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Una ''strage'' continua. In Italia, nei primi 9 mesi del 2006, sono stati 1.141 le ''morti bianche'' sul lavoro

25 gennaio 2007

Una ''strage'' che non accenna a diminuire d'intensità: millecentoquarantuno persone sono morte per incidenti sul lavoro solo nei primi nove mesi del 2006. In confronto, nello stesso periodo dell'anno precedente le ''morti bianche'' registrate sono state 1155.
A conti fatti risultano 14 decessi sul lavoro in meno, ma il calo è stato registrato solo nel settore dell'agricoltura, e non perché in questo settore le condizioni siano migliorate.
Leggendo oggi (Seconda Giornata nazionale della sicurezza del lavoro) i dati presentati ieri dall'Anmil (Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro), si comprende infatti, che c'è stato un aumento del due per cento delle morti bianche nell'industria e nei servizi, settori dove si contano il 90 per cento degli incidenti: ventiquattro vittime in più nei primi nove mesi dello scorso anno fanno lievitare il bollettino nero dai 1012 morti del 2005 ai 1.036 del 2006.
Ma quello che desta maggiore allarme è l'incremento delle malattie professionali i cui casi mortali (873 dal 2001 al 2005) e di invalidità permanente non sono conteggiati nelle statistiche per infortunio. Di questi, ben 619 si tratta di decessi dovuti a tumori causati dall'amianto.

''Non è soltanto una questione di numeri: gli infortuni sul lavoro sono sempre tanti, troppi; nell'era della tecnologia digitale gli operai edili e i metalmeccanici, come ieri e forse di più, muoiono o rimangono colpiti, con gravi, invalidanti esiti permanenti, dagli infortuni sul lavoro'' ha detto il presidente dell'Anmil, Pietro Mercandelli, commentando i dati provvisori disponibili.

La maglia nera per le morti bianche nei primi mesi del 2006 va al Nord Ovest: 326 vittime contro le 296 dello stesso periodo del 2005. Nel dettaglio, la Lombardia conta 206 vittime, seguita dal Veneto (108) e dall'Emilia Romagna (109).
In Campania si sono registrate 63 morti bianche, in Sicilia 70 ma - precisa l'Anmil - si tratta di numeri che si riferiscono solo ai casi denunciati. Se si potesse contare anche il sommerso, che al Sud supera in molti casi il lavoro regolare, la realtà fotografata sarebbe ancora più agghiacciante.

Accanto al lungo elenco delle morti bianche, uno ancora più lungo, che allarma l'Anmil: quello delle tantissime vittime di infortuni ''meno gravi''. Sempre nei primi nove mesi dello scorso anno se ne sono registrati in tutto 865.204, di cui 780.675 nell'industria, commercio e servizi.
Tutte queste migliaia di lavoratori infortunati hanno diritto ad indennizzi molto più bassi rispetto al passato. E questo, dice l'Anmil, in seguito alla normativa che ha introdotto il danno biologico e che, paradossalmente, ha peggiorato gli indennizzi ai lavoratori infortunati. Per esempio: un lavoratore infortunato che perde tutte le dita della mano destra, nel caso abbia moglie, un figlio a carico e una retribuzione superiore alla media, percepisce il 14,33% di rendita in meno (2.440 euro l'anno) rispetto al regime precedente al decreto del 2000. La differenza in negativo sale al 62% in caso di perdita del dito mignolo, al 40% per sordità completa unilaterale, e al 26% in caso di perdita del pollice sinistro e del primo metacarpo.
''La stragrande maggioranza degli incidenti con esiti di minore gravità ha comportato - si legge nel Rapporto presentato ieri - un netto ridimensionamento del livello delle prestazioni in rendita se non addirittura la trasformazione dell'indennizzo a capitale liquidato una tantum''.

Secondo l'Anmil, che riconosce lo sforzo avviato con l'ultima Finanziaria su questi temi, il governo dovrebbe affrontare in fretta il problema della tutela delle vittime degli incidenti e delle malattie professionali, aprendo un tavolo con le forze sociali, ''per rimediare ai guasti prodotti dopo il 2000 dalla normativa sperimentale, varata con tante buone intenzioni poi rivelatesi tutte sbagliate''.
Nel frattempo, l'avanzo di gestione dell'Inail continua ad aumentare a ritmi di due miliardi e mezzo l'anno ed ammonta attualmente a 12 miliardi. Per l'Anmil, i risparmi sulle prestazioni erogate in favore degli invalidi del lavoro e il surplus di risorse provenienti dai premi assicurativi non sono stati indirizzati al miglioramento delle prestazioni per grandi invalidità e per quelle permanenti. Per questo motivo, andrebbe aperto un tavolo con le forze sociali per affrontare ''in modo serio'' il problema della tutela delle vittime degli incidenti e delle malattie professionali.

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25 gennaio 2007
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