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Vacanze, escort e soldi...

Ecco come Cosa nostra corrompeva i funzionari del Monopolio e curava il suo nuovo e redditizio business

25 maggio 2011

Questa mattina all'alba una vasta operazione della Direzione Investigativa Antimafia di Palermo ha portato all'arresto di numerose persone per corruzione aggravata. Tra le persone arrestate  anche alcuni dirigenti e funzionari dell'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.
Dietro all'illecito c'è Cosa nostra che per realizzare al meglio il nuovo business delle sale da gioco e dei centri scommesse, corrompeva funzionari dei Monopoli di Stato per ottenere in tempi rapidi concessioni e licenze.

In carcere, tra gli altri, sono finiti l'ex direttore dell'agenzia dei Monopoli siciliani, attualmente responsabile delle sedi di Campania e Sardegna, Nicola Andreozzi, il vicedirettore della sede siciliana, Salvatore Magno e un dipendente, Giovanni Polizzi, assessore all'Urbanistica del Comune di Giardinello (Palermo).
In manette anche una donna, Maria Franca Simula, impiegata alla direzione Nazionale dei Monopoli. La Simula nel 2003 è stata insignita del titolo di Cavaliere della Repubblica.
Secondo gli investigatori per accelerare le pratiche per le concessioni di sale giochi i prestanome dei boss "offrivano" ad alcuni funzionari vacanze, escort e cene. La corruzione funzionava anche per conoscere in anticipo i controlli che i Monopoli avevano intenzione di fare: i funzionari corrotti in cambio di una cena o di elettrodomestici, facevano sapere ai titolari dei centri che stavano per scattare gli accertamenti. Oltre a favori e regali i funzionari avrebbero ottenuto, anche da prestanomi di Cosa Nostra, somme di denaro: Giovanni Polizzi, ad essempio, in meno di un anno avrebbe intascato tangenti per oltre 40 mila euro. I soldi sarebbero stati accreditati su conti segreti tramite bonifici.
Tra i corruttori l'imprenditore Michele Spina, titolare della Primal, una società catanese aggiudicataria di 24 sale giochi e 71 punti Snai: secondo gli investigatori dietro Spina ci sarebbe Sebastiano Scuto, proprietario di una serie di supermercati condannato per associazione mafiosa.
Ai domiciliari, invece, è finito Francesco Casarubea, ex amministratore della sala bingo Las Vegas di Palermo (una delle più grandi d’Europa), confiscata dagli inquirenti nel 2008 in un'indagine sul riciclaggio di denaro da parte della mafia (LEGGI).
Proprio quest'ultimo avrebbe chiesto tanti favori.
Arresti domiciliari anche per Francesco Perret (titolare della sala giochi Bin Bingo di Palermo), Antonino Pirri (gestore di Formula Bingo, a Palermo), Francesco Paolo Cataldo e Charles Maenza, che puntavano a una licenza per aprire delle rivendite di tabacchi in provincia di Palermo.

La rete della corruzione non concedeva sconti. Una volta, un imprenditore legato ai boss di Partinico rischiò addirittura di veder vanificato il progetto di aprire una rivendita di tabacchi solo perché una delle due escort ingaggiate non era arrivata in tempo all'appuntamento con due funzionari dei Monopoli. Ci pensò la collega a rimediare in extremis: "Non vi preoccupate - assicurò al telefono - io faccio per dieci. Voi problemi non ne dovete avere, sta a me mettervi a vostro agio. L’imbarazzo ve lo sciolgo io". E non sospettava affatto che la Dia stava intercettando ogni parola. Anche quelle dei due funzionari, che qualche ora dopo commentarono al telefono soddisfatti l’incontro a tre: "Fatti una bella lavata col sapone, mi sento ancora l’odore di questa addosso", disse uno. E l'altro rideva: "Complimenti, hai un bel culetto".

L'inchiesta, che ha potuto contare su numerose intercettazioni ambientali e telefoniche, è stata coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e dal pm Sergio De Montis.
"La nuova mafia è una mafia degli affari e cerca settori attraverso i quali riciclare il denaro illecito: i giochi e il bingo si prestano a questo obiettivo e hanno un potenziale, da questo punto di vista, molto elevato" ha detto il Procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia commentando l'operazione della Dia. Ingroia e il Procuratore di Palermo Francesco Messineo hanno puntato il dito contro "la scarsa capacità dell'amministrazione di esercitare controlli al suo interno che impedirebbero formazioni di aggregazioni illecite". Dunque, l'indagine di oggi "dimostra la permeabilità della pubblica amministrazione", ha aggiunto Ingroia. "Quando la pubblica amministrazione dovrebbe controllare l'attività di privati, che non ci siano infiltrazioni mafiose, invece c'è la corruzione, il cedimento, e l'infiltrazione - aggiunge Ingroia - e questo ci preoccupa, vuol dire che i controlli amministrativi non tengono adeguatamente e su questo non tocca sempre alla magistratura intervenire, ma spetta alla politica fare delle riforme".

I dieci arresti eseguiti all'alba di oggi "fanno emergere un esempio di malcostume amministrativo nella pubblica amministrazione e sospetto che non sia un'attività sporadica ma che sia solo la punta di un iceberg". Ne è convinto il procuratore Messineo, che ha coordinato l'indagine. L'inchiesta "ha svelato attività illecite e complicità nel settore delle sale giochi che è di grande interesse per la criminalità organizzata". L'indagine "ha permesso di scoprire attività illecite" e "getta un fascio di luce inquietante in un settore importante. É stata dimostrata, inoltre, ancora una volta l'importanza delle intercettazioni telefoniche e ambientali. Sono uno strumento essenziale dell'indagine". Per Messineo, infine, "le intercettazioni sono a volte uno strumento insostituibile, come in questo caso, senza le quali non avremmo avuto questi esiti".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa, Rainews24]

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25 maggio 2011
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