Via D'Amelio, 19 luglio 1992
Sentendo il fresco profumo della libertà... Ricordando Paolo Borsellino a sedici anni dalla sua morte
«La lotta alla mafia dev'essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.»
«Purtroppo i giudici possono agire solo in parte nella lotta alla mafia. Se la mafia è un'istituzione antistato, che attira consensi perché ritenuta più efficiente dello stato, è compito della scuola rovesciare questo processo perverso, formando giovani alla cultura dello Stato e delle Istituzioni.»
(Paolo Borsellino)
Educare contro la mafia. Insegnare ai bambini, a scuola, che la mafia è sempre dalla parte dei cattivi, e che il giusto si trova solo ed esclusivamente nell'onestà, nella correttezza, nella convivenza civile e nel rispetto di giuste regole. La mafia non si può sconfiggere solo arrestando i malavitosi, bisogna che nel petto di ogni uomo sbocci il fiore dell'antimafia e che da questo si senta forte il profumo della dignità.
Ecco cos'era la lotta alla mafia per il giudice Paolo Borsellino. Ripeteva questi concetti ogni qual volta aveva la possibilità di ritrovarsi davanti ad una platea di studenti (andare in giro a fare "lezioni di antimafia" era qualcosa che adorava) o davanti un microfono per qualche intervista. Paolo Borsellino non diceva mai "sì arresteremo tutti"; con l'umiltà che soltanto negli uomini dediti anima e corpo alla propria missione si può distinguere chiaramente, ringraziava principalmente chi aveva cominciato prima di lui la lotta contro la mafia, poi si rivolgeva agli uomini, ai giovani, ai palermitani, ai siciliani e a tutti chiedendo loro aiuto, perché soltanto tutti insieme si sarebbe potuti sconfiggere la mafia.
Messaggi fortissimi che arrivavano nitidi e sortivano gli effetti sperati, come quelli dell'amico e collega Giovanni Falcone, o come quelli, seppur ovviamente diversi, di don Pino Puglisi. Messaggi fortissimi che facevano paura ai criminali anche per un motivo particolare: erano messaggi che arrivavano da uomini radicati nel loro territorio, uomini della Kalsa e di Brancaccio, uomini nati e cresciuti in quei luoghi e di queli luoghi totalmente impastati. Uomini che i criminali temevano perché sapevano, che nel momento in cui avessero incrociato i loro occhi, ebbene quegli occhi non si sarebbero abbassati, anzi, al contrario, sarebbero stati capaci di leggere fino in fondo alla loro anima.
Ecco perché Cosa nostra ebbe "l'esigenza" di far saltare in aria Giovanni Falcone, di dilaniare la vita di Paolo Borsellino e di ammazzare come un cane Padre Pino Puglisi. Un esigenza nata dalla paura: Cosa nostra aveva paura di loro.
Via d'Amelio, 16 anni fa - Era il 19 luglio 1992. Era domenica. In Via Mariano D'Amelio, strada in cui viveva la madre di Paolo Borsellino, era posteggiata una Fiat Panda celeste (e non una Fiat 126 come erroneamente dichiarò la stampa radicando nell'immaginario collettivo questa imprecisione) imbottita di tritolo. Questa esplose all'arrivo del giudice.
Persero la vita il giudice antimafia Paolo Borsellino e la sua scorta: gli agenti Agostino Catalano (caposcorta), Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L'unico a sopravvivere fu Antonino Vullo.
La bomba venne radiocomandata a distanza ma ancora oggi non si è fatta chiarezza su come venne organizzata la strage...
Sedici anni dopo, stamane all'alba, è terminata la veglia iniziata a mezzanotte proprio in via D'Amelio, per ricordare il sacrificio di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta. E sono cominciate, con l'arrivo dei bambini delle scuole palermitane, le commemorazioni del sedicesimo anniversario della strage di via D'Amelio. Sul luogo della strage ci sono e si avvicenderanno tanti uomini delle istituzioni, ma saranno pricipalmente i bambini ad animare il ricordo di Paolo Borsellino, perché il 19 luglio di ogni anno, via D'Amelio si trasforma e diventa il luogo dove si festeggia la "Festa di Zio Paolo", così l'hanno chiamata i nipotini del giudice, così ormai la chiamano tutti i bambini che accorrono per giocare e ridare vita ad un luogo che qualcuno volle diventasse terreno di morte.
"E' importante che in momenti come questo si sia in tanti. Non siamo qui per consolarci né per prenderci in giro. Chi è qui vuole impegnarsi mettendo la propria faccia. Gridiamo a gran voce la nostra voglia di verità". L'ha detto Rita Borsellino al dibattito su "La nascita della seconda Repubblica sul sangue di Falcone e Borsellino", ieri a Palermo. La sorella di Paolo Borsellino ha aggiunto che "non è più il tempo del solo ricordo e dei minuti di silenzio, ma quello di gridare con forza, perché vogliamo verità e giustizia sperando che la magistratura possa svolgere il proprio lavoro senza essere uccisa o crocefissa ogni giorno".
E intanto, sedici anni non sono stati ancora sufficienti tuttavia per avere una conclusione definitiva delle varie inchieste legate alla strage. Identificati gli autori materiali, restano ancora alcuni misteri. Giovedì scorso è stato assolto in appello il tenente Carmelo Canale, ex braccio destro del giudice Paolo Borsellino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. I giudici della corte d'appello di Palermo hanno confermato l'assoluzione di primo grado dell'ufficiale. La Procura generale, al termine della requisitoria, aveva chiesto la condanna a dieci anni per Canale, ma i giudici hanno accolto la richiesta di assoluzione della difesa di Canale, che era presente al momento della lettura in aula. Subito dopo l'assoluzione, il suo pensiero è andato a Paolo Borsellino: "E' un omaggio a lui", ha detto tra le lacrime.
L'assoluzione di Canale ha riportato l'attenzione dei media sul rapporto tra mafia e politica. "In sedici anni la lotta alla mafia ha ottenuto risultati importantissimi, ma Cosa Nostra si è rigenerata ed è mutata. E' entrata nel mondo degli affari e della politica. E se è logico che la mafia cerchi questi appoggi, è meno logico che li trovi" ha dichiarato Rita Borsellino. Per la sorella del magistrato ucciso "ora bisogna guardare a queste collusioni. L'eredità di mio fratello è viva ma sempre minacciata. Le previste riforme della giustizia sono una grande contraddizione, vanno in una direzione opposta alla sua. Questo significa celebrarne la morte".
- www.19luglio1992.com
- Fondazione Progetto e Legalità
- Falcone e Borsellino (Rai.it)