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Un sequestro (se di sequestro si tratta) ''anomalo'' quello dell'anziano proprietario terriero di Partinico (PA)

16 gennaio 2007

AGGIORNAMENTO
Un nuovo contatto è avvenuto fra i sequestratori e i familiari del proprietario terriero Pietro Michele Licari, il 68enne rapito sabato scorso nelle campagne di Partinico (PA). Dopo la richiesta di un riscatto da 300 mila euro, i malviventi hanno ricontattato la famiglia del rapito per concordare il pagamento. Il procuratore di Palermo Francesco Messineo, è convinto che il sequestro sia ''opera di menti non raffinate, gente inesperta''. A far propendere gli investigatori per questa tesi sarebbe tra le altre cose, la cifra modesta chiesta per la liberazione del possidente. Prudenti anche le dichiarazioni del procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso: ''Non ci sono elementi certi. Siamo nelle prime fasi dell'inchiesta e tutte le ipotesi sono possibili''. Il procuratore di Palermo ha comunque avviato le procedure per il blocco dei beni della famiglia: ''Non è stato possibile bloccare prima i beni - ha spiegato il magistrato a chi gli contestava un ritardo eccessivo - perché si tratta di una complessa attività di accertamenti che richiede parecchio tempo''. Due pm del pool di magistrati che si occupano del rapimento presto inconteranno a Roma dove vivono, la moglie e la figlia dello scomparso.

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E' scomparso sabato scorso, il 68enne Pietro Michele Licari, proprietario terriero di Partinico (Palermo). Probabilmente è stato rapito. Secondo quanto trapelato da ambienti investigativi, infatti, alla famiglia è arrivata una richiesta di riscatto. Un anonimo interlocutore telefonico ha infatti chiesto alla famiglia 300 mila euro per la liberazione dell'uomo.
Gli inquirenti stanno valutando con molta cautela i fatti, mentre la procura della Repubblica di Palermo sta indagando anche per sequestro di persona.
A denunciare la scomparsa dell'uomo ai carabinieri è stata la moglie che, non vedendolo rincasare all'ora di pranzo sabato scorso, si è presentata nella caserma di Partinico. Dopo le immediate ricerche nella zona con l'ausilio di unità cinofile ed elicotteri, l'auto del possidente, un Suv, è stata ritrovata nella notte dai carabinieri abbandonata, con gli sportelli aperti, vicino a un casolare di proprietà dello stesso Licari tra le campagne di Partinico e San Giuseppe Jato.

Al momento non si esclude l'ipotesi che il sequestro e la richiesta di riscatto siano una messinscena forse per depistare o comunque ritardare le indagini su quello che invece potrebbe anche essere un omicidio. E' al vaglio degli inquirenti anche l'ipotesi che vi possa essere una matrice mafiosa dietro  la scomparsa del possidente. Certo è che Licari è incensurato e nel suo passato non sono emersi contatti di alcun genere con gli ambienti mafiosi.
La Procura di Palermo non ha ancora disposto il blocco dei beni della famiglia di Pietro Licari. ''Stiamo lavorando - ha detto il procuratore aggiunto di Palermo, Alfredo Morvillo -. La situazione è ancora tutta in divenire: ancora la misura del blocco dei beni non è stata adottata''.
Gli inquirenti, comunque, non hanno esitato a definire il sequestro - se di sequestro si tratta effettivamente - ''anomalo'', sia per le modalità sia per la somma richiesta ai familiari attraverso lo stesso cellulare della vittima. In Sicilia del resto, hanno sottolineato gli investigatori, da tempo le organizzazioni criminali non compiono sequestri, in linea con una scelta tattica di Cosa nostra che mira a evitare la risposta dello Stato.

E la zona dove è avvenuto il rapimento del facoltoso proprietario terriero è uno dei feudi storici delle cosche mafiose. Originario di Partinico era anche Padre Agostino Coppola, nipote del boss Frank ''tre dita'', condannato per il rapimento di Luigi Rossi Montelera, compiuto però dall'Anonima sequestri nel Nord Italia. Ma Cosa Nostra, come detto, non ha mai privilegiato questo ''settore'' tra le sue attività criminali. Dopo i sequestri a scopo di estorsione nell'immediato dopoguerra, alcuni organizzati dal bandito Turiddu Giuliano per finanziare i suoi accoliti, fu il boss Gaetano Badalamenti, che negli anni '70 presiedeva un ''tribunale della mafia'', a imporre questa scelta. Ma in più di un'occasione il gruppo dei corleonesi, impegnato nella progressiva emarginazione di Badalamenti nel governo della ''cupola'', spezzò la tregua, sequestrando personaggi facoltosi come Luciano Cassina, Nicola Campisi, Giuseppe Madonia (nipote del ''patriarca'' di Monreale Peppino Garda), Michele Rodittis e Luigi Corleo, suocero dell'esattore Nino Salvo. Tutti furono rilasciati dopo il pagamento di un riscatto. Solo Corleo morì nelle mani dei sequestratori e alla sua fine seguì una ''faida'' con decine di morti tra opposti gruppi mafiosi. La ripresa dei sequestri in Sicilia era avvenuta nel 1971 ad Alcamo con il rapimento di Antonio Caruso, figlio di un industriale del marmo.

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16 gennaio 2007
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