Via dall'Iraq in 15 giorni o sarà strage
Ora le brigate Abu Hafs al Masri, legate ad Al Qaeda, all'Italia hanno mandato l'ultimatum
Una sfilza di minacce all'Italia e a Sivio Berlusconi. Minacce che parlano di lunghe file di automezzi imbottiti di esplosivo, di attacchi con armi non convenzionali, inviti a preparare sacchi neri e a costruire casse da morto, per la nazione diventata "obiettivo pagante per il radicalismo islamico".
Ieri l'utimatum: "Quindici giorni per ritirarsi dall'Iraq, o in Italia sarà strage".
Stavolta la minaccia di Al Qaeda non arriva tramite un sito Internet ma attraverso un messaggio recapitato al quotidiano arabo con sede a Londra Al-Quds al-Arabi.
Un messaggio da verificare, ma credibile anche perché a firmarlo sono le brigate Abu Hafs al Masri, le stesse che hanno rivendicato gli attentati del'11 marzo a Madrid e diversi attacchi in Turchia e in Iraq.
Nel messaggio, che il quotidiano arabo ha subito girato alle agenzie di stampa, i terroristi si rivolgono ancora una volta direttamente al presidente del Consiglio.
"Stiamo mobilitando le nostre cellule dappertutto a Roma e in altre città italiane e diamo a Berlusconi 15 giorni di tempo per ritirarsi dall'Iraq".
"Dopo di allora non saremo più responsabili per qualsiasi perdita di vite umane. Vi abbiamo già mandato un precedente messaggio chiedendovi di ritirarvi dall'Iraq il più presto possibile ma ancora non abbiamo visto nulla... ed è per questo che il linguaggio del sangue è in cammino verso di voi".
E ancora: "Questi 15 giorni potrebbero essere l'ultima possibilità per voi e per il vostro popolo... l'invasione di Madrid e l'invasione di Istanbul sono la prova chiara che siamo seri in quel che diciamo".
Le brigate Abu Hafs al Masri avevano già minacciato l'Italia e Berlusconi il 16 e il 28 luglio, con comunicati su siti islamici. In quelli e in altri messaggi diretti a vari paesi, le Brigate facevano riferimento alla tregua offerta da Osama Bin Laden il 15 aprile scorso: gli europei avevano tre mesi di tempo per ritirare le loro truppe dall'Afghjanistan, dall'Iraq e da tutti gli stati musulmani se non volevano subire attentati come quelli che a Madrid avevano causato 191 morti.
E anche se la veridicità dei messaggi è ancora tutta da vericare, che l'Italia sia nel mirino del terrorismo islamico lo sostengono i servizi segreti nella relazione semestrale presentata l'altro ieri al Parlamento. Il terrorismo islamico, avvertono i servizi "è un nemico in costante crescita", alla ricerca di nuovi sistemi per procurare il maggior danno possibile ed ampliare l'effetto del terrore, non escluso l'utilizzo di armi chimiche-batteriologiche o radiologiche.
Quelli italiani, sottolineano gli 007, sono divenuti "target primari", ma anche obiettivi "di opportunità", "da colpire ove possibile ed in quanto 'spendibili' sul piano propagandistico".
Il rischio di un attacco per l'Italia, secondo i servizi, non arriva solo dall'azione di commando esteri ma anche dalle cellule presenti nel Paese. "Articolazioni jihadiste, raccordate in modo puntiforme a sigle dell'estremismo, ma operanti al di fuori di movimenti strutturati e da cui derivano significativi pericoli", le definiscono.
L'intelligence sottolinea, nel nostro paese, la presenza "di una comunità musulmana nella sua essenza moderata e la cui integrazione nella nostra società resta un fattore di arricchimento reciproco". All'interno di questo ambiente, però, "non mancano centri propulsori dell'attivismo militante che potrebbero catalizzare in danno del nostro territorio la disponibilità ad abbracciare un'opzione jihadista, finora istradata verso i teatri di crisi".