Vent'anni fa la strage di Via D'Amelio
"Siamo nella stanza della verità. Pensavamo di trovare una stanza illuminata, invece era buia"
Sulle stragi mafiose del '92 "abbiamo finalmente varcato l'anticamera della verità, ora siamo entrati nella stanza della verità. Pensavamo, però, di trovare una stanza illuminata, invece era buia. Qualcuno aveva sbarrato le finestre e qualcuno aveva fulminato le lampadine. Siamo da soli e con le candele".
Sono le parole del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia pronunciate ieri sera a Palermo alla commemorazione di Paolo Borsellino nel ventennale della strage di via D'Amelio.
"Leggendo in questi giorni i giornali - ha aggiunto - con commenti illustri di giuristi, giornalisti e politici, ho notato che nessuno purtroppo vuole illuminare quella stanza buia della verità". Sempre durante il suo intervento, più volte interrotto dagli applausi, Ingroia ha ribadito: "c'è il perpetuarsi dell'allergia alla verità. Da parte della politica non è mai stato fatto un passo avanti per l'accertamento della verità". E ancora: "Vogliamo che nessuno dica alla magistratura di fare passi indietro sull'accertamento della verità". "Per accertare la verità sulla strage di Borsellino prima ancora che domandarci chi uccise Paolo dobbiamo interrogarci sul perché Paolo è stato ucciso", ha detto ancora Antonio Ingroia. "Era questa la stessa domanda che Borsellino si poneva a pochi giorni dalla morte dell'amico e collega Giovanni Falcone - ha detto - In tutti noi che al tempo eravamo lì in via d'Amelio c'era la consapevolezza che c'era qualcosa di anomalo in quella strage, di quasi unico che non si spiega solo con il fatto che Paolo era un nemico giurato di Cosa Nostra".
Poi il procuratore aggiunto di Palermo ha continuato: "Vent'anni sono tanti e troppi perché si accerti la verità su un fatto del genere".
"Quest’anno non sono qui per Paolo, ma perché ci sono dei giudici vivi da proteggere. Sono qui per questi magistrati. Li vogliamo vivi, non li vogliamo piangere. Vogliamo dei magistrati che indaghino e trovino la verità, e non permetteremo che nessuno si ponga come ostacolo alla ricerca di questa verità e giustizia, fosse anche il presidente della Repubblica", ha detto invece Salvatore Borsellino a conclusione della conferenza "Trattative e depistaggi" di Antimafia Duemila a Palermo. E un coro di voci si è alzata per gridare 'Paolo vive'.
E a Palermo, per ricordare Paolo Borsellino sono arrivati da tutta Italia. E, come ogni anno, a simbolo della loro battaglia per la ricerca della verità sulla strage di via D'Amelio, hanno scelto l'agenda rossa, il diario del magistrato, scomparsa misteriosamente subito dopo l'attentato.
Con il presidio delle Agende rosse - che nel corso di un corteo ieri hanno contestato il presidente Napolitano manifestando solidarietà ai Pm di Palermo che indagano sulla trattativa - hanno preso il via le iniziative per ricordare, nel ventennale, l'eccidio di via D'Amelio.
"Quando ci sono state le stragi del '92 - racconta Marco, milanese - avevo 18 anni. Mi è sembrato giusto mostrare una reazione civile. Purtroppo il lavoro dei pm è molto difficile perché hanno a che fare anche con tanti condizionamenti".
Al giudice ucciso il Comune intitolerà l'atrio della biblioteca di Palermo, mentre a tutti quelli nati il 19 luglio del 1992 a Palermo l'amministrazione ha regalato dei block notes con l'elenco di tutte le vittime della mafia dal 1893 a oggi. Sempre per ricordare l'eccidio in cui morirono anche gli agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, le agende rosse hanno "scalato" il monte Pellegrino per raggiungere il castello Utveggio, luogo da cui si pensava fino a qualche tempo fa fosse partito il segnale per azionare la bomba.
"Il castello Utveggio - ha spiegato Salvatore Borsellino, ideatore del movimento delle agende rosse - è un simbolo visto che sicuramente lì c'era un centro del Sisde. Da lì qualcuno avrà visto la colonna di fumo il 19 luglio 1992 e avrà comunicato a chi di dovere che l'attentato era andato a buon fine".
Per le vie della città, intanto, si snodava il lungo cordone degli scout, organizzato dall'Agesci, dalla Magione a piazza San Domenico, dove il figlio di Borsellino, Manfredi, che oggi fa il commissario di polizia, non è riuscito a trattenere le lacrime mentre leggeva il discorso pronunciato vent'anni fa dal padre in quella stessa basilica per ricordare Giovanni Falcone.
Le iniziative culmineranno oggi, anniversario della strage, in via D'Amelio dove un albero d'ulivo raccoglie i messaggi e le testimonianze di solidarietà portate negli anni. Quell'albero e quel luogo, però, secondo la famiglia Borsellino non devono "essere meta di rappresentanti delle istituzioni venuti a portare corone di fiori. Vogliamo che ci siano persone che scelgono di fare memoria".
Polemiche che non sono passate inosservate, tanto che Gianfranco Fini, presidente della Camera, farà visita solo in forma privata.
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it]