Una Chiesa nuova, più aperta, più coraggiosa
Sinodo straordinario sulla famiglia: "La Chiesa accolga gli omosessuali. Su divorziati e risposati servono scelte coraggiose"
"Nel Sinodo, è risuonata chiara la necessità di scelte pastorali coraggiose": è quanto si afferma, a proposito della "cura delle famiglie ferite, di separati, divorziati e risposati" nella 'Relatio post Disceptationem' del cardinale Peter Erdo, relatore generale del Sinodo straordinario sulla famiglia, letta in apertura della seconda settimana di lavori in Vaticano, alla presenza di Papa Francesco.
I padri sinodali, si osserva nella 'Relatio', "riconfermando con forza la fedeltà al Vangelo, hanno avvertito l'urgenza di cammini pastorali nuovi, che partano dalla effettiva realtà delle fragilità familiari, riconoscendo che esse il più delle volte sono più subite che scelte in piena libertà". Infatti, "si tratta di situazioni diverse per fattori sia personali che culturali e socioeconomici - si spiega - Non è saggio pensare a soluzioni uniche o ispirate alla logica del 'tutto o niente'. Ogni famiglia ferita, va innanzitutto ascoltata con rispetto e amore, facendosi compagni di cammino, come il Cristo con i discepoli".
"La necessità di rendere più accessibili ed agili le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità dei matrimoni religiosi" è stata evidenziata da diversi padri sinodali. Tra le proposte, sono stati indicati "il superamento della necessità della doppia sentenza conforme; la possibilità di determinare una via amministrativa sotto la responsabilità del vescovo diocesano; un processo sommario da avviare nei casi di nullità notoria. Secondo proposte autorevoli - si riferisce - andrebbe poi considerata la possibilità di dare rilevanza alla fede dei nubendi in ordine alla validità del sacramento del matrimonio. Va ribadito che, in tutti questi casi, si tratta dell’accertamento della verità sulla validità del vincolo".
Nelle cause matrimoniali, "lo snellimento della procedura, richiesto da molti, oltre alla preparazione di sufficienti operatori, chierici e laici con dedizione prioritaria, esige di incrementare la responsabilità del vescovo diocesano, il quale nella sua diocesi potrebbe incaricare un sacerdote debitamente preparato che possa gratuitamente consigliare le parti sulla validità del loro matrimonio".
"Una sensibilità nuova della pastorale odierna consiste nel cogliere la realtà positiva dei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, delle convivenze" si legge nella 'Relatio post Disceptationem'. "Occorre - si spiega - che nella proposta ecclesiale, pur presentando con chiarezza l'ideale, indichiamo anche elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più a tale ideale". A questo proposito, si osserva che "la semplice convivenza è spesso scelta a causa della mentalità generale, contraria alle istituzioni ed agli impegni definitivi, ma anche per l’attesa di una sicurezza esistenziale con un lavoro e un salario fisso. In altri casi, le unioni di fatto sono molto numerose, non per motivo del rigetto dei valori cristiani sulla famiglia e sul matrimonio, ma soprattutto per il fatto che sposarsi è un lusso, cosicché la miseria materiale spinge a vivere in unioni di fatto. Anche in tali unioni è possibile cogliere autentici valori familiari o almeno il desiderio di essi. Occorre che l’accompagnamento pastorale parta sempre da questi aspetti positivi".
Per quanto riguarda gli omosessuali, alla Chiesa si chiede di accoglierli, con fraternità. "Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana", si sottolinea chiedendosi: "Siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità? Spesso esse desiderano incontrare una Chiesa che sia casa accogliente per loro. Le nostre comunità sono in grado di esserlo, accettando e valutando il loro orientamento sessuale, senza compromettere la dottrina cattolica su famiglia e matrimonio?".
La 'Relatio' riconosce che "la questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale: si presenta quindi come un’importante sfida educativa. Peraltro, la Chiesa - si ricorda - afferma che le unioni fra persone dello stesso sesso non possono essere equiparate al matrimonio fra uomo e donna". Inoltre, "non è nemmeno accettabile che si vogliano esercitare pressioni sull’atteggiamento dei pastori o che organismi internazionali condizionino aiuti finanziari all’introduzione di normative ispirate all’ideologia del 'gender'. Senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali, si prende atto che vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partner", avendo anche una "attenzione speciale verso i bambini che vivono con coppie dello stesso sesso, ribadendo che al primo posto vanno messi sempre le esigenze e i diritti dei piccoli".
Secondo monsignor Bruno Forte, segretario speciale del Sinodo straordinario sulla famiglia, "garantire i diritti alle persone che vivono in una relazione omosessuale è una questione di civiltà e di rispetto della dignità delle persone". "La Chiesa non condivide che il termine 'famiglia' possa essere applicato sia all'unione tra un uomo e una donna aperta alla procreazione, sia all'unione fra persone dello stesso sesso". Dunque, "nessuna equiparazione". Però, spiega monsignor Forte, teologo e arcivescovo di Chieti e Vasto, "il problema non deve essere la comparazione 'tout-court' con il matrimonio ma il fatto che le persone umane coinvolte in queste unioni omosessuali hanno diritti che devono essere tutelati", anche con "la ricerca di una codificazione dei diritti da garantire", pur ribadendo in ogni caso "la differenza che c'è tra le unioni stabili e le convivenze disordinate".
Sui sacramenti ai divorziati cattolici risposati civilmente, permangono diverse sfumature da parte di cardinali e vescovi riuniti al Sinodo straordinario sulla famiglia. Fra chi ricorda la dottrina e chi chiede misericordia, potrebbe allora farsi strada una 'terza via' che punta a concedere l'accesso alla comunione solo dopo un cammino penitenziale.
"Le situazioni dei divorziati risposati esigono un attento discernimento e un accompagnamento carico di rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati", si raccomanda nella 'Relatio post Disceptationem' illustrata dal cardinale Erdo, relatore generale al Sinodo in corso in Vaticano alla presenza di Papa Francesco.
"Prendersi cura di loro - si afferma nella 'Relatio' del cardinale Erdo - non è per la comunità cristiana un indebolimento della sua fede e della sua testimonianza dell’indissolubilità matrimoniale, anzi essa esprime proprio in questa cura la sua carità", come spesso raccomandato dallo stesso Papa Francesco.
In particolare, però, "riguardo alla possibilità di accedere ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia", non mancano divisioni e diverse sensibilità all'interno della Chiesa. Infatti, come si riferisce nella 'Relatio', "alcuni hanno argomentato a favore della disciplina attuale in forza del suo fondamento teologico; altri si sono espressi per una maggiore apertura a condizioni ben precise quando si tratta di situazioni che non possono essere sciolte senza determinare nuove ingiustizie e sofferenze".
Una ipotesi di 'mediazione' potrebbe rivelarsi allora il suggerimento secondo cui "l’eventuale accesso ai sacramenti occorrerebbe fosse preceduto da un cammino penitenziale e con un impegno chiaro in favore dei figli. Si tratterebbe - si spiega nella 'Relatio' - di una possibilità non generalizzata, frutto di un discernimento attuato caso per caso, secondo una legge di gradualità, che tenga presente la distinzione tra stato di peccato, stato di grazia e circostanze attenuanti".
Nella conclusione della 'Relatio post Disceptationem' si sottolinea che "non si tratta di decisioni prese né di prospettive facili". "Le riflessioni proposte - si osserva - sono frutto del dialogo sinodale svoltosi in grande libertà e in uno stile di reciproco ascolto" ma "intendono porre questioni e indicare prospettive che dovranno essere maturate e precisate dalla riflessione delle Chiese locali nell’anno che ci separa dall’assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, prevista per l’ottobre 2015".
L'augurio finale è che "il cammino collegiale dei vescovi e il coinvolgimento dell’intero popolo di Dio sotto l’azione dello Spirito Santo potranno guidarci a trovare vie di verità e di misericordia per tutti. È l’auspicio che - si ricorda nella conclusione della 'Relatio' - sin dall’inizio dei nostri lavori Papa Francesco ci ha rivolto, invitandoci al coraggio della fede e all’accoglienza umile e onesta della verità nella carità". [Adnkronos/Ign]