Ustica, 24 anni dopo
Sulla rotta del DC9 dell'Itavia, inabissatosi nel mare di Ustica, c'era un altro aereo e l'Aeronautica non ne parlò
In questi giorni sono state depositate le motivazioni della sentenza della corte d'Assise di Roma, che nell'aprile scorso ha assolto i generali dell'Aeronautica militare Zeno Tascio e Corrado Melillola e ha condannato per il reato di turbativa i generali Lamberto Bartolucci e Franco Ferri (reato che nel frattempo è caduto in prescrizione), nel processo sulla strage di Ustica.
Dalle motivazioni emerge chiaramente che i vertici dell'Aeronautica Militare non comunicando i dati dei risultati dell'analisi del tracciato radar Marconi, che parlava della presenza di almeno un altro aereo non identificato nei pressi del Dc9 Itavia, e di una nota nella quale si faceva riferimento al possibile ruolo nel disastro di altri aerei, ostacolarono l'attività del Governo.
In pratica non informarono il governo su quanto realmente accaduto quella sera del 27 giugno 1980 nei cieli di Ustica.
In quasi 600 pagine il collegio presieduto da Giovanni Muscarà ricostruisce i 24 anni di quello che rimane uno dei più inquietanti misteri della storia italiana. Mistero che ha trovato sbocco in un processo, durato più di tre anni, non sulle cause dell'inabissamento del Dc9 Itavia, ma sul ''muro di gomma'' che, per l'accusa, ha impedito di risalire alla verità.
Questa attività di omissione, tuttavia, non precluse l'esercizio delle prerogative ministeriali, per questi motivi la terza Corte di assise di Roma, ha assolto ad aprile i quattro generali dell'Aeronautica. Turbamento delle prerogative del Governo e non impedimento delle stesse. In base a questa valutazione giuridica dei fatti - si legge nelle motivazioni - è scattata la prescrizione.
Ma quel velivolo del tracciato radar occultato, non era il Mig libico trovato sulla Sila nel luglio del 1980. Per i giudici della terza corte di assise di Roma, non è assolutamente sostenibile l'ipotesi che il Mig libico sia precipitato la sera in cui si inabissò, al largo di Ustica, il Dc9 dell'Itavia con 81 passeggeri a bordo. Come è da escludere, così come indicato dalla consulenza medico-legale di Giusto Giusti, che il cadavere del pilota del velivolo libico si trovasse sul luogo del ritrovamento da 20 giorni e che non vi è alcuna prova che l'aereo militare sia caduto prima del 18 luglio, data ufficiale dell'incidente.
Le argomentazioni del collegio presieduto da Muscarà recepiscono in pieno le conclusioni dei pubblici ministeri Maria Monteleone ed Erminio Amelio. Gli stessi giudici riconoscono, peraltro, che è esistito un testamento del pilota, un'annotazione in lingua araba su un foglietto di carta bruciacchiato, in cui veniva descritto l'abbattimento di un velivolo, ma che, come sottolineato dagli stessi pm, è ''stato fatto sparire''.
Le odierne motivazioni della sentenza della Corte d'Assise di Roma per la strage di Ustica ''ribadiscono che ad opera dei vertici dell'Aeronautica militare è stato commesso il reato di alto tradimento in quanto, avendo dati sulla presenza di altri aerei attorno al Dc9 Itavia 'inequivocabilmente significativi', decisero di non trasmetterli al governo. In questo modo ne ostacolarono l'attività''. E' il commento della senatrice Ds Daria Bonfietti, presidente dell'Associazione parenti vittime della strage. ''Va inoltre sottolineato - aggiunge Bonfietti - che la stessa Corte ha rilevato una forte determinazione a orientare nel senso voluto dallo Stato Maggiore dell'aeronautica le indagini a qualsiasi livello svolte su Ustica. Questo è il dato centrale che oggi emerge da una prima lettura e che si deve sottolineare perché conferma l'impianto accusatorio e perché conferma quanto l'Associazione dei parenti delle vittime ha sempre sostenuto, e cioè che nell'immediatezza dell'evento tutto è stato noto ai militari che in ogni modo hanno ostacolato il corso delle indagini''.
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