Uscirà dal Senato il testo legislativo sul ''testamento biologico'' prima che politica si prenda la sua pausa estiva?
Nella prima settimana di giugno siamo venuti a sapere che dopo ben 8 mesi di discussione, 49 audizioni parlamentari, svariati ''la facciamo sì-no-forse'', ''è una priorità per gli italiani sì-no-forse'' e gli interventi della Cei e del Papa, la proposta di legge sul ''testamento biologico'' (uno dei punti del programma del governo Prodi) stava per iniziare il suo iter parlamentare al Senato, il ramo del Parlamento più a rischio (e più difficile) per la maggioranza per i motivi risaputi: i numeri esigui.
L'obiettivo, come ha detto più volte il presidente della Commissione Sanità, Ignazio Marino (Ds), ''è arrivare al voto in aula del Senato prima della pausa estiva'', impegno che il senatore, noto chirurgo specializzato in trapianti, condivide con il presidente del Senato Franco Marini.
Le proposte presentate girano intorno ad un punto fondamentale: evitare l'accanimento terapeutico, ossia quella condizione che costringe una persona a continuare a vivere solo grazie alle macchine pur non avendo più una prospettiva di vita, quindi l'accanimento contro la dignità della persona.
Non essendo stato possibile arrivare a due ddl, una per la maggioranza e uno per l'opposizione, si sono presentate allora otto proposte: cinque sono quelle maggioranza; tre quelle dell'opposizione.
''Noi lavoriamo per un testo unico - ha premesso il vicepresidente della Commissione Sanità, Giampaolo Silvestri (Verdi) - ma abbiamo voluto distinguerci e mettere i puntini sulle "i" perché non vorremmo mai che venisse fuori un testo che peggiora la situazione attuale, quella definita dell'articolo 32 della Costituzione, e che finirebbe per garantire ancora meno la libertà del malato''.
L'obiettivo è stabilire con una legge la possibilità di autodeterminazione del paziente, rispetto alla cure mediche, anche quando non è in grado di intendere e di volere e di riconoscere il diritto di ciascuno alla dignità della vita e alla fine della vita quando non è più tale.
Si tratta, dunque, di legiferare muovendosi tra due estremi: se e quando si possa parlare di ''fine della vita''; fino a che punto si possa far valere ''il diritto di esprimere in anticipo'' la propria volontà sui trattamenti sanitari e sulla loro interruzione. Il punto di partenza per tutti i disegni di legge è la Costituzione che stabilisce il diritto alla salute ma al tempo stesso dice che ''nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge e la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana''.
Comunque, tra le proposte esistono dei principi condivisi da tutti i ddl, a prescindere dallo schieramento politico. In questi caso, infatti, lo scontro non è tra destra e sinistra, ma tra laici e cattolici dei due schieramenti, soprattutto interno al centrosinistra.
Sono quattro i punti sui quali c'è accordo generalizzato: 1) No all'accanimento terapeutico. 2) Il malato può - e non è obbligato a farlo - indicare in anticipo le cure accettate o rifiutate per quando non sarà più in grado di intendere o di volere. 3) Nominare un fiduciario che sarà notaio e anche interprete del volere del paziente che non può più decidere. 4) Il cittadino-paziente può modificare le volontà del testamento biologico in ogni momento.
I punti più discussi invece sono: 1) La possibilità di interrompere l'alimentazione forzata e l'idratazione. E' il più ostico. Le audizioni con medici e tecnici hanno convinto la maggioranza laica che alimentazione e idratazione sono terapie e quindi possono essere interrotte. Muro delle teodem Binetti e Baio Dossi che aggirano così la questione: bere e mangiare non sono terapie e quindi non è possibile scegliere di interromperle. 2) Ruolo e poteri del fiduciario e del medico. Se sono in conflitto, chi è il soggetto terzo e neutro che decide? Il giudice o il Comitato etico dell'ospedale? 3) L'obbligo per il medico di rispettare la volontà espressa in anticipo del paziente (ma una mediazione si sta formando intorno alla possibilità dell'obiezione di coscienza); 4) A chi spetta decidere quando le cure sconfinano nell'accanimento terapeutico?
Come detto, le maggiori spaccature sono quelle della maggioranza, situazione oramai assodata quando di mezzo ci sono temi etici sui quali laici e cattolici hanno punti di vista diversi. ''Questo dibattito misurerà in maniera definitiva quanto dna laico c'è nel partito democratico'', ha detto Silvestri alla vigilia dell'approdo al Senato delle proposte. Tra i cinque ddl della maggioranza il testo di riferimento è quello che porta la firma di Marino e della capogruppo dell'Ulivo Anna Finocchiaro. I punti cardine sono questi: per il malato grave in stato terminale non si staccano spine e non ci sono iniezioni letali, in nessun modo - quindi - si può parlare di eutanasia. Se però un malato è in fin di vita e non ha alcuna possibilità di recupero della coscienza, è possibile - grazie alle dichiarazioni anticipate del cittadino affidate a un proprio fiduciario quando era in piena coscienza e modificabili dall'interessato in ogni momento - chiedere che non venga attuato l'accanimento terapeutico. Ad esempio, anche interrompere l'alimentazione forzata e l'idratazione.
Su posizioni opposte il testo delle teodem Binetti e Baio Dossi che restano ''contrarie all'accanimento terapeutico'' ma insistono sul fatto che ''non si possono interrompere le funzioni basiche'' come alimentazione e idratazione. Due ddl separati portano la firma dei diessini Giorgio Benvenuto e Anna Maria Carloni. Un ddl personale anche per Verdi e Rifondazione.
Per adesso, ancora si attende, mentre la pausa estiva si va avvicinando sempre di più. Speriamo che il tutto non si risolva con l'ennesimo ''accanimento politico'', né tanto meno che qualcuno ''stacchi la spina'' dell'interessamento politico e laico per un tema tanto importante.