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Valle del Belice, 44 anni dopo

E' trascorsa una vita dalla tragedia del terremoto e la ricostruzione non è ancora ultimata: mancano ancora 433 milioni di euro

16 gennaio 2012

Nella notte tra il 14 ed il 15 gennaio del 1968, un terremoto di magnitudo 6.1, devastò la Valle del Belice, provocando 370 morti ed un migliaio di feriti. Tra i 14 centri colpiti dal sisma - nelle province di Trapani, Agrigento e Palermo - vi furono paesi completamente distrutti: Gibellina, Poggioreale, Salaparuta e Montevago. Circa 70 mila i senzatetto. Il sisma mise in ginocchio Menfi, Partanna, Camporeale, Chiusa Sclafani, Contessa Entellina, Sambuca di Sicilia, Sciacca, Santa Ninfa, Salemi, Vita, Calatafimi, Santa Margherita del Belice.

A 44 anni dall'immane tragedia, potrà sembrare incredibile, la ricostruzione non è ancora ultimata: mancano 133 milioni di euro per le opere pubbliche e 300 milioni per l'edilizia privata. Il fabbisogno per le opere pubbliche è stato definitivamente individuato nel 2008 quando il coordinamento dei sindaci concordò con il ministero delle Infrastrutture l'elenco definitivo dei lavori da completare. Un documento che rispecchia il reale fabbisogno del territorio, per completare le incompiute. Ma ancora oggi il nocciolo del problema è racchiuso nella mancanza di fondi; i sindaci del Belice, stanchi di questuare a Roma, quest'anno, hanno deciso di non promuovere alcuna manifestazione nella capitale.
Sabato e ieri si sono svolti incontri e momenti di commemorazione nei vari centri della Valle. Il coordinatore dei sindaci della Valle del Belice, Nicola Catania, ricorda, ancora una volta, che "da uno studio comparativo tra il terremoto del Belice e quello del Friuli del 1976 (equivalenti per danni e superficie interessata) effettuato dalla Ragioneria dello Stato, si evince che a somme rivalutate fino al 30 settembre 1995, il Belice ha avuto 12 mila miliardi di lire ed il Friuli 29 mila". Ma il dato che più amareggia è quello demografico: sempre più giovani lasciano il Belice per emigrare e nei paesi prevale la popolazione adulta e gli anziani.

La testimonianza di una sopravvissuta - "Quella notte di 44 anni fa sono morta e resuscitata. Ho iniziato una nuova vita, ma porterò con me per sempre i segni di un trauma che non si supera mai". Elisa Sanfilippo è una dei sopravvissuti del terremoto del Belice, il sisma che nel 1968 sconvolse una vasta area della Sicilia occidentale compresa tra le province di Agrigento, Trapani e Palermo. Dalle 13.29 di domenica 14 gennaio alle 23.20 di lunedi' 15, sedici violente scosse misero in ginocchio i centri della valle, cambiando per sempre non solo il volto di quella parte dell'Isola, ma le vite di migliaia di persone.
A distanza di 44 anni da quel dramma le cicatrici sono ancora ben visibili. Lo sono nei paesi sventrati, fatti di ruderi e pianto, che raccontano esistenze spezzate dalla furia del sisma, ma anche nei racconti di chi in quell'inferno di urla e polvere che toglie il respiro è riuscito a sopravvivere. "Di tredici persone che erano con me quella sera - racconta Elisa Sanfilippo - sono viva solo io. Sono rimasta sotto le macerie 36 ore: un'eternità. Ho pensato che non ce l'avrei fatta, che sarei morta, sentivo le urla di chi era con me, i lamenti, le richieste d'aiuto, la disperazione. Ho pregato tantissimo". Il terremoto le ha portato via tutto: la madre, il padre, il fratello Mario, 25enne, e la sorella Lucia, 17 anni ancora da compiere. Le ha lasciato un peso nell'anima, uno strazio che si rinnova puntuale al ricordo.

"Io avevo 22 anni - dice -. Quella mattina era trascorsa nella routine, all'ora di pranzo, però, avevo avvertito un lieve capogiro e avevo sentito tremare i vetri. Qualcuno in paese, a Partanna (TP), sussurrava che c'era stato il terremoto, ma la gente era tranquilla, nessuno aveva realmente compreso la gravità della situazione. La sera mio fratello e la sua fidanzata mi chiesero di andare al cinema con loro e io, nonostante avessi paura, mi feci forza e li seguii. La sala era piena e all'uscita nel corso del paese c'erano tantissime persone". "Qualcuno suggerì di andare a dormire in campagna per stare più al sicuro - dice ancora Elisa -. E così con la mia famiglia, ad eccezione di mia sorella Mimma, appena sposata, che non volle seguirci, ci recammo in un casolare tra Partanna e Salaparuta. Una stanza fredda con un tavolo e poche sedie, che fu la nostra trappola".
In quel magazzino Elisa Sanfilippo rimase appena un'ora, poi sotto i colpi del terremoto la struttura si sbriciolò, seppellendo 13 persone. "Sentii un gran boato - ricorda - poi vidi solo polvere e buio. Mi trovai rannicchiata sotto le macerie, con piedi e mani bloccati, cercai di liberarmi, chiesi aiuto. Le scosse successive resero sempre più angusta la mia 'prigione'".

Sepolta viva per trentasei ore. Quando i vigili del fuoco la estrassero dalla macerie ancora viva, unica sopravvissuta, parve un miracolo. "Ricordo solo che mi hanno imbracato - dice -. Bisognava fare attenzione perché c'era il pericolo che venisse giù tutto. Ho detto loro che non mi ero fatta niente, ma per mesi non ricordai nulla della tragedia. Pensavo di essere scappata di casa e che per il disonore i miei genitori mi avessero abbandonata e non venissero a trovarmi". Lo choc le cancellò la memoria, ma l'orrore riaffiorò con i mesi.
"Quando iniziai a sentirmi meglio - racconta - chiesi notizie dei miei genitori, dei miei fratelli, ma mi dissero che erano ricoverati a Palermo, che non potevano essere spostati perché le loro condizioni di salute non lo consentivano. Persino mia sorella Mimma, che quella notte si salvò rimanendo a casa sua, tacque. I medici le dissero che era meglio non dirmi niente e così quando mi veniva a trovare toglieva i vestiti a lutto e ne indossava di colorati. Solo dopo quattro mesi il cappellano mi raccontò tutto".
Elisa Sanfilippo rimase ricoverata per dieci mesi nell'ospedale di Trapani, poi fu trasferita a Firenze, dove restò dal 21 novembre al 13 aprile del 1969. Un lungo calvario, durante il quale, però, "non mi sono sentita mai sola, grazie ai tanti volontari, a chi ogni giorno mi ha regalato un sorriso, una carezza. Per molti mesi dopo la tragedia che ha sconvolto la mia vita - ammette - non mi sono guardata allo specchio. Il mio volto era trasfigurato e i soccorritori dissero che mi sarebbero rimaste solo poche ore di vita sotto i detriti. E' stato un miracolo, non saprei come altro definirlo".

I suoi angeli custodi, i vigili del fuoco che l'hanno tirata fuori dalla macerie, Elisa li ha rincontrati dopo parecchi anni. In tv ai 'Fatti vostri' con Giancarlo Magalli nel 1996. "Per due giorni dopo quell'incontro che mi lasciò pietrificata - dice - non ho potuto smettere di piangere, ho provato una fitta al cuore. Le immagini dei paesi cancellati dal sisma e una mia foto d'allora in ospedale con il volto irriconoscibile mi lasciarono pietrificata. Ripiombai in quell'incubo, provai la stessa paura di quella terribile notte".

[Informazioni tratte da Repubblica/Palermo, Adnkronos/Ign]

 

 

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16 gennaio 2012
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