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Verso la ''distruzione'' di un importante strumento di indagine

La commissione Giustizia della Camera ha dato il via libera al ddl sulle intercettazioni

18 febbraio 2009

La commissione Giustizia della Camera ha dato il via libera al ddl sulle intercettazioni, dopo l'esame degli emendamenti al testo che ora dovrà attendere il parere delle altre commissioni sulle questioni di relativa competenza e infine approdare all'esame dell'Aula.
Nonostante le rassicurazioni del governo, si è fatto marcia indietro sui giornalisti, che potrebbero essere puniti col carcere. Sono passati infatti in commissione due emendamenti, entrambi del Pdl (da Debora Bergamini e da Nino LoPresti), che introducono una nuova figura di reato, quella della pubblicazione di intercettazioni per le quali "sia stata ordinata la distruzione". Reato (finora punito con una contravvenzione) per cui si prevede il carcere da uno a tre anni. La stessa sanzione è stabilita per la pubblicazione di intercettazioni riguardanti persone estranee alle indagini. Gli editori dei giornali che violeranno il divieto di pubblicazione di atti e intercettazioni rischieranno una multa salata: fino a 370mila euro. Per i giornalisti che infrangono il divieto, il provvedimento prevede l'arresto fino a 30 giorni o l'ammenda fino a 5mila euro (fino a 10mila se si tratta di intercettazioni).

Sarà al tempo stesso vietato pubblicare i nomi e le immagini dei magistrati in relazione ai processi che sono stati loro assegnati. La commissione giustizia della Camera ha approvato l'emendamento del deputato Francesco Paolo Sisto, escludendo da questo divieto la fase del dibattimento e le "situazioni che non sono scindibili dal diritto di cronaca - spiega lo stesso deputato - come per esempio può avvenire quando un pubblico ministero si reca per un sopralluogo" sulla scena di un delitto. Questa scelta vuole fare in modo che i "giudici abbiano il volto del loro provvedimento e non il contrario, che i provvedimenti abbiano il volto del giudice". Un altro emendamento prevede che le riprese in aula, durante il processo, siano possibili solo se c'è il via libera di tutte le parti.

Dura la reazione del Consiglio Superiore della Magistratura - Il disegno di legge della maggioranza sulle intercettazioni "distrugge" questo strumento investigativo. A dirlo è stato il vicepresidente del Csm Nicola Mancino nel corso del dibattito sul parere (fortemente negativo) espresso dalla Sesta commissione del Csm. La discussione si è conclusa con l'approvazione del documento a larghissima maggioranza. Contro si sono espressi infatti solo laici del Pdl.
Nel mirino del vicepresidente del Csm c'è soprattutto la norma che autorizza le intercettazioni solo in presenza di gravi indizi di colpevolezza. "Tutto questo distrugge la stessa possibilità delle intercettazioni - ha detto Mancino - o la limita fortemente".
Per Mancino è inoltre "eccessiva la sanzione penale" prevista per i giornalisti per la pubblicazione di atti di procedimenti. Il vicepresidente di Palazzo dei Marescialli ha esplicitamente parlato di un contrasto con l'articolo 21 della Costituzione che tutela la libertà di stampa. "Il venir meno del segreto - ha aggiunto - è opera unilaterale del giornalista o c'è qualcuno che ha concorso nella consumazione del reato con lui?".

Contro il provvedimento del governo sono intervenuti con una nota congiunta anche la Federazione degli editori e la Federazione nazionale della stampa. Fieg e Fnsi denunciano "la gravissima limitazione del diritto di cronaca prevista dal disegno di legge del ministro Alfano in materia di intercettazioni approvato ieri dalla Commissione giustizia della Camera".
"Le disposizioni in esso contenute - sottolineano - colpiscono duramente giornalisti ed editori, imponendo loro il silenzio totale sulle indagini e sui loro sviluppi, anche quando non sussiste il segreto istruttorio. L'effetto è quello di impedire ai cittadini e all'opinione pubblica di conoscere fatti rilevanti della vita pubblica quali appunto le notizie sugli atti di indagine, non segreti. Se il disegno di legge dovesse essere approvato dal Parlamento, il divieto duramente sanzionato costituirebbe una autentica 'pietra tombale' della cronaca giudiziaria". [Informazioni tratte da Corriere.it, Repubblica.it]

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18 febbraio 2009
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