Verranno ridotte le tasse...
... ma solo dopo le elezioni. 9 italiani su 10 pagheranno nuove tasse, e il risparmio non arriverà al 3%. Quindi?
Tagliare le tasse!
E' fra le più importanti promesse fatte agli italiani. Anzi no, trattasi di un punto all'interno di un contratto, quindi...
Cosa si leggeva nei giornali tra giorno 7 e giorno 8 maggio...
Un taglio alle tasse sì, ma che non sarà uguale per tutti.
La riforma che prende corpo dalle dichiarazioni di Berlusconi su questo punto è chiara: la riduzione delle aliquote fiscali da 5 a 2 premierà i redditi più alti. Non ci saranno i megasconti promessi in campagna elettorale alle fasce più agiate, ma comunque sia - in percentuale - più la famiglia sarà ricca e più risparmierà.
L'ipotesi di riforma più accreditata sembra proprio che dividerà la popolazione in due blocchi (redditi fino a 40 mila euro l'anno sottoposti ad una aliquota del 23 per cento, quelli superiori a tale quota tassati - per la parte eccedente - al 33) - la scala dei risparmi è piuttosto articolata.
Si va da un taglio alle tasse medio di 69 euro l'anno (più o meno una cena in pizzeria per quattro) concesso alle famiglie che guadagnano fino a 10 mila euro l'anno, ad uno sconto di oltre 16 mila euro (più o meno un'auto di media cilindrata) garantito a chi incassa oltre 110 mila euro. Nel primo caso il risparmio è dell'1,3 per cento, nel secondo del 9,5.
Non sono queste ipotesi campate in area, ma la conclusione alla quale si arriva tramite una simulazione curata da Massimo Baldini, economista del Centro di analisi politiche pubbliche di Modena, e condotto sul campione scelto dalla Banca d'Italia per la sua indagine sulle famiglie italiane. Per ciascuna fascia di reddito si è considerato il risparmio medio.
L'analisi non tiene conto delle eventuali detrazioni a favore delle famiglie numerose e monoreddito (che diventeranno deduzioni e quindi incideranno direttamente sull'imponibile) legate ai figli - e forse agli anziani - a carico: non sono ancora state definite, ma il governo ha intenzione di metterle in cantiere. L'entità di tali "sconti" contribuirà ad alleggerire gli scompensi fra "ricchi" e "poveri", ma non riuscirà - comunque sia - a coprire il divario.
Divario che c'è ed è evidente: anche se rispetto alla ipotesi originaria (quella che prevedeva una aliquota al 33 per cento solo a partire dai 100 mila euro) il regalo ai "ricchi" si ridimensiona ( lo sconto scende dal 13 al 9,5 per cento), la scala dei vantaggi è ripidissima. Chi dispone di un reddito superiore ai 50 mila euro godrà di benefici sestuplicati rispetto alle famiglie che mettono assieme 10 mila euro (i risparmi garantiti da quella che molto probabilmente sarà la nuova riforma fiscale sono del 5,9 per cento nel primo caso, dell'1,3 nel secondo). Il "dono" di Berlusconi, comincerà a volare a partire dagli 80 mila euro di reddito (il taglio alle tasse sarà del 7,5), ma fino a 30 mila euro (fascia nella quale si collocano 9 italiani su 10) "percepirlo" sarà più difficile (lo sconto si fermerà al 2,5 per cento). Considerato che sulla fiscalità generale pesa la spada dei tagli ai trasferimenti pubblici, e quindi del probabile ritocco delle tasse locali, c'è il rischio quindi che per i meno abbienti la riforma cambi poco e nulla. Il disegno fiscale di Berlusconi, fra l'altro, secondo il Centro studi di Modena, costerà allo Stato oltre 21 miliardi di euro, cifra che - in qualche modo - dovrà essere coperta.
Sui giornali dieci giorni dopo...
"Ridurremo le aliquote Irpef, ma solo dopo le elezioni europee". Lo ha detto il premier ad Emilio Fede e il Tg4, mentre si recava in volo dall'amico americano.
Se ne parlerà in Consiglio dei ministri, si butterà giù un piano, assicura il premier, ma la sua attuazione non avverrà prima del voto alle europee.
Dunque il premier fa mezza retromarcia su quello che da settimane è il suo cavallo di battaglia, la riduzione delle aliquote Irpef a due soli scaglioni, 23 e 33 per cento. Un piano che aveva suscitato perplessità tra i suoi stessi alleati di governo. Da Gianfranco Fini, che ha frenato da subito l'entusiasmo del premier chiedendo che se di riduzione delle tasse bisogna parlare, era necessario iniziare da quelle che gravano sui ceti più poveri, fino al ministro del Welfare Roberto Maroni, che in Senato ha detto a chiare lettere che la priorità andava data alla riforma delle pensioni. Poi si poteva parlare di riduzione delle tasse.
Per l'opposizione il voler ridurre le aliquote a due soli scaglioni continua ad essere incomprensibile per dei lampanti motivi. Primo perché non ci sono i soldi, secondo perché sarebbe iniquo, in ultimo perché fin dall'inizio l'annuncio aveva un sapore elettoralistico.
Il premier al suo fedele Fede: "Abbiamo sentito le accuse che ci vengono dall'opposizione che noi opereremmo soltanto in base a una logica elettorale. Noi - ha sottolineato Berlusconi - non vogliamo che sia così. Ed io personalmente sto pensando che noi illustreremo questo piano prima, ma che lo attueremo dopo le europee. Comunque assolutamente nei tempi previsti".
Roberto Maroni, ministro del Welfare, ribadisce invece e ancora una volta, che bisogna ridurre dell'Irap che grava sulle medie e piccole imprese. Il ministro leghista lo sostiene da tempo, ma oggi sono i dati dell'Istat sullo sviluppo italiano, trainato in gran parte dalla piccola imprenditorialità a convincere Maroni dell'ineluttabilità della scelta. Le piccole e medie imprese, ha detto il ministro, "sono il vero motore dell'economia italiana e per le quali dunque è più che mai necessario un intervento mirato: dobbiamo dare subito il via subito alla riduzione dell'Irap".