Una difficile decisione
Slitta la decisone del Gup di Palermo sul processo riguardante la trattativa Stato-mafia
Slitta ad altra data la decisione del gup di Palermo, Piergiorgio Morosini, dell'udienza preliminare per la trattativa tra Stato e mafia. Ieri il giudice ha disposto nuove integrazioni probatorie nell'udienza preliminare. Verranno interrogati il pentito Giovanni Brusca, l'ex capo della Polizia Gianni De Gennaro e Paolo Bellini, ex Primula Nera oggi collaboratore di giustizia, sospettato e prosciolto per la strage di Bologna del 2 agosto 1980.
Il procedimento che si tiene nell'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo vede imputati, tra gli altri, il generale Mario Mori, l'ex ministro Nicola Mancino, Marcello Dell'Utri e Calogero Mannino. I pm Antonino Di Matteo, Lia Sava e Roberto Tartaglia, alla fine della lunga requisitoria hanno chiesto il rinvio a giudizio per gli undici imputati.
La posizione di Bernardo Provenzano è stata stralciata, su richiesta dei suoi legali, per le sue condizioni di salute. Morosini, viste le migliorate condizioni fisiche di Provenzano - uscito dal coma pochi giorni fa dopo aver subito un intervento al cervello - ieri ha chiesto ai suoi consulenti di farsi dare il bollettino aggiornato dello stato del paziente che è ricoverato all'ospedale di Palermo.
Il pentito Giovanni Brusca verrà interrogato sulla strategia di Cosa nostra nei mesi che precedono l’omicidio dell’eurodeputato Salvo Lima e sulle cause che hanno portato al suo assassinio, ma anche sui "propositi del boss Totò Riina in epoca successiva alla strage di Capaci e precedente alla strage di via D’Amelio".
L’interrogatorio di Brusca era stato sollecitato nelle scorse udienze dalle difese di alcuni dei dieci imputati del procedimento sulla trattativa. A lui il gup Morosini chiederà, in un’udienza che si terrà in trasferta a Roma, anche se è a conoscenza di "eventuali rapporti tra Cosa nostra e altre realtà criminali, di stampo non solo mafioso, a partire dal 1991 e durante l’epoca delle stragi del 1992 e del 1993". Inoltre a Brusca verrà chiesto qualcosa sui "propositi di Riina dopo la strage di via D’Amelio sino alla cattura di quest’ultimo" e dei "rapporti tra Riina e il boss Bernardo Provenzano dalla fine dal ‘91 alla cattura di Riina", così come sulle "iniziative sulla presunta intesa per l’impegno del recupero di opere d’arte in cambio dell’ammorbidimento del regime carcerario per alcuni capi dell’organizzazione criminale Cosa nostra". Infine, il gup chiederà a Brusca delle "dinamiche interne e le strategie di Cosa nostra dopo la cattura di Riina e il ruolo di Provenzano".
Occhi puntati anche sull’interrogatorio dell’ex Primula nera Paolo Bellini, oggi pentito e detenuto in un carcere italiano. L'ex trafficante di mobili d’arte verrà sentito a febbraio dal gup Morosini perché lo stesso avrebbe trattato con esponenti di Cosa nostra, soprattutto con Giovanni Brusca e Totò Riina negli anni delle stragi di mafia. Bellini è ritenuto tra i protagonisti della prima trattativa tra Stato e mafia nel 1992, informatore dei carabinieri e autore di omicidi come quello di Alceste Campanile (ma non fa un giorno di carcere per prescrizione). Assolto per un altro omicidio che solo poi ha confessato.
A lui si rivolse pubblicamente Totò Riina nel 2003. In aula, durante un processo, il "capo dei capi" aveva detto: "Ma questo Paolo Bellini che si affaccia nelle stragi di Bologna, in certi processi e poi non si vede più, ma che ci andò a fare a discutere con Gioè ad Altofonte dove c’ha detto e c’ha messo in testa di potere fare queste stragi verso Firenze, verso Pisa (il progettato attentato alla Torre, ndr), verso l’Italia... Io questo Bellini me lo trovo in mezzo ai piedi con i servizi segreti perché era manovrato di concordi dal colonnello dei carabinieri di Roma, quello che cerca le Belle Arti e questo amico del generale Mori... Mori che c’è dietro a tutte queste situazioni che io mi vengo sempre a trovare in mezzo ai piedi? Bellini, Gioè, servizi segreti... ma che cosa c’e'? Che cosa ci traso io nei fatti di Firenze? Perché sono nei fatti di Firenze?".
Giovanni Brusca lo indica come il "suggeritore" della strategia tesa a colpire i monumenti. Adesso il gup Morosini ha deciso di ascoltarlo nel corso dell’udienza preliminare sulla "presunta intesa per l’impegno al recupero di opere d’arte in cambio dell’ammordimento del regime carcerario per alcuni capi di Cosa nostra". Paolo Bellini fu compagno di cella, seppure allora con un nome diverso, del boss suicida Antonino Gioè.
Il gup di Palermo ha disposto, inoltre, di sentire nelle prossime udienze anche l’ex capo della Polizia Gianni De Gennaro, oggi sottosegretario del Governo Monti. De Gennaro è stato vicedirettore della Dia dalla fine del 1991 all’aprile del 1993 e poi è stato direttore della Direzione investigativa antimafia dall’aprile del 1993 all’agosto del 1994. Verrà sentito sulle "informazioni nella disponibilità della Dia - si legge nell’ordinanza del magistrato - negli anni 1992 e 1994 in ordine alla matrice delle stragi consumate in Italia in quegli anni, alle strategie e alle dinamiche interne di Cosa nostra all’epoca dei fatti di sangue, nonché alle piste investigative seguite dopo le stragi".
Sempre ieri il gup Morosini ha disposto l’acquisizione, anche sulla base di una specifica sollecitazione delle difese degli imputati Mario Mori e Giuseppe De Donno all’udienza del 9 gennaio 2013 e del pm, della trascrizione delle dichiarazioni rese dallo stesso de Donno, dal magistrato Olindo Canali, Giuseppe Scibilia, Silvio Valente ed Eugenio Morini all’udienza dell’8 gennaio 2013 nel processo che si sta celebrando davanti alla quarta sezione del tribunale di Palermo.
Mori è imputato, con il colonnello Mauro Obinu, di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano nell’ottobre del 1995. Verranno anche acquisite due informative della Dia, rispettivamente del 4 marzo 1994 e del 31 gennaio 1998.
Sempre ieri è stata stralciata la posizione dell’ex ministro Calogero Mannino, che verrà giudicato il rito abbreviato il prossimo 20 marzo. Tra gli atti depositati dai pm Di Matteo, Sava, Del Bene e Tartaglia, ci sono anche un interrogatorio di Calogero Mannino e del generale Antonio Subranni, che risalgono al 1994 e al 1995. L’8 settembre del 1995 il generale Antonio Subranni, tra i dieci imputati del procedimento per la trattativa tra Stato e mafia, interrogato dai magistrati della Dda ha spiegato che nel 1991 "in Sicilia esistevano due sezioni anticrimine e nessuno si è mai occupato delle minacce a Calogero Mannino". Secondo i magistrati dell’accusa Calogero Mannino avrebbe avuto un ruolo centrale perché avrebbe preso informazioni dagli investigatori "al fine di acquisire notizie dai boss ed aprire la trattativa con i vertici dell’organizzazione mafiosa, finalizzata a sollecitare richieste di Cosa nostra per far cessare la strategia stragista avviata con l’omicidio Lima" e che aveva lo stesso Mannino tra i possibili obiettivi. Agli ufficiali del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, i pm contestano di avere preso contatti con esponenti mafiosi "agevolando l’instaurazione di un canale di comunicazione con i boss finalizzato a sollecitare eventuali richieste di Cosa nostra per fare cessare le stragi".
Oggi il gup deciderà le date per le prossime udienze, a partire dall’interrogatorio di Giovanni Brusca. Lo stesso pentito ieri ha dato il suo consenso per essere sentito il prossimo primo febbraio ma la difesa di Marcello Dell’Utri ha chiesto un rinvio.
Commentando la decisione del Gup, il pm Antonio Di Matteo ha detto: "Rispettiamo profondamente la decisione del gup che riguardo alla complessità dell'indagine è stato e sarà sempre attento e rigoroso". "Non parlerei di dilatazione dei tempi - ha aggiunto parlando con I giornalisti - perché implicherebbe un giudizio di inutilità. Anzi, secondo noi dell'accusa, questo ampliamento probatorio rafforzerà l'impianto accusatorio".
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it, SiciliaInformazioni.com]