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Venti giorni alla deriva

Partiti dalla Libia in 78 a Lampedusa sono arrivati solo in cinque. L'ennesima odissea mediterranea

24 agosto 2009

"Siamo stati alla deriva per più di venti giorni, abbiamo incrociato almeno dieci imbarcazioni, ma solamente un pescatore si è fermato per darci cibo e acqua. Eravamo partiti in 78, siamo arrivati in cinque. Gli altri sono morti e abbiamo gettato i corpi in mare".
Sono queste le parole con le quali Habeton, 17 anni, ha raccontato la terribile odissea vissuta con i suoi compagni di sventura. Habeton insieme alle altre 78 persone, per lo più eritree e in minima parte etiopi, sarebbero partite da Tripoli il 28 luglio scorso, a bordo di un gommone di 12 metri. Dopo 6 giorni di viaggio però erano terminati cibo, acqua, benzina e i cellulari erano ormai scarichi. L'imbarcazione avrebbe proseguito dunque spinta dal vento e priva di rotta. Le persone avrebbero cominciato a morire e man mano che morivano venivano gettate in mare. Nel corso del drammatico viaggio almeno 10 le imbarcazioni che sarebbero state incrociate a cui è stato richiesto aiuto ma inutilmente. Solo lunedì, o martedì scorso i superstiti hanno detto di avere incrociato un pescatore che ha dato loro acqua e cibo. Alla fine è stata una motovedetta della Guardia di finanza a salvarli dal mare e li ha portarti a Lampedusa.
Il racconto di Habeton è stato ritenuto attendibile dalle organizzazioni umanitarie mentre il Viminale ha espresso dubbi e perplessità. Lo scorso giovedì le autorità maltesi hanno informato di avere avvistato nei giorni precedenti sette cadaveri, ma di non averli recuperati perchè in acque libiche. Segnalazione, quella di Malta, arrivata solo quando i migranti si trovavano a circa 19 miglia dall'isola, al confine con le acque di competenza italiana.

La Procura di Agrigento ha aperto un'inchiesta per verificare il racconto dei cinque sopravvissuti, mentre il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha chiesto una relazione al prefetto di Agrigento. L'obiettivo, ha spiegato la portavoce Isabella Votino "è sapere come si sono svolti i fatti, perchè la vicenda presenta aspetti da chiarire e la versione fornita dai migranti è da verificare" in quanto sarebbero emersi elementi che contrastano con quanto riportato dai supersiti. Secondo quanto si è appreso da fonti del Viminale, dai perlustramenti navali e aerei fatti la scorsa settimana nel Canale di Sicilia non sarebbero stati avvistati cadaveri, a parte i quattro recuperati da Malta. Inoltre, altro elemento discordante, secondo il Viminale, i cinque eritrei arrivati a Lampedusa non presentavano segni così evidenti di persone che hanno passato in mare 20-25 giorni come hanno invece affermato. Gli operatori umanitari che hanno accolto i migranti sul molo di Lampedusa hanno hanno detto di aver ricevuto cinque persone - una donna, due uomini e due minorenni - in precarie condizioni fisiche: "I loro corpi - hanno detto gli operatori - erano ridotti a uno scheletro". "La donna sembrava un fantasma - hanno aggiunto -, gli occhi persi nel vuoto. Ricordava Fatima, la ragazza somala che raccogliemmo da un barcone convinti che ormai fosse morta".

I cinque sopravvissuti, intanto, rischiano l'incriminazione per immigrazione clandestina. Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Agrigento, Renato Di Natale. L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha chiesto che sia fatta chiarezza su quanto accaduto nel Mediterraneo e che la magistratura individui le responsabilità e non le lasci impunite. "Riteniamo - ha affermato la portavoce, Laura Boldrini - che sia necessario far chiarezza sulle responsabilità e ci auguriamo che la magistratura proceda in questo senso. È importante che non passi il principio dell'impunità, cioè che il Mediterraneo sia diventato una sorta di terra di nessuno". Quanto all'eventualità che i cinque sopravvissuti vengano incriminati per immigrazione clandestina, l'Unhcr ricorda che "anche in base alle nuove normative del pacchetto di sicurezza, il reato di clandestinità è sospeso per i richiedenti asilo e normalmente la quasi totalità degli eritrei che arrivano in Italia via mare fa domanda d'asilo". Invece, ha concluso Boldrini, "vista l'esperienza drammatica vissuta dai cinque eritrei sarebbe auspicabile un loro trasferimento in una struttura in cui possa essere fornita assistenza psicologica come avviene per le vittime di disastri naturali".
"La Guardia di finanza e la polizia stanno svolgendo una serie di accertamenti, anche sui giubbotti di salvataggio trovati a bordo del gommone - ha spiegato il procuratore Di Natale -. Si tratta comunque di una vicenda giudiziaria complessa. Dobbiamo anche valutare l'iscrizione nel registro degli indagati dei cinque eritrei: in base alle norme del decreto sulla sicurezza devono infatti rispondere di immigrazione clandestina, anche se sono nelle condizioni di fare richiesta d'asilo perché riconosciuti cittadini bisognosi di protezione". Il procuratore non ha escluso poi una formulazione di accusa contro Malta: "Stiamo valutando il racconto dei naufraghi: se dovesse trovare conferma non escludiamo una possibile rogatoria internazionale con Malta per l'ipotesi di omissione di soccorso". Infatti, i cinque eritrei sopravvissuti hanno raccontato di essere stati avvicinati dai militari maltesi che gli hanno "consigliato" di proseguire la navigazione verso Lampedusa "secondo gli obblighi internazionali di Malta", ha precisato un portavoce del governo maltese. Dopo essere state chiamate in causa, le autorità maltesi hanno confermato di aver incrociato il gommone già martedì scorso accusando però i cinque sopravvissuti di avere raccontato un "sacco di bugie". Secondo i maltesi, gli immigrati hanno "rifiutato" di essere trasbordati sulla loro motovedetta e godevano di "ottima salute".
Ma la versione dei cinque eritrei è un'altra: "S'è avvicinata la nave militare maltese, chiedevamo aiuto sperando che ci salvassero. Invece quei soldati ci hanno dato giubbotti salvagenti, acqua ed un po' di pane. Poi hanno fatto ripartire il motore dicendoci di proseguire verso nord est, verso Lampedusa", hanno raccontato.
 
Intanto ieri i cinque eritrei hanno lasciato Lampedusa. Sabato sera due migranti, un uomo e una donna le cui condizioni di salute erano subito apparse più gravi, sono stati trasferiti con una eliambulanza del 118 nell'ospedale Cervello di Palermo. Ieri mattina gli ultimi tre, due dei quali hanno 17 anni, sono stati imbarcati sul traghetto di linea diretto a Porto Empedocle. I due minorenni saranno accompagnati in una comunità protetta, il terzo immigrato in un centro di accoglienza. Quasi certamente i cinque profughi avanzeranno richiesta d'asilo, come la maggior parte degli eritrei giunti in Italia via mare. Una procedura che dovrebbe sospendere automaticamente il rischio di un possibile arresto per immigrazione clandestina, come prevede il decreto sicurezza.
E mentre il numero dei cadaveri avvistati nel Canale di Sicilia è aumentato a nove, le ricerche in mare di altri corpi proseguono.

Stabilire il punto esatto nel quale la motovedetta maltese ha incrociato i profughi - La Procura di Agrigento ha ricevuto questa mattina dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia le prime informative sulla vicenda. I magistrati agrigentini hanno aperto un'inchiesta per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e omicidio colposo plurimo. L'indagine è ancora a carico di ignoti. Gli inquirenti stanno valutando, inoltre, la condotta della forze armate maltesi che, secondo il racconto dei superstiti, avrebbero incrociato il gommone e dato agli eritrei il carburante per proseguire la traversata. A carico delle autorità de La Valletta, tenute, secondo quanto prevede il codice internazionale della navigazione, a prestare soccorso a chi si trova in difficoltà in mare, potrebbe ipotizzarsi il reato di omissione di soccorso.
Ma il nodo centrale della vicenda ruota tutto attorno alla competenza territoriale sull'indagine. Fermo restando l'obbligo del soccorso, la Procura sta cercando di capire in quale punto la motovedetta maltese abbia incrociato gli eritrei: se, cioè, in acque maltesi e in questo caso sulla vicenda dovrebbe indagare la magistratura de La Valletta; o se in acque internazionali. "Allora - spiega il procuratore Renato Di Natale - sarebbe ancora più complesso stabilire l'autorità giudiziaria titolare dell'indagine".
Le autorità di Malta, secondo le quali gli eritrei al momento dell'incontro con la motovedetta erano in buone condizioni di salute, hanno fatto sapere che il gommone sarebbe stato intercettato in acque libiche. "Ciò - commenta Di Natale - non significa comunque che, se i supersiti erano in difficoltà e stavano male, i maltesi non dovessero prestare soccorso".

Nelle prossime ore, proprio per accertare le condizioni dei sopravvissuti e verificare nuovamente il loro racconto, i magistrati torneranno a interrogarli. Due sarebbero ancora in precario stato di salute tanto che gli inquirenti non sono ancora riusciti a sentirli. "Quella dei respingimenti è una questione tutta politica - ha concluso Di Natale - Noi potremmo valutare se ci siano degli spazi per ritenere che siano stati commessi reati - ha aggiunto il capo della Procura di Agrigento - Ma al momento non c'è nulla che ci faccia formulare un'ipotesi simile".
I cinque eritrei soccorsi sono stati iscritti nel registro degli indagati per il reato di immigrazione clandestina. "Si tratta di un atto dovuto", ha sottolineato il procuratore di Agrigento, che sabato scorso aveva annunciato il provvedimento in base alle norme del decreto sicurezza. I migranti avrebbero, però, già manifestato l'intenzione di chiedere l'asilo politico. Nel caso in cui i pm accertassero il diritto allo status di rifugiati l'inchiesta sarebbe archiviata.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, La Siciliaweb.it, Repubblica.it, Corriere.it]

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24 agosto 2009
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