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Via libera, "salvo intese", alla riforma del lavoro

Il disegno di legge approvato dal Cdm passa adesso al Parlamento che potrà modificarne il testo

24 marzo 2012

Il Consiglio dei Ministri ha approvato ieri, "salvo intese", il disegno di legge di riforma del mercato del lavoro. Evitando la decretazione d'urgenza e lasciando aperta la possibilità che il Parlamento possa modificare il testo. La formula "salvo intese" pare sia stata consigliata a Mario Monti dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nella speranza di stemperare le tensioni delle ultime ore. Tensioni che comunque al capo dello Stato appaiono eccessive. "Non credo che noi stiamo per aprire le porte a una valanga di licenziamenti facili sulla base dell'articolo 18 anche perché bisogna sapere a che cosa si riferisce l'articolo 18", ha detto il capo dello Stato.
Palazzo Chigi sottolinea in una nota che si tratta di una riforma "lungamente attesa dal Paese, fortemente auspicata dall'Europa, e per questo discussa con le Parti Sociali con l'intento di realizzare un mercato del lavoro dinamico, flessibile e inclusivo, capace cioè di contribuire alla crescita e alla creazione di occupazione di qualità, di stimolare lo sviluppo e la competitività delle imprese, oltre che di tutelare l'occupazione e l'occupabilità dei cittadini". Il disegno di legge "è il frutto del confronto con le parti sociali - si legge nel comunicato - Ne emerge una proposta articolata che, una volta a regime, introdurrà cambiamenti importanti".
Il comunicato conferma che il licenziamento per motivi economici in caso di illegittimità del provvedimento prevede "che il datore di lavoro può essere condannato solo al pagamento di un'indennità". E, si aggiunge, "particolare attenzione è riservata all'intento di evitare abusi". Per le controversie in materia di licenziamenti è prevista l'introduzione di un rito procedurale abbreviato che ridurrà ulteriormente i costi indiretti del licenziamento. Il diritto alla reintegrazione nel posto del lavoro sarà disposto dal giudice nel caso di licenziamenti discriminatori o in alcuni casi di infondatezza del licenziamento disciplinare.
La riforma del mercato del lavoro preserva gli usi virtuosi degli istituti contrattuali esistenti e limita quelli impropri. Il disegno di legge prevede un fondo di solidarietà per i lavoratori nei settori non coperti dalla cassa integrazione straordinaria e la mini-Aspi, estesa anche ai giovani, per coloro che perdono il lavoro ma non hanno maturato i mesi necessari per accedere all'Aspi normale. Le aziende potranno inoltre stipulare accordi con i sindacati per incentivare l'esodo dei lavoratori anziani.
Sono previsti anche il congedo di paternità obbligatorio, quote rosa anche nelle società controllate dalle pubbliche amministrazioni, e lo stop alle dimissioni in bianco per diminuire il divario tra lavoratori e lavoratrici.
Il nuovo impianto del mercato delle professioni, evidenzia il comunicato di Palazzo Chigi, attribuisce poi massimo valore all'apprendistato, inteso nelle sue varie formulazioni e platee, che diviene il 'trampolino di lancio' verso la maturazione professionale dei lavoratori.

A stretto giro le reazioni dei sindacati. Il ddl "sposta in Parlamento il luogo della discussione. Dunque, probabilmente, avremo più ascolto di quanto ne abbiamo avuto finora con il Governo" ha commentato il leader della Uil, Luigi Angeletti. La Uil rivolgerà "l'appello per le modifiche ai gruppi parlamentari", in particolare "vogliamo che si eviti che nei licenziamenti per motivi economici possano in maniera fraudolenta rientrare le casistiche che avevamo blindato cioè disciplinari e discriminatori".
"Intanto il Governo ha deciso un ddl e questa è una buona notizia - ha osservato Raffaele Bonanni, segretario della Cisl - perché avremo tutto il tempo per affrontare il problema. Faremo un'azione di lobbying sul Parlamento perché si trovino soluzioni più vantaggiose per i lavoratori".

Il Partito Democratico promette battaglia. "Sono sereno che sull'articolo 18 si vorrà ragionare altrimenti chiudiamo il Parlamento e così i mercati si rassicurano", dice un caustico Pier Luigi Bersani. "Molte cose di questa riforma del lavoro le appoggiamo, altre no. Ma sia chiaro - precisa - che quando si arriverà al dunque il Partito Democratico starà dalla parte dei lavoratori". "Non si può concepire che per i licenziamenti economici ci sia solo la monetizzazione, è il punto base altrimenti entriamo in un film che non è nostro, non è europeo ma americano - prosegue il leader del Pd - Tutto il mondo dice che le cose funzionano meglio in Germania, quali mercati possono obiettare se anche noi adottiamo il modello tedesco sull'articolo 18?".
Prima di lui era stato fermo anche l'ex ministro degli Esteri Massimo D'Alema. "Una norma pasticciata - aveva avvisato - non serve a nulla, non credo dia nulla all'economia italiana e va corretta, e noi la correggeremo". "Ho fiducia che le persone ragionevoli vorranno correggere questa norma", prosege, sottolineando che "il Parlamento fa le leggi, il governo dovrà adeguarsi alla volontà del Parlamento". "Si tratta di migliorare una norma - conclude D'Alema - Lo stesso Monti dice che vigilerà contro abusi, vuol dire che è consapevole che sono possibili abusi".
E della riforma del mercato del lavoro è tornato a parlare anche Nichi Vendola, dichiarandosi scettico sulla possibilità di correzioni al testo illustrato mercoledì sera a Palazzo Chigi. "Ha ragione Rosy Bindi quando dice che il governo è forte con deboli e debole con i forti - afferma il leader di Sel - e ha ragione Sergio Cofferati quando dice che se non ci saranno modifiche alla riforma bisogna votare contro". "Sono scettico su questo Parlamento e su questa classe dirigente", conclude Vendola.
"Stante la situazione attuale non credo che ci siano in parlamento i numeri per modificare i licenziamenti facili del governo Monti - dice il presidente dei Vverdi Angelo Bonelli - a questo punto va fatta una seria riflessione a partire dal Partito democratico sulla necessità di costruire un'alleanza politica nel paese per costruire un'alternativa concreta e di governo".
Durissime anche le reazioni dell'Italia dei Valori. "Tra approvare la riforma Monti-Fornero o mandare a casa il governo non vi è dubbio che la cosa più saggia è aiutare i tecnici a fare le valigie e a sbaraccare", sostiene il capogruppo dell'Idv al Senato Felice Belisario.
Secondo il leader dell'Udc, Pierferdinando Casini, "non ci sarà nessuno scenario particolare, perchè nessuno minaccia di far cadere il governo. Il Pd vuole cambiare alcune parti di queste norme: ha il diritto di farlo, naturalmente il Parlamento si esprimerà, perchè questo Governo non si basa sull'annullamento delle diversità che esistono tra i partiti".

Il leghista Roberto Calderoli, in una nota afferma: "La Banda Bassotti 'Monti, Alfano, Bersani, Casini' dopo aver ammazzato i pensionati ora vuole accoppare anche i lavoratori, con questa 'marchetta' fatta ai grandi imprenditori sull'art. 18. Ma stiano attenti, perché da adesso sarà lotta senza quartiere in Parlamento, nelle fabbriche e nelle piazze".
Ignazio La Russa, chiedendo ad Alfano e Berlusconi di convocare l'ufficio di presidenza del Pdl, ha dichiarato: "La decisione di procedere alla riforma del lavoro con un ddl anzichè per dl è una decisione molto grave che rischia di creare squilibri politici e modificare in peggio il risultato ottenuto su una riforma così importante".

Intanto il presidente del Senato, Renato Schifani, ha fatto un appello "ai segretari dei partiti politici che sostengono il governo a impegnarsi affinché il Parlamento sia messo in condizione di arrivare ad un esito definitivo, prima dell'estate, del pacchetto delle riforme del lavoro". Il presidente del Senato ha ricordato che quella del lavoro "è una riforma importante per la quale sta lavorando direttamente il premier e il ministro del Lavoro, che si sta molto impegnando. Confido anche che il Parlamento possa contribuire a trovare elementi di sintesi ma tutto si faccia entro tempi ragionevoli perché ci osservano i mercati, l'Europa".

Il rammarico di Elsa Fornero - Rammarico per una riforma non pienamente condivisa, ma anche convizione che si tratti di una buona riforma: il ministro del Welfare Elsa Fornero è intervenuta in apertura del forum di Confcommercio a Cernobbio parlando della riforma del mercato del lavoro approvata ieri dal Consiglio dei ministri attraverso la formula di un disegno di legge "salvo intese". Ora la partita si sposta in Parlamento, che, evitata la decretazione d'urgenza, avrà la possibilità di modificare il testo.
"C'è stata una concordia ricercata - ha detto - senza mai esasperare i toni". Sottolineando che con la riforma è stato raggiunto un equilibrio tra "punti di vista diversi, diverse prospettive e interessi", dopo un dialogo "a volte anche molto aspro".
Il ministro Fornero difende le misure varate dal governo, a partire dall'articolo 18: non c'è nessun motivo per creare tensioni sociali, dice Fornero, "perché non sono stati calpestati diritti". La modifica, continua, "non ci sembra sia un cambiamento che travolge i diritti. Non è un motivo per creare gravi tensioni sociali". "Oggi - continua Fornero - è particolarmente difficile licenziare. Nessuno può licenziare una persona per motivi discriminatori e cancellare l'articolo 18 non ha senso", assicura il ministro, sottolineando come la revisione dell'articolo 18 interviene quando "ci sono ragioni oggettive, aggiustamenti nel piccolo della manodopera perché partiamo dal presupposto che non tutti gli imprenditori sono cattivi". E quando c'è esigenza di aggiustamento di manodopera "ci sarà un indennizzo relativamente alto", aggiunge.
Fornero ha ripetuto che l'obiettivo della riforma del lavoro è quello di rendere l'economia italiana "maggiormente attrattiva rispetto a disinvestimenti, ad aziende che magari chiudono qui per aprire in Serbia". E ancora: "vorrei che gli imprenditori dicessero: 'In Italia si può investire, non è più un Paese che erige cittadelle, è un Paese nel quale si può competere e scommettere nel riconoscimento del merito".
Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, il ministro assicura che il nuovo sistema, nelle intenzioni del governo, parte da subito. "Nel 2013 dovremmo avere l'Aspi e mini Aspi. E' un buon cambiamento". Fornero auspica che sulla riforma del lavoro non vengano cancellate le cose fatte: parlando di mobilità, il ministro dice che "andrà a morire sperabilmente nel 2017, se non vanno a cancellare le cose che facciamo ma non possiamo garantirlo perchè questo è sempre possibile". Secondo Fornero la mobilità lunga 4 anni "in cui diamo qualcosa e non chiediamo niente è un male".

Il rammarico di Fornero non convince Susanna Camusso: il governo "aveva tutte le condizioni per non doversi rammaricare, le trovo un po' lacrime di coccodrillo", ha detto il segretario generale della Cgil, annunciando una linea dura: nessun passo indietro sullo sciopero. Il pacchetto di 16 ore proclamato a margine della discussione sulla riforma del lavoro è confermato, dice il segretario della Cgil, "semmai è evidente che bisogna rafforzare di molto". Perché, continua, "siamo di fronte a un governo che ha scelto una strada che rende dispari i diritti". "Mi sembra - ha aggiunto - esattamente l'opposto di un'idea di unità e coesione del Paese".
Sulle tensioni sociali, Camusso invita ad un "bagno di realtà". Ci sono e ci saranno tante reazioni nel Paese, segno che "la vera violazione, il vero vulnus che è intervenuto è che si continua nell'idea che si può dividere il Paese", ha aggiunto.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, Repubblica.it]

- La riforma del mercato del lavoro (pdf)

 

 

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24 marzo 2012
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