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Verso il referendum sulla legge elettorale

Gli italiani chiamati di nuovo al voto: tre schede, tre possibilità di voto

19 giugno 2009

Sono oltre 50 milioni gli italiani ad essere di nuovo chiamati alle urne domenica e lunedì. Questa volta dovranno esprimersi sui tre quesiti del referendum sulla legge elettorale che venne rinviato l'anno scorso perché coincideva con le elezioni politiche. Dopo lunghe polemiche sull'election-day, il governo ha deciso che la consultazione non poteva svolgersi insieme alle elezioni europee e l'ha rinviata al successivo fine settimana che, altrimenti, sarebbe stato dedicato solo ai ballottaggi delle amministrative.
Le urne saranno aperte domenica 21 giugno dalle 8 alle 22 e lunedì 22 giugno dalle 7 alle 15. Subito si procederà con lo spoglio: prima i referendum, poi i ballottaggi. I referendum saranno validi solo se almeno il 50% più uno degli elettori avrà ritirato la scheda. Non ha importanza, da questo punto di vista, se voteranno bianca o nulla.

I QUESITI REFERENDARI - Le schede per il referendum (che, ricordiamo, in Italia è solo abrogativo) sono semplici perché contengono solo due opzioni: "sì" (per l'abrogazione) e "no" (contro). Ma i quesiti, al contrario, risultano lunghissimi, complicatissimi e praticamente illeggibili perché fanno riferimento a diversi articoli di legge (o parti di articoli) da abrogare.
I primi due quesiti mirano in sostanza alla creazione di un sistema bipartitico. Se si raggiungesse il quorum e prevalesse il sì nel primo quesito (scheda viola) verrebbe abolita la possibilità del collegamento tra le liste. Il premio di maggioranza alla Camera andrebbe così non più alla coalizione ma alla lista che ottiene il maggior numero di seggi, che dunque avrebbe da sola la maggioranza per governare. Lo stesso quesito prevede che la soglia di sbarramento al 4% per essere rappresentati in Parlamento. In caso di quorum e di vittoria dei sì nel secondo quesito (scheda beige), anche il Senato il premio di maggioranza viene attribuito alla lista che ottiene più seggi su base nazionale. Per Palazzo Madama la soglia di sbarramento si alza al 8%.
Gli effetti politici di una vittoria dei sì sono evidenti. L'impossibilità di coalizzarsi combinata con il premio di maggioranza al partito più forte e con le nuove soglie significa la fine degli "accordi di programma" tra le diverse forze. L'accentuazione del profilo a vocazione maggioritaria dei singoli partiti. Il taglio netto delle "ali", sulla destra e sulla sinistra. La radicale semplificazione del quadro parlamentare post-elettorale. In sostanza, due o tre partiti al massimo. Adattando questo schema all'attuale quadro politico, Berlusconi potrebbe governare con una sicura maggioranza senza la Lega di Bossi.

Il terzo quesito riguarda le candidature. Oggi è possibile candidarsi in più circoscrizioni, ma se il referendum avesse il quorum e vincessero i sì le "candidature multiple" sarebbero vietate sia alla Camera che al Senato. La fine di questa prassi diminuirebbe il principio di coptazione dei "primi non eletti", vale a dire di coloro che non hanno conquistato abbastanza voti ma entrano in Parlamento in virtù della obbligata rinuncia del pluricandidato al suo seggio. Dal punto di vista politico il sì a questo terzo quesito comporterebbe una minore capacità dei leader locali e nazionali di gestire e influenzare i singoli parlamentari giunti alle Camere attraverso la scelta del candidato "forte" eletto in più circoscrizioni.

Ulteriori informazioni: www.referendumelettorale.org

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19 giugno 2009
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