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Uno schiaffo per il presidente George W. Bush. Anche il Senato Usa approva la data di ritiro dall'Iraq nel 2008

28 marzo 2007

Venerdì scorso la Camera dei Rappresentanti Usa ha votato il termine del 1 settembre 2008 per il ritiro di tutte le truppe americane dall'Iraq. Una sfida a cui il presidente George W. Bush ha risposto ribadendo il suo veto al provvedimento.
Un voto che ha comunque rappresentato una vittoria significativa per la speaker della Camera Nancy Pelosi e i suoi colleghi democratici.
Bush, che come comandante in capo non vuole intromissioni da parte dei deputati democratici nella sua gestione del conflitto, ha condannato il voto definendolo un ''atto di teatro politico'' che sanno non diventerà mai legge. ''Hanno fissato rigide restrizioni che richiederebbero un esercito di avvocati per interpretarle. Hanno fissato una data arbitraria per il ritiro in considerazione delle condizioni sul terreno. E hanno aggiunto miliardi in piccoli progetti che non hanno nulla a che fare col vincere la guerra contro il terrorismo'', ha dichiarato Bush.

Il voto alla fine della missione in Iraq della Camera non è stato comunque una sorpresa. Più che una sorpresa è invece stato il pronunciamento del Senato: infatti, il Senato degli Stati Uniti ha votato 50-48 a favore di un inizio del ritiro delle truppe americane dall'Iraq nel marzo 2008, compiendo un altro passo in direzione di uno scontro diretto con la Casa Bianca.
George W. Bush ha subito dichiarato la propria irritazione per il voto del Senato, e ha confermato che metterà un veto a qualsiasi legge che contenga indicazioni su scadenze per l'impegno degli Usa. ''Il presidente esprime il proprio disappunto - ha detto la portavoce Dana Perino - per il fatto che il Senato continui sulla strada di un testo al quale metterà il veto e che non ha alcuna possibilità di diventare legge''.
Bush ha voluto anche sottolineare che la strategia attuata in Iraq dal generale David Petraeus sta già ''facendo emergere segnali incoraggianti'' e ha aggiunto che il Senato, che ha approvato la nomina di Petraeus, ora ha il dovere di ''dare alle sue truppe i fondi di cui necessitano, non un mandato per il fallimento''.

I democratici, per bocca del loro leader in Senato, Harry Reid, hanno sostenuto che serve a questo punto, dopo 3.200 americani morti, ''un messaggio al presidente: è arrivato il momento di indicare un nuovo cammino in questa guerra ingestibile''. ''E' una guerra - ha aggiunto Reid - che non vale più una sola goccia di sangue americano''.

Insomma, con o senza apporre veti, con o senza Iraq e Afghanistan, è chiaro che gli Stati Unidi d'America non vogliono più essere governati da George W. Bush.

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28 marzo 2007
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