei ministri di cui al decreto del presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 1993.
Coperte attività preparatorie, consequenziali e coessenziali - Dopo l'elenco minuzioso delle norme che indicano le funzioni di premier e ministri, sempre il comma 1 spiega che sono comunque oggetto di legittimo impedimento le "relative attività preparatorie e consequenziali, nonché ogni attività comunque coessenziale alla funzioni di governo". A patto però - ed è questo l'elemento interpretativo fornito dalla Consulta - che resti impregiudicato il potere del giudice a valutare l'impedimento, secondo quanto già oggi previsto dal'art. 420-ter del codice di procedura penale nei confronti di qualsiasi imputato impossibilitato a comparire in udienza per "caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento".
Giudice valuta l'impedimento in concreto e rinvia - Il terzo comma prevede che, su richiesta di parte, quando ricorrano le ipotesi precedentemente elencate, il giudice rinvia ad altra
udienza solo dopo aver valutato in concreto l'impedimento. Su questo punto la Consulta è intervenuta con una sentenza additiva.
Niente più certificazione P. Chigi su impegno continuativo - La Consulta ha cancellato in toto il comma 4 che prevedeva l'obbligo per il giudice di rinviare l'udienza non oltre sei
mesi in caso di certificazione da parte della Presidenza del Consiglio dell'impedimento "continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni" di premier e ministri.
Prescrizione sospesa - Il corso della prescrizione rimane sospeso per tutta la durata del rinvio.
Si applica ai processi in corso - La legge 51 del 2010 continua ad applicarsi anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado alla data di entrata in vigore della legge.
In attesa dell'approdo costituzionale - Lo 'scudo' - è scritto all'art. 2 che la Consulta ha mantenuto intatto - si applica "fino all'entrata in vigore della legge costituzionale" che dovrà contenere "la disciplina organica delle prerogative del presidente del Consiglio e dei ministri". Comunque la sua efficacia non potrà durare più di 18 mesi dalla sua entrata in vigore (e dunque fino ad ottobre prossimo), salvi i casi previsti dall'articolo 96 della Costituzione nel quale si parla della possibilità di sottoporre alla giurisdizione ordinaria il presidente del Consiglio e i ministri per reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, previa autorizzazione delle Camere di appartenenza.
Sereno svolgimento funzioni Governo - L'obiettivo della norma è quello di "garantire il sereno svolgimento delle funzioni" di governo.
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa]