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Vicini all'esecuzione n° 1000. Negli Stati Uniti d'America la mano del boia non si ferma

Il detenuto Eric Vance, condannato a morte per l'omicidio di una ragazza, è stato giustiziato

29 novembre 2005

Lo Stato dell'Arkansas ha inflitto la sua ennesima condanna. Eric Vance, 45 anni, è stato giustiziato stanotte. Era stato condannato a morte per aver assassinato nel 1993 una ragazza, Julie Heath, il cui cadavere fu ritrovato con la gola tagliata una settimana dopo la sua scomparsa.
Nel penitenziario di Cummins a Varnek, Eric Vance è stato portato alla morte con una iniezione letale.
Vance, che era già stato riconosciuto colpevole di violenza carnale in Oklahoma, è stato il 27mo detenuto a subire la pena capitale nello Stato Usa dal '76, il numero 998 in tutto il Paese dallo stesso anno, quando l'estrema sanzione fu reintrodotta nell'ordinamento federale.

Un'esecuzione particolarmente tormentata: ci sono state infatti tre interruzioni nel giro di un'ora e mezza, per permettere alla Corte Suprema degli Stati Uniti di esaminare altrettanti ricorsi dell'ultim'ora.
Clarence Thomas, il giudice della Corte Suprema incaricato del caso, ha bocciato tutte le impugnazioni, già rigettate da magistrati di grado inferiore. Infine il governatore dell'Arkansas, il repubblicano Mike Huckabee, ha respinto la domanda di grazia presentata dai difensori.
Il condannato, che aveva consumato nel pomeriggio l'ultimo pasto, non ha voluto rilasciare dichiarazioni prima di entrare nella camera della morte, dove è stato legato a una brandina per poi  ricevere in vena il veleno.

Una nuova esecuzione è in programma per oggi nell'Ohio, mentre domani negli Stati Uniti, con quella prevista in Virginia, le esecuzioni raggiungeranno il numero complessivo di 1000 in trent'anni.

''L'iniezione letale è troppo crudele, va abolita''

La procedura seguita negli istituti penitenziari americani che applicano la pena di morte per iniezione letale infligge sofferenze e dolori atroci ai condannati e per questo dovrebbe essere subito sospesa. Lo sostiene un gruppo di ricercatori dell'istituto di Medicina Miller dell'Università di Miami, secondo cui il modo in cui vengono praticate le iniezioni non è in linea neppure con gli standard utilizzati dai veterinari per la soppressione degli animali.
La questione è stata affrontata e divulgata con un articolo pubblicato dall'autorevole rivista scientifica The Lancet, in cui il dottor Leonidas Koniaris parla di ''difetti nel protocollo'' di somministrazione del veleno. Questo avrebbe avuto come conseguenza ''sofferenze inutili, almeno in alcuni casi''. E dunque ''per prevenire crudeltà e sofferenze inutili è necessaria un'interruzione e un riesame pubblico della pratica''.
Prima dell'iniezione del veleno che ne provocherà la morte per soffocamento, al condannato a morte viene oggi praticata un'anestesia per ridurre al minimo il dolore fisico che altrimenti risulterebbe particolarmente devastante. Esaminando i protocolli seguiti nelle carceri del Texas e della Virginia, dove si esegue il 45 per cento delle pene capitali, Koniaris e i suoi colleghi hanno scoperto che le cose non vanno come dovrebbero. Intanto non c'è nessun tipo di monitoraggio dell'anestesia, poi gli infermieri che la praticano non hanno una specializzazione e sui corpi dei detenuti non verrebbe effettuata l'autopsia per verificare come sia avvenuta la morte.
Esaminando i dati degli esami post-mortem compiuti sul sangue di 49 carcerati uccisi in Arizona, Georgia, e nella Carolina del Nord e del Sud, altri stati dove la pena capitale con iniezione letale è in vigore, i ricercatori hanno trovato in 43 casi una dose di anestetico inferiore a quella normalmente usata per gli interventi chirurgici. In 21 casi, la concentrazione era tale da far dire che i prigionieri potevano essere coscienti quando è stato iniettato loro il veleno. ''È possibile che alcuni fossero del tutto svegli'', ha confermato Koniaris, e dunque hanno dovuto sopportare impotenti, senza muoversi e respirare, mentre il cianuro di potassio bruciava nelle vene.
La rivista ha preso anche posizione contro l'istituto della messa a morte dei detenuti. ''La pena capitale non è solo un'atrocità - si legge in un editoriale che accompagna la ricerca -, ma anche una macchia nella fedina della più potente democrazia del mondo''. Dal 1976, data di reintroduzione della pena di morte in alcuni stati Usa, l'iniezione letale è stata utilizzata negli Stati Uniti in 788 esecuzioni su 956 effettuate. [Corriere.it, 15 aprile 2005]

F.M.

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29 novembre 2005
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