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Una giornata con Renato

Tutti a chiedere del sindaco: dallo sfrattato al prefetto, dal disoccupato al ministro

18 luglio 2013

UN GIORNO DI ORDINARIA FOLLIA DEL SINDACO CON I SANDALI
di Nino Luca (Corriere.it, 17 luglio 2013)

«Se firmo queste carte mi arrestano...». Oppure: «Dovete mettervi in fila come faccio io quando vado in posta». E ancora: «Io mi faccio la spesa al mercato da solo. E uso la mia bici». Applauso di una signora. «Bravo, sindaco!».
Metà della propria giornata Accorinti la passa ad impartire pillole di «educazione civica» ai messinesi. Proprio lui, professore di educazione fisica, che spiega le buone maniere, muovendo dolcemente l'indice, a quei cittadini che due settimane fa l'hanno votato. Gli stessi che oggi però lo prendono d'assalto. Chi ha la casa abusiva da sanare, chi è malato e non ha i soldi per le medicine, chi non riesce a pagare le bollette.

«RENATO SALVACI TU» - «Non me ne vado se non mi riceve» afferma decisa una donna con figlia in braccio. D'altronde chi è stato a voler togliere la barriera di vetro all'ingresso del municipio che respingeva i cittadini? Lui, Renato Accorinti. «Si faceva prima ad entrare a Berlino ai tempi del muro che non a Palazzo Zanca...» protesta il neosindaco, il pacifista. E ora? «Ora ci vorrebbe un filtro» si lascia scappare di bocca. Poi fa un respiro lungo e... riparte. Saltella dal suo ufficio all'ingresso, corre da una stanza all'altra come un ragazzino. Ma ha sessant'anni. Bacia, stringe mani, abbraccia e vola verso la spartana Punto blu, anche questa scelta da lui. Sulle scale si ricorda: «Miii.., il cellulare». Torna indietro, lo recupera e si maledice: «Devo fare un cambio mentale!». Un cambio mentale per uomo dalle mille battaglie. Un cambio mentale per un uomo dal profilo greco incontaminato dalla vittoria elettorale. Alla sera in testa gli rimbomba solo una frase: «Renato, salvaci tu!».

I VOTI - Con l’elezione di Accorinti a sindaco di Messina si apre una nuova era nella città dello Stretto. I numeri danno il senso d'una svolta epocale: in due settimane i voti di Accorinti sono più che raddoppiati: da 19.939 a 47.866. Il favorito Felice Calabrò dai 41.453 del primo turno è riuscito a contarne 43.017. «Al ballottaggio, senza più le tante liste e candidati legati da parentela e amicizia, la gente si è sentita libera. Ed ha espresso un voto di coscienza», così lui spiega la sua straordinaria vittoria. Eppure al primo turno bastavano 59 voti al candidato del Pd per chiudere la partita. Poi è stata un'altra gara. Senza partiti, senza i 5 Stelle, con la lista «Cambiamo Messina dal basso» Accorinti ha fatto il miracolo. Ora c'è da pedalare con soli quattro consiglieri su trenta. Intanto fuori sotto il sole estivo si caricano i plichi delle schede elettorali per il riconteggio. «La prego, anonimo voglio restare. Sono stato io a chiamare i vigili urbani per controllare che non sparisca qualche sacco», racconta un uomo sulla quarantina che sembra saperla lunga. «Calabrò non farà ricorso ma i suoi consiglieri sì». E infatti...

IL DEFAULT - Sono tre i ricorsi di altrettanti consiglieri del Pd che insidiano l'energia incontenibile di Accorinti. In città c'è polemica anche per il balletto dei numeri riguardanti il «default» possibile delle casse di Palazzo Zanca. C'è chi dice che il buco ammonti a 100 milioni di euro. «Non ci risulta» rispondono i tecnici del comune. C'è in corso una verifica tecnica, chi vivrà vedrà. La città del «dumani videmu» e «poi ni parramu» attende senza ansia. Già, perché un altro personaggio amato dai siciliani, quel Rosario Crocetta presidente della regione Sicilia, ha rassicurato l'amico sindaco. «Renato - gli avrebbe detto qualche giorno fa - arriveranno 50 milioni di euro per salvare Messina».

DALL'ARCIVESCOVO - Di prima mattina cominciano le visite. Accorinti salta letteralmente in auto. Si parte. Ma subito bacchetta il pilota: «Non è questa la strada». Per l'occasione, via la maglietta «No Ponte». Il sindaco incontra l'arcivescovo con una t-shirt su cui campeggia la scritta: «Free Tibet». Ma non è una sfida. Semmai spezzando il ghiaccio durante l'incontro con i giornalisti in curia e togliendo a sua Eminenza la prima parola a casa sua, potrebbe essere inteso come un gesto di scarsa attenzione. Se l'arcivescovo fosse permaloso... Ma Renato è così. Uno slancio continuo. E d'istinto parla degli ultimi, del dialogo interreligioso e di Papa Francesco. Poi indica ai fotografi i propri sandali ai piedi. E monsignor Calogero La Piana - che non è permaloso - gioca con le dita guardandosi le scarpe lucide aspettando il suo turno. Sul tavolo dell'incontro: la legalità e la processione della Vara, il carro votivo dedicato alla Madonna Assunta, l'evento religioso più importante per cittadini dello Stretto. Dopo un'ora Accorinti esce. Torna in auto. Lo cerca il prefetto. «Cosa vuole?». «D'incontrarla. Questione importante», risponde l'autista-telefonista. E via di corsa di nuovo in municipio. Possibilmente senza sbagliare strada stavolta.

LE GRANE - Accorinti non è sposato, forse convive (dicono). Figli? «Non ne ho. Anzi i miei alunni di terza media sono tutti figli miei». Sale le scale e ci spiega il senso della sua missione. «Cambiare la città dal basso. Solo con l'impegno della gente le cose possono cambiare». E diventare un nuovo Grillo? «Non mi interessa. Potevo diventare parlamentare ma la vera sfida per me è cambiare la mia città dopo 40 anni di battaglie». Incontra il prefetto ma fuori c'è la coda per vederlo. «Mi devono sparare perché altrimenti sono sempre qua». «Ho incontrato più persone io in dieci giorni che il precedente sindaco in cinque anni», si vanta. Emanuele Pasquariello, suo segretario particolare, conferma: «Non ho mai visto nessuno così presente in 25 anni che lavoro in questa stanza». «Sindaco». «Non mi chiami sindaco» risponde. «Lei è la mia unica speranza. Ci aiuti». E lui la indirizza all'assessore competente.

IL PRANZO - Si avvicina l'ora del pranzo. Nessuno si muove. Una granita? Un cannolo, un arancino? Niente. «Non l'ho mai visto mangiare in questi giorni». E lui conferma: «Se mangio? Qualche volta!». Poi di nuovo esce correndo dalla sua stanza: «Ora devo scappare. Anzi volare. Lei ha le ali?» chiede sarcastico a gli vuole affibbiargli un'altra grana. «Devo andare da mia madre. Ha 90 anni e mezzo. È giusto che io pensi anche a lei». E indica la funzionaria a cui rivolgersi. Ma un cittadino si "arraggia": «Mi hanno buttato giù la casa e voi mi avete strappato la domanda?». Tutto rigorosamente in «missinisi strittu». Accorinti s'infervora alternando sorrisi e «buci». «Scateno una guerra» sbraita l'uomo, un "sessantino" direbbe Montalbano. E per tenergli testa Accorinti lo tranquillizza: «Io so fare più bordello di lei». Anche in questo caso lo affida a chi di dovere. Il teatrino finisce sulle scale quando una signora, che l'ha atteso tutta la mattinata ora è domata dalle regole accorintiane. E gli ricorda che lo incontrerà dopo aver preso appuntamento: «Signor sindaco poi mi riceve, vero?». «Cetto signora!» Attaccato al suo borsello salta in auto col fido autista e lancia dal finestrino l'ultima promessa all'Italia che lo guarda: «Io non cambierò mai. Quarant'anni di lotta non li metto in vendita per niente e per nessuno».

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18 luglio 2013
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