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Verdetto in serata per Marcello Dell'Utri

La Cassazione si pronuncerà sulla vicenda che riguarda il senatore Pdl, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa

09 marzo 2012

È iniziata oggi, innanzi alla V sezione penale della Cassazione presieduta da Aldo Grassi, l'udienza nella quale i supremi giudici dovranno decidere se confermare o meno la condanna a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa nei confronti del senatore del Pdl, Marcello Dell'Utri.
In aula sono presenti il sostituto procuratore generale Francesco Iacoviello e i legali di Dell'Utri. Il senatore è a Milano dove attenderà, nella sua abitazione, l'esito dell'udienza. Dell'Utri è nato nel 1941 e se dovesse essere condannato non potrebbe chiedere i benefici previsti dalla legge nel caso di detenuti che abbiano compiuti i 75 anni. La decisione della Cassazione sul processo Dell'Utri dovrebbe arrivare nella giornata di oggi, probabilmente in serata, secondo quanto dicono i legali della difesa.

"Confidiamo che da parte della Cassazione ci sia un annullamento della sentenza emessa dalla Corte d'appello di Palermo: abbiamo presentato molti motivi di ricorso e siamo convinti che ricorrano tutti i presupposti per un nuovo giudizio di rinvio" ha sottolineato l'avvocato Giuseppe Di Peri che ha difeso il senatore nelle fasi di merito del processo per concorso esterno.
"La conferma della sentenza di Palermo sarebbe veramente drammatica", ha aggiunto Di Peri. Se così fosse, infatti, per Dell'Utri si aprirebbero le porte del carcere e perderebbe anche il seggio di senatore. Per questa vicenda il senatore non ha mai scontato nessuna misura di restrizione della libertà personale.

Intanto la procura generale della Cassazione nella requisitoria critica fortemente il ricorso della procura di Palermo che chiede un inasprimento di pena per Dell'Utri e chiede un nuovo processo per il senatore del Pdl. In particolare, secondo il Pg Mauro Iacoviello, nella sentenza d'appello che ha condannato Dell'Utri a 7 anni, non sarebbe precisato il 'contributo specifico dato da Dell'Utri al sistema mafioso'.
"Concediamo a Marcello Dell'Utri il ragionevole dubbio". Non come privilegio ma perché non c'è la prova che nella sua condotta il senatore Pdl abbia realizzato il concorso esterno in associazione mafiosa. E' per questa ragione che il pg della Cassazione chiedendo l'inammissibilità del ricorso della Procura di Palermo e l'accoglimento di quello della difesa di Dell'Utri, ha sollecitato ai giudici della quinta sezione penale un nuovo processo davanti alla Corte d'Appello di Palermo.
"In pratica - ha sostenuto il pg nella sua requisitoria - manca il capo di imputazione nella condotta di Dell'Utri perché secondo la Corte d'Appello si sarebbe realizzato il concorso semplice fino al 1982, poi sarebbe diventato concorso esterno fino al 1992. Che tesi è? Sareste i primi a sostenerla". In pratica, secondo la pubblica accusa di Piazza Cavour, "il concorso esterno in associazione mafiosa è diventato un reato autonomo. A questo reato non ci crede più nessuno. E non ne faccio - ha precisato Iacoviello - una questione a favore dell'imputato".
In aula, al momento delle richieste della Procura, si è affacciato anche il pg Gianfranco Ciani, che sarà il prossimo procuratore generale di Piazza Cavour. Iacoviello, inoltre, quasi a voler sgombrare il campo dalle polemiche che avevano investito il collegio presieduto da Grassi che dovrà giudicare la vicenda Dell'Utri, ha espresso "apprezzamento per questa Corte di grandissimo prestigio".

L'11 dicembre 2004 Dell'Utri era stato condannato dal Tribunale di Palermo a 9 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa proprio perché l'accordo con la mafia e, in particolare, con i fratelli Graviano, era stato ritenuto provato dopo il 1993. In secondo grado, il 29 giugno 2010, la Corte d'appello di Palermo ha ridotto la pena a 7 anni perché, nonostante l'apporto del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, non ha ritenuto provata l'esistenza di questo patto nella fase politica dell'impegno di Dell'Utri. In pratica, il senatore Pdl è stato ritenuto colpevole fino al 1992 mentre è stato assolto "perché il fatto non sussiste" da quanto contestato negli anni successivi.
Il processo potrebbe anche non concludersi oggi. Il collegio di piazza Cavour, tra le possibilità, ha anche quella di annullare la sentenza di secondo grado con rinvio alla Corte di appello. La prescrizione, qualora piazza Cavour dovesse stabilire che il reato contestato si ferma al 1992, dovrebbe maturare nel giugno 2014. Se, invece, venisse respinto il ricorso di Dell'Utri e accolto il ricorso della Procura che chiede appunto un inasprimento della pena, "il senatore dovrebbe iniziare ad espiare la condanna", dice il suo legale.
A decidere il destino giudiziario di Dell'Utri, oltre al presidente Grassi, la relatrice Maria Vessichelli, al lavoro sulla causa dall'estate. Gli altri consiglieri sono Stefano Palla, Carlo Zaza e Gerardo Sabeone. La pubblica accusa è rappresentata da Francesco Mauro Iacoviello.
A pochi giorni dalla celebrazione dell'udienza, dopo le polemiche sull'assegnazione della causa al collegio presieduto da Aldo Grassi, è dovuta intervenire la stessa Cassazione per spiegare che non c'è "nessun torbido mistero nell'assegnazione e nella fissazione del processo, per il reato di concorso in associazione mafiosa al senatore Marcello Dell'Utri. Il procedimento - ha spiegato la presidenza di piazza Cavour - è pervenuto in Cassazione il 24 febbraio 2011 ed è stato assegnato alla Quinta sezione penale nel rispetto dei criteri tabellari, oggettivi e predeterminati sin dal 2010; tali criteri prevedevano la competenza della quinta sezione penale per tutti i procedimenti relativi a reati di criminalità organizzata pervenuti dal primo gennaio al 31 marzo del 2011".

Da 18 anni nel ciclone giudiziario - Tra gli anni Settanta e il 1992 Marcello Dell'Utri, con la mediazione di Gaetano Cinà, avrebbe avuto rapporti con personaggi di spicco di Cosa nostra come Stefano Bontade, Mimmo Teresi, Vittorio Mangano, che poi lavorò come "stalliere" nella villa di Arcore di Silvio Berlusconi. Questi rapporti sarebbero serviti a Dell'Utri per assicurare la "protezione" mafiosa alle operazioni finanziarie da lui gestite per sè e nell'interesse delle società di Berlusconi.
Questi i motivi che hanno portato alla condanna del senatore del Pdl: nove anni in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, ridotti a sette in appello. E oggi spetta alla Cassazione pronunciarsi.
Era il marzo 1994 quando il nome di Dell'Utri, all'epoca amministratore delegato di Publitalia, venne messo in relazione con ambienti di mafia. Ne aveva parlato ai magistrati di Caltanissetta il pentito Salvatore Cancemi, aprendo uno scenario nuovo sui rapporti tra Cosa nostra, la finanza e la politica: da poche settimane Silvio Berlusconi aveva annunciato la sua "discesa in campo" con Forza Italia. La dichiarazione di Cancemi è stato il primo passo di una serie di vicende giudiziarie che hanno coinvolto il senatore, adesso indagato anche per la presunta "trattativa" tra Stato e mafia; mentre nel maggio 2002 fu archiviata, su richiesta della Procura, l'indagine partita nel luglio '98, e che ha coinvolto anche Silvio Berlusconi, per concorso in strage con finalità terroristiche e che riguardava Capaci e via d'Amelio.
Due anni dopo le prime dichiarazioni di Cancemi, nel '96, Dell'Utri venne sentito dai pm per oltre undici ore. I pentiti che hanno parlato dei possibili rapporti tra il senatore e Cosa nostra sono, nel corso degli anni, diventati 35 e il rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa è arrivato il 19 maggio '97. Con lui fu rinviato a giudizio anche Gaetano Cinà, che intanto era stato arrestato.

Il processo di primo grado si è aperto il 5 novembre 1997: oltre tre anni dopo l'iscrizione di Dell'Utri nel registro degli indagati. E ci sono voluti altri sette anni per arrivare alla sentenza al termine di un lungo dibattimento (256 udienze) passato attraverso l'esame di 270 tra pentiti, testimoni e consulenti.
Nel 2004, dopo 12 giorni di camera di consiglio, il tribunale emise la sentenza: nove anni al senatore, sette a Cinà.
Il processo d'appello è cominciato il 30 giugno 2006 davanti alla corte presieduta da Claudio Dall'Acqua. Dell'Utri è rimasto l'unico imputato: Gaetano Cinà, l'uomo che lo avrebbe messo in contatto con Vittorio Mangano, è morto nel 2006 a 72 anni. Nonostante le pesanti accuse, dilazionate in un processo durato altri quattro anni, Dell'Utri non ha mai perso ironia e serenità. Nel 2008, quando Mangano morì, lo definì "un eroe" e nel 2010, mentre il pg concludeva la sua requisitoria chiedendo la condanna a 11 anni, Dell'Utri era a Porta Carbone, a pochi passi dal palazzo di giustizia, a mangiare la palermitanissima pizza "sfincione". Sarà per questo che ha accolto con leggera soddisfazione la sentenza d'appello, da lui definita "pilatesca".
La corte non ha preso in considerazione, infatti, la ricostruzione di Gaspare Spatuzza (per sentirlo il pg aveva interrotto la requisitoria), assolvendo Dell'Utri per le condotte successive al 1992.

Oltre a quello per il concorso esterno in associazione, altri due ricorsi attendono Dell'Utri in Cassazione: uno, fissato per il 26 maggio innanzi alla Sesta sezione penale e firmato, ancora, dal pg Gatto, contro l'assoluzione nel processo per calunnia ai danni di due pentiti - si prescrive il prossimo 27 luglio - conclusosi a Palermo il 31 marzo 2011.
L'altro, fissato per il 20 giugno innanzi alla Seconda sezione penale, è firmato dal pg milanese Isabella Pugliese contro l'assoluzione di Dell'Utri, emessa dalla Corte di Appello di Milano il 20 maggio 2011, dall'accusa di tentata estorsione nei confronti dell'imprenditore Vincenzo Garraffa. Per questa vicenda - già approdata altre due volte in Cassazione - la prescrizione matura il primo luglio 2013.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it]

 

 

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09 marzo 2012
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