Urlo
Da vedere per conoscere quello che è stato veramente il simbolo di un'intera generazione
Noi vi segnaliamo...
URLO
di Rob Epstein e Jeffrey Friedman
Nel 1957 l'America puritana viene scossa dalla pubblicazione di un'opera letteraria e l'esistenza del giovane Allen Ginsberg, futuro maestro della letteratura mondiale, che si ritrova improvvisamente al centro di un processo, è messa a dura prova. Infatti il suo poema 'Howl', che ha declamato per la prima volta dinanzi al pubblico il 7 ottobre di due anni prima alla Six Gallery, trova in quell'anno un editore. Si tratta della City Light Books di proprietà del poeta Lawrence Ferlinghetti, un coraggioso estimatore dell'arte. L'America reagisce scandalizzata e in breve tempo tutte le 520 copie stampate vengono requisite dalla polizia e autore e editore di vedono accusati di oscenità. Il processo, destinato a rimanere impresso nella memoria collettiva e a consacrare il giovane poeta alla gloria, segna l'inizio della cultura underground. In un processo pieno di colpi di scena, il procuratore Ralph McIntosh metterà Ginsberg e la sua esistenza dissoluta sotto agli occhi di tutti, mentre l'avvocato difensore Jake Ehrlich, da sempre impegnato nella salvaguardia dei diritti civili, proverà ad aprire gli occhi all'America...
Anno 2010
Tit. Orig. Howl
Nazione USA
Produzione Elizabeth Redleaf, Christine Kunewa Walker, Rob Epstein e Jeffrey Friedman per Werc Werk Works, The Match Factory, Rabbitbandini Productions, Telling Pictures, Radiant Cool
Distribuzione Fandango
Durata 90'
Regia, Soggetto e Sceneggiatura Rob Epstein e Jeffrey Friedman
Con James Franco, Todd Rotondi, Jon Prescott, Aaron Tveit, David Strathairn, Jon Hamm, Andrew Rogers, Bob Balaban, Allen Ginsberg
Genere Drammatico
In collaborazione con Filmtrailer.com
La critica
"Scelto come film d'apertura all'ultimo Sundance, 'Howl' è finalmente in Italia. (...) Fermamente ancorato al più noto e forse il più arditamente sperimentale tra gli scritti di Allen Ginsberg (da cui prende anche il titolo, in Italia 'Urlo') 'Howl' ha i suoi due punti forti nelle parole di Ginsberg (prese non solo dalla poesia, ma da decine di interviste rilasciate nel corso degli anni) e nell'interpretazione che James Franco dà del grande poeta di Newark. Lavorando a partire da uno dei pochissimi filmati in cui Ginsberg si vede da giovane - il rivoluzionario 'Pull My Daisy' di Robert Frank (che però non aveva suono in sync), dalle più frequenti apparizioni di quando era anziano e da dozzine e dozzine di registrazioni di 'Howl' (...). Franco (che in 'Milk' era Scott Smith) evoca con naturalezza sorprendente, l'intensità, la dolcezza, la vulnerabilità, unita però a quel lieve senso di imminente pericolo che emanavano dall'aura di Ginsberg. Che lo si veda, nel 1955, in bianco e nero, leggere 'Howl' in un coffee & shop californiano con i muri di mattoni, circondato da giovani entusiasti, mentre si innamora di Jack Kerouac, attraversa l'America con Neal Cassady o, nel 1957, a colori, in una lunga intervista rilasciata dal suo appartamento newyorkese - la voce, l'inflessione, le pause, i sorrisi accennati, i gesti per preparare il tea, l'opacità dello sguardo... ne fanno un Ginsberg verissimo e commovente."
Giulia D'Agnolo Vaillan, 'Il Manifesto'
"Ogni volta che il cinema affronta un testo letterario, si apre la difficile questione del 'tradimento'. Quasi mai gli autori amano veder violata la propria creatura, anche quando il passaggio da un linguaggio all'altro avviene con le migliori intenzioni. Prendete Howl – poema che tutti ormai masticano come un chewingum, grazie alle sue battute iniziali: «ho visto le menti migliori della mia generazione…» - e decidete di farci sopra un film. Mica male l'idea. In fondo, ci sono diversi motivi interessanti. C'è il poema di Allen Ginsberg, che non è proprio da buttare. Anzi è il testo più bello che ha scritto, così carico di dramma newyorkese, così provocatorio per quella America degli anni Cinquanta, immersa nel perbenismo e nel consumo di massa, ma soprattutto avvolta dall'incubo maccartista. C'è il processo che fu intentato a Lawrence Ferlinghetti: libraio ed editore di San Francisco che pubblicò il libro di Ginsberg. Era osceno o no il poema, quando i suoi versi, letti direttamente da Ginsberg, tuonarono quell'ottobre del 1955 alla Six Gallery di San Francisco? C'è infine lei, la protagonista vera: la Beat Generation con i suoi interpreti Jack Kerouac, Neil Cassady, Peter Orlovsky. Niente male per farci un film. È quello che hanno pensato e realizzato Jeffrey Friedman e Rob Epstein (quest'ultimo premiato con due Oscar) affidando la parte di Ginsberg a un eccellente James Franco (Spider Man e Milk). Il risultato premia il rigore documentario, ma meno quello cinematografico.
Howl si presenta suddiviso in tre momenti che si alternano e interagiscono: la lettura del poema (in bianco e nero) sulla quale si innesta un lavoro di animazione che dovrebbe tradurre con le immagini le parole di Ginsberg; un lungo monologo dello stesso Ginsberg (a colori) nel quale vediamo lo scrittore parlare della sua infanzia (qui vengono inseriti anche documenti autentici dell'epoca), della sua omosessualità, degli amici che ha incontrato e amato, e naturalmente del processo. È una confessione che ricostruisce fedelmente il pensiero, le emozioni, i dubbi del grande guru della Beat Generation. Infine il processo (girato anch'esso a colori) nel quale accusa e difesa si misurano su cosa significa letteratura, cosa vuol dire osceno e chiamano a raccolta una serie di testimoni, pro e contro Howl. Tutto è molto statico, in quegli spazi dove la parola regna fin troppo incontrastata. Il che innesca un effetto curioso, che non è legato solo alla scarsa presenza dell'azione – dopotutto un film può anche sacrificare il movimento a patto che sappia far parlare, come riusciva a Bergman, l'immobilità dei corpi che ritrae – ma anche a quel flusso di immagini, a volte straordinarie, altre un po' invecchiate, che il poema di Ginsberg riuscì a creare. Non so quanto fosse voluta, ma la costruzione di Howl - il ritmo interno e il montaggio allucinato - più che alla forma letteraria si ispira a quella cinematografica. Fu la rivoluzione formale che quel testo realizzò nel lontano 1955. Del resto, Ginsberg - che non si separava mai dalla sua macchina fotografica - considerò sempre l'immagine non il complemento della parola, ma la parola stessa che realizza lo sguardo.
Ammirare oggi la bella faccia di James Franco, così fedele al volto di Ginsberg, mentre si confessa in diretta davanti a un registratore, fa l'effetto di uno straniante reperto di archeologia industriale. Lo sentiamo parlare di tutto. E quel tutto è ormai il passato remoto. La voce (leggermente monotona nel doppiaggio) racconta la tormentata vicenda della madre che entra ed esce dagli ospedali psichiatrici, del padre che scrive poesie, dell'attrazione e poi degli innamoramenti per Kerouac, Cassady, Orlovsky. Troppa e insistita omosessualità? Forse. Ma in fondo fu uno dei tratti distintivi della Beat Generation: tutti andavano a letto con tutti. «La Beat Generation non esiste», dice il giovane Ginsberg da un divanetto del salottino di casa, dove su una parete spicca una stampa del Colosseo, «è una banda di ragazzi che vuole farsi pubblicare». Qualche risultato eccellente i loro libri lo ottennero. La controcultura che sprigionarono scosse l'America e il processo a Howl fu solo una dichiarazione di guerra finita con un armistizio. Niente oscenità da quell' "Urlo", ma solo letteratura di provato valore sociale, così si espresse la Corte. In ogni assoluzione si cela una sottile condanna. Quella a un nuovo conformismo. Quando divennero celebri, i ragazzi della Beat Generation si trasformarono in letterati e promoter di qualcosa che non c'era già più. Fa tenerezza vedere la scena finale del film con la voce del vecchio Ginsberg che intona una canzone, mentre scorrono le immagini di quel bizzarro e affascinante album di famiglia che Friedman ed Epstein ci hanno riproposto con canoni più prossimi al teatro che al cinema."
Antonio Gnoli, 'la Repubblica'
Tra i produttori esecutivi figura anche Gus Van Sant - In concorso al 60mo Festival di Berlino (2010).
Un ritratto di Allen Ginsberg - Poeta statunitense (Newark, New Jersey, 1926 - New York 1997). Studiò alla Columbia University, entrando in contatto con J. Kerouac e W. Burroughs; si affermò con la sua prima raccolta di poesie (Howl and other poems, 1956), da cui si usa far iniziare la letteratura della beat generation, polarizzata tra San Francisco e il Greenwich Village di New York. Fedele a un sistematico sperimentalismo nella vita e nell'arte, G. compì numerosi viaggi (Messico, Europa, Amazzonia, Tangeri, Vietnam, India, Giappone, ecc.), dando frequenti letture pubbliche dei suoi versi, e si accostò sempre più alla filosofia buddista. La sua poesia, che voleva essere una rappresentazione obiettiva di sensazioni ed esperienze e una denuncia del fallimento dell'ottimismo americano, portava alle estreme conseguenze lo sperimentalismo formale di W. Whitman. Tra le sue raccolte di versi si ricordano: Empty mirror: early poems (1961); Kaddish and other poems, 1958-1960 (1961); Reality sandwiches: poems 1953-1960 (1963); Planet news: poems 1961-1964 (1968); Some Mantras (1969); The fall of America: poems of these States, 1965-1971 (1972); Iron horse (1974); First blues: rags, ballads and harmonium songs, 1971-1974 (1975); Sad dust glories (1975); Mind breaths: poems 1972-1977 (1978); Plutonian ode and other poems, 1977-1980 (1981); la raccolta complessiva Collected poems: 1947-1980 (1984). Accanto all'interesse per le filosofie orientali, sfociato nella conversione al buddismo, vanno ricordati la sua passione per la fotografia (Snapshot poetics. A photographic memoir of the beat era, 1989; Poem, interview, photographs, 1994) e l'intimo rapporto con la musica, assunta da G. come parte integrante della sua poesia, dal mantra cantilenato nelle letture pubbliche alle registrazioni su disco (The lion for real, 1989; Hydrogen jukebox, con P. Glass, 1993; The ballad of the skeletons, 1996).Tra le raccolte che hanno arricchito la sua produzione poetica si ricordano White shroud: poems 1980-1985 (1986), Cosmopolitan greetings: poems 1986-1992 (1994; trad. it. 1996), nonché il volume antologico Selected poems 1947-1995 (1996; trad. it. Papà respiro addio. Poesie scelte, 1947-1995, 1997). Postumi la raccolta di interviste Spontaneous mind: selected interviews 1958-1996 (a cura D. Carter, con una prefazione di V. Havel, 2001) e il volume che riunisce la corrispondenza tra G. e il padre, Family business: selected letters between father and son (a cura di M. Schumacher, 2001): le lettere ivi raccolte vanno dal 1944 al 1976, anno della morte del padre di G., Louis, anch'egli poeta. [Fonte: Treccani, ed. 2010]