Verso la caduta totale dell'impero dei Lo Piccolo. Francesco Franzese ha deciso di collaborare con la Giustizia
Tante, tantissime le indicazioni trovate nella borsa di pelle che Salvatore Lo Piccolo portava sempre con se e che è stata sequestrata il 5 novembre scorso nella villetta di Giardinello. Un elenco di indizi e nomi che ha sgretolato e continuerà a farlo la vasta rete di ''colonnelli'', prestanome, favoreggiatori e delinquenti di ogni sorta alle dipendenze di ''Totuccio u baruni''. Sabato scorso, su ordine del gip Marina Pino, i carabinieri del Ros di Palermo hanno arrestato altri quattro presunti favoreggiatori del boss di San Lorenzo: si tratta di Gaspare Di Maggio, considerato il reggente della famiglia mafiosa di Cinisi, dell'anziano boss Calogero Battista Passalacqua, detto ''Battistone'', che era già stato reggente della famiglia mafiosa di Carini, dell'imprenditore Francesco Ferranti, ritenuto vicinissimo ai boss Lo Piccolo, e di Paolino Dalfone, indicato come mafioso di Brancaccio. Gli arrestati sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa finalizzata ad omicidi, narcotraffico, estorsioni, controllo di appalti e forniture per opere pubbliche e impiego di denaro di illecita provenienza.
Gli investigatori sostengono che gli arresti sono scaturiti ''dall'elaborazione di vecchie risultanze processuali del 1998 attualizzate da indagini, condotte congiuntamente dal nucleo operativo e dalla sezione del Ros di Palermo tra il 2002 ed il 2005, sulle dinamiche interne al mandamento mafioso palermitano di San Lorenzo-Tommaso Natale capeggiato dal Salvatore Lo Piccolo''.
L'imprenditore edile Francesco Ferranti, uno dei quattro arrestati nell'operazione di sabato, ha partecipato a lavori edili importanti come quelli per la metropolitana di Palermo e nella ricostruzione post-terremoto in Umbria. Secondo le accuse Ferranti ''operava secondo gli ordini ricevuti nel settore degli appalti e delle forniture per la realizzazione di opere pubbliche e private di rilevante interesse su tutto il territorio nazionale''.
E mentre le indagini degli inquirenti continuano senza sosta e quanti hanno avuto a che fare coi Lo Piccolo tremano aspettando il proprio turno, la notizia della ''volontà di parlare'' di Francesco Franzese, braccio destro di Sandro Lo Piccolo, e meglio conosciuto come ''Franco di Partanna'', fa presagire un nuovo ed imminente terremoto nei confronti della mafia palermitana.
''Voglio collaborare con l' autorità giudiziaria per raccontare tutto ciò di cui sono a conoscenza sull'organizzazione mafiosa Cosa nostra, sulla famiglia di Partanna-Mondello e sul mandamento di San Lorenzo, nel quale sono inserito''. Queste le prime parole messe a verbale dal nuovo collaboratore di giustizia, l'uomo che avrebbe messo gli inquirenti sulle tracce dei Lo Piccolo. Ricordiamo che Franzese, indicato come capo della famiglia mafiosa di Partanna-Mondello, è stato arrestato lo scorso 2 agosto (leggi).
La collaborazione di Franzese, rivelata il giorno dell'arresto dei Lo Piccolo, venne in quell'occasione smentita dalla Procura. Franzese, in effetti, ha reso la sua prima deposizione ufficiale il 14 novembre scorso, 9 giorni dopo l'arresto dei Lo Piccolo, davanti ai pm Nico Gozzo e Gaetano Paci, alla presenza dell'avvocato Monica Genovese e del capo della Catturandi della Squadra Mobile di Palermo Cono Incognito. Il primo interrogatorio, come si legge nel verbale, viene svolto su richiesta dello stesso Franzese, con dichiarazione resa il 7 novembre 2007, con la quale il detenuto chiede di conferire con l'autorità giudiziaria ''per motivi di giustizia''.
''Ho fatto parte di Cosa nostra - ha detto inizialmente Franzese -. Sono stato vicino ad alcuni esponenti mafiosi di Partanna Mondello, tra questi Giovanni Cusimano, così come risulta dal processo San Lorenzo 1, nel quale sono stato condannato definitivamente per associazione mafiosa''.
Franzese ha raccontato così la storia della sua affiliazione alla mafia. ''Avevo capito che Salvatore Lo Piccolo non aveva una buona considerazione di me perché aveva visto che portavo un tatuaggio e probabilmente sapeva che avevo fatto uso di droghe sicché non aveva reagito bene nei miei confronti. Le stesse cose erano state dette a Sandro Lo Piccolo, che però non le aveva ritenute rilevanti e infatti mi aveva accolto bene. Salvatore e Sandro Lo Piccolo, e Andrea Adamo (catturato a Giardinello coi due capimafia, ndr), rimasero un po' in disparte a parlare tra loro, e alla fine Sandro mi comunicò che sarei entrato a far parte di Cosa nostra. In quella occasione sono stato affiliato, con una vera e propria cerimonia con la santina e il giuramento... Sandro mi disse che dovevo occuparmi della famiglia di Partanna Mondello''.
Ai magistrati di Palermo, il nuovo collaboratore di giustizia ha raccontato altri particolari della vita di Cosa nostra ultima generazione: ''Non so se i Lo Piccolo sapessero che avevo dei parenti nelle forze dell'ordine: in particolare, mio nonno materno era maresciallo dei carabinieri e mio nonno paterno era un maresciallo dell'esercito''. Ma dopo alcune retate, ha spiegato Franzese, ''i Lo Piccolo avevano l'esigenza di riorganizzarsi e di arruolare il maggior numero di persone nella città di Palermo, e ritengo che fosse questa forse la ragione per cui non andarono per il sottile, sia con me che con altri. Sandro Lo Piccolo mi aveva detto che lui e suo padre erano competenti sino all'ultimo comune della provincia di Palermo in direzione di quella di Trapani. Nella città di Palermo il ruolo dei Lo Piccolo si era affermato fino a Brancaccio''.
''Quella di Franzese è una collaborazione pesante, di grande rilievo che potrà dare un notevole contributo nel contrasto a Cosa nostra, a partire dalle estorsioni, dimostrando che la compattezza all'interno dell'organizzazione criminale è sempre più in crisi''. Con queste parole il procuratore aggiunto di Palermo, Alfredo Morvillo, ha salutato la collaborazione di Franzese.