Una crescita a metà
Per l'Istat nel primo trimestre del 2005 in Italia c'è stato un boom della crescita occupazionale. Crescita che non è avvenuta nel Meridione
Gli ultimi dati Istat sull'occupazione in Italia parlano di una crescita di 213.000 di occupati, nel secondo trimestre 2005, rispetto a un anno prima (+1%) toccando la quota record di 22.651.000 lavoratori. Occupazione che è cresciuta però soltanto nel Nord (con 178.000 lavoratori), mentre nel Sud l'incremento è stato limitato a 17.000 unità.
Questa crescita occupazionale - sempre su base tendenziale - corrisponde ad una diminuzione del tasso di disoccupazione, sceso al 7,5% (mantenendosi ai minimi del '92 dopo il 7,4% registrato nel terzo trimestre 2004) con un calo di 0,4 punti rispetto al 7,9% registrato nello stesso periodo del 2004. Ma se al Nord la disoccupazione è scesa sotto la soglia del 4% a quota 3,9, nel Mezzogiorno il fenomeno principale continua ad essere quello dello scoraggiamento nella ricerca dell'impiego che, inoltre, spinge molte donne fuori proprio dal mercato del lavoro.
L'Istat non dimentica di sottolineare che l'aumento occupazionale incorpora il forte aumento della popolazione residente (+1,1%) determinato soprattutto dall'incremento dei cittadini stranieri. Al netto degli effetti demografici comunque il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni è aumentato di due decimi di punto toccando il 57,7%. Marcia al contrario, come accennato, l'occupazione femminile nel Mezzogiorno con un calo del 2,1%. Nel Meridione d'Italia lavorano fuori casa solo tre donne su dieci tra i 15 e i 64 anni, quasi la metà delle percentuali del Nord Est (57,1%). A fronte di un tasso di occupazione complessivo del 57,7% (maschi e femmine) lavora il 45,4% delle donne ma la percentuale crolla al Sud (30,2% con un calo di 0,7 punti rispetto a un anno prima).
Secondo l'Istat a crescere maggiormente è stata l'occupazione dipendente (2,4%, +381.000 unità) mentre è calata quella indipendente (-2,7% pari a 168.000 unità in meno). L'agricoltura ha perso 17.000 unità (-1,8%) mentre l'industria perde 79.000 posti (-1,6%).
In difficoltà soprattutto l'occupazione industriale al Centro (-5,1%) e al Sud (-3,7%). Boom per le costruzioni con 103.000 occupati in più (+5,6%) e buona performance per il terziario con 206.000 unità in più (+1,4%).
La maggior parte dell'occupazione dipendente in più (381.000 posti) è permanente (+252.000 posti pari all'1,8% in più) ma sono cresciute le assunzioni a termine (129.000 posti con un aumento del 6,7%).
Su 22.651.000 lavoratori risultano a tempo pieno 19.755.000 persone (+0,8% rispetto a un anno prima) e 2.896.000 a tempo parziale (+1,8% rispetto al secondo trimestre 2004). L'incidenza del part time è aumentata soprattutto tra le donne con 126.000 unità in più rispetto al secondo trimestre 2004 (+7,6%).
Alla luce di questi dati i commenti di governo e sindacati sono stati diametralmente opposti.
Questi dati ''sono motivo di grande soddisfazione e smentiscono le tante cassandre della sinistra'', ha affermato il ministro del Welfare Roberto Maroni, sottolineando che ''la legge Biagi sta creando nuova e buona occupazione''. ''L'altro elemento confermato dall'Istat - ha aggiunto il ministro leghista - è la ripresa in corso. Il dato rilevato mette l'Italia, per quel che riguarda la lotta al sommerso e il sostegno all'occupazione, al primo posto in Europa, in controtendenza rispetto a tutti gli altri paesi che registrano una flessione dell'occupazione''. Insomma, la situazione italiana, secondo Maroni, ''è molto positiva grazie a tanti motivi: la legge Biagi in primo luogo, e poi la funzione straordinariamente vitale della piccola e media impresa che crea occupazione, mentre la grande impresa perde occupazione''.
Di parere diverso la Cgil che, con il segretario confederale Fulvio Fammoni, è tornata a parlare di ''fallimento'' della politica industriale, economica e in materia di lavoro del Governo. ''Nascondere la testa sotto la sabbia non sarà di nessuna utilità'', ha detto il dirigente sindacale, secondo il quale la stessa lieve crescita dell'occupazione ''sembra più dovuta al forte aumento della popolazione immigrata regolarizzata, che non ad altro''.
Che i dati dell'Istat siano da considerarsi in controtendenza con l'andamento della produzione industriale e dell'occupazione per settore è il segretario confederale della Cisl, Giorgio Santini. ''Non vorrei - ha detto - che ci fosse un effetto gonfiato, cioè che si registrano le stesse persone con un contratto diverso''. E anche secondo Adriano Musi, numero due della Uil, ''i dati non rispecchiano la realtà del Paese. C'è sempre il problema di comprendere come si rilevano, poiché non combaciano con gli altri dati economici diffusi, sempre dall'Istat, sull'economia e sul reddito complessivo''.