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Una corona di fiori nel mare

Omaggi, fiaccolate e preghiere per le troppe vittime del naufragio di Lampedusa

05 ottobre 2013

Questa mattina i pescatori di Lampedusa si sono incontrati sul molo Favaloro per raggiungere, in barca, il luogo del naufragio e lanciare in acqua una corona per rendere omaggio alle vittime della strage. A bordo il presidente del consorzio dei pescatori Salvatore Martello e altre decine di pescatori.
Intanto i profughi superstiti del naufragio avvenuto due giorni fa davanti alle coste dell'isola sono indagati per immigrazione clandestina. Fatta eccezione per i minori, tutti gli altri immigrati, più di cento, sono stati iscritti, come prevede la legge Bossi-Fini, nel registro degli indagati per immigrazione clandestina. A darne conferma all'Adnkronos è il procuratore capo di Agrigento Renato Di Natale. "E' un atto dovuto - spiega - non potevamo fare altrimenti".
Buona parte dei superstiti è già stata ascoltata nelle ultime 24 ore dagli inquirenti per rendere testimonianza sullo scafista del barcone affondato, un tunisino arrestato poche ore dopo il naufragio. "Stiamo facendo riscontri testimoniali - dice il procuratore - ma le cose sono un po' più difficili proprio perché sono indagati".

Il presidente della Camera, Laura Boldrini, si recherà questa mattina al Centro d'accoglienza di Lampedusa per incontrare i 155 profughi superstiti e gli oltre 1000 immigrati ospiti della struttura che ne può ospitare non più di 250. Venerdì sera, al suo arrivo a Lampedusa, Boldrini ha ribadito che dopo quanto accaduto davanti alle coste, con un relitto ancora in fondo al mare pieno di corpi da recuperare, "nulla sarà come prima".

Ma il maltempo ferma anche oggi il recupero dei cadaveri rimasti incastrati nel relitto del barcone. Lo conferma all'Adnkronos il capo dei sommozzatori dei Vigili del fuoco: "Le condizioni meteo-marine non ci consentono di poter scendere in profondità - spiega - speriamo in giornata la situazione migliori, ma ho molti dubbi". A Lampedusa tira un vento molto forte e il mare è molto mosso.
L'enorme bara di metallo, che potrebbe contenere ancora decine di cadaveri, giace a 47 metri di profondità in mare a un miglio e mezzo di distanza da Cala Croce, dagli scogli di Lampedusa. Ieri, i sommozzatori dei vigili del fuoco hanno filmato il barcone dell'orrore.
111 i morti di nazionalità somala ed eritrea: 58 uomini, 49 donne, 2 bambine e due bambini in età compresa tra 1 e 6 anni. Una strage di donne se si pensa che tra i 155 superstiti ve ne sono solo 4. E, molto probabilmente, se i lavori di recupero dei corpi darà ragione alle testimonianze di chi su quel barcone ha navigato e che raccontato di circa 500 persone a bordo, sul fondo del natante si troveranno tra decine di altre vittime tanti bambini.

Il barcone era partito dalla Libia. Lo affermano fonti italiane a Tripoli, secondo le quali quanto successo "è la conferma di un problema che lo Stato libico, il premier ed il ministro degli Esteri, vogliono affrontare, ma che in una situazione complessa e transitoria come quella attuale non riescono ad affrontare come vorrebbero". E annunciano che nei prossimi giorni si recherà in Libia "una delegazione di alto livello" del ministero degli Interni dall'Italia nell'ambito della collaborazione con Tripoli sul tema dell'immigrazione.
Nella questione del controllo dei flussi migratori, spiegano le fonti, ci sono due aspetti da tenere presenti: il sostegno alle autorità libiche per impedire le partenze e il miglioramento delle condizioni di accoglienza nei centri di detenzione per rispettare gli standard sui diritti umani. Su questo, "ci sono una serie di programmi che vengono attuati attraverso le organizzazioni non governative e poi progetti finanziati sia direttamente che indirettamente dal ministero degli Esteri", riferiscono le fonti.

Le autorità libiche stanno facendo il possibile, ribadiscono, ma resta il problema della "bassa capacità di assorbimento" dell'amministrazione libica e delle difficoltà a controllare i centri di detenzione lontani da Tripoli, "non gestiti dal governo libico e dove si concentrano gli abusi più gravi".
Il primo ministro Ali Zidane ha dichiarato più volte che la Libia vuole rispettare i diritti umani e che appena ci saranno le condizioni politiche sottoscriverà la Convenzione di Ginevra sui rifugiati, perché Tripoli vuole essere portatrice di stabilità, non di instabilità, non c'è più l'interesse a creare un problema politico come quando c'era Gheddafi, ma, purtroppo, c'è tutto un mondo che vive di traffico di esseri umani sottolineano ancora le fonti. "Noi stiamo lavorando per cercare di incrementare le capacità locali", insistono gli esperti, ma il problema principale resta il fatto che la Libia è un "paese giovane, che sta ancora cercando la sua dimensione a livello di amministrazione centrale e periferica".

Intanto, nell'incertezza delle proporzioni reali del naufragio c'è spazio anche per nuove polemiche. "Avevamo la barca con decine di migranti, ci siamo avvicinati a un gommone della Guardia costiera chiedendo se potevamo trasbordarli sul loro natante per cercare di salvarne altri. Ci hanno risposto: dobbiamo rispettare il protocollo", ha detto Marcello Nizza, 41 anni, che ieri all'alba sul peschereccio riammodernato per gite turistiche Gamar era giunto per primo nello specchio d'acqua dove è avvenuto il naufragio. "Sicuramente - ha aggiunto - se la Guardia costiera avesse preso a bordo un po' di persone ne avremmo potuto salvarne altre. Alla fine siamo tornati in porto avendo salvato 47 persone".

Ieri sera la chiesa di Lampedusa si è riempita per l'omelia del parroco don Stefano Nastasi dedicata alle vittime del naufragio: "La loro morte ci interpella - ha detto il sacerdote - ci provoca e ci coinvolge. Il nostro lamento di questi anni non è servito a nulla. Mentre fuori si discute, qui si muore, nell'inerzia di chi dovrebbe proteggerci, delle istituzioni che non fanno fino in fondo il loro dovere". Alla fine nella piazza antistante si sono radunate oltre un migliaio di persone, molti ragazzi, che hanno poi sfilato in via Roma con le fiaccole in mano che volevano significare che Lampedusa non dimenticherà mai questi morti.

"Mi chiedo come mai questo barcone sia arrivato a meno di 800 metri dalla costa senza che nessuno lo abbia avvistato". In molti se lo chiedono a Lampedusa. "Prima di naufragare questo barcone carico di persone era a 10, 30, 50, 80 miglia di distanza. Come mai nessuno lo ha visto? Quanto meno c'è un'omessa sorveglianza". E' Rosario Crocetta, presidente della Regione siciliana, a porsi la domanda nel corso della sua visita a Lampedusa dopo il tragico naufragio.


"Mare nostrum" (2011) di Antonio Miccichè

Dal governatore arriva poi una proposta: "Con l'assessore al territorio stiamo studiando la realizzazione di un cimitero in Sicilia dove saranno accolte le vittime delle tragedie dell'immigrazione.  Daremo loro una sepoltura rispettando la dignità e il credo di ciascuno".
Crocetta ha visitato il centro di accoglienza di Lampedusa dove si trovano, per ora, circa 1.200 migranti, alcuni costretti anche a dormire sotto gli alberi. "Ho visto tanta sofferenza. I siriano sono più tranquilli perché sono fuggiti alla morte. Nei volti degli eritrei, quelli giunti ieri, ho visto tanto dolore e disperazione. Volevano la lista dei sopravvissuti. Io ho detto loro: siete tutti qui, 111 sono morti gli altri sono dispersi". "Sicuramente nel centro sovraffollato non si vive bene - ha aggiunto - penso che la sede vada ristrutturata: ci sono i fondi europei, si stanno ottenendo le ultime autorizzazioni". "Siamo pensando - ha concluso il governatore - a un momento collettivo di preghiera delle diverse comunità domani sera".

[Fonte: Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it, Repubblica.it]

- «Il viaggio della morte ci è costato 500 dollari» di Marco Imarisio (Corriere.it)

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05 ottobre 2013
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