Vittima del racket, vittima della paura
Un commerciante suicida a Palermo: negò di essere vittima del pizzo
Una storia terribile, annichilente. Una storia che però può assurgere ad esempio, oppure come monito, oppure come emblema. Una storia di cattiveria, di paura, di vergogna, di infinita tristezza e di morte.
"Sono l'unico colpevole del disastro che sta avvenendo in azienda. Nessun altro ha responsabilità. Non vedo altra via d'uscita. Perdonatemi per il male che vi ho fatto".
Poche righe per spiegare ai familiari la decisione di togliersi la vita.
Salvatore Calascibetta, 74 anni, proprietario di due negozi di autoricambi, a Palermo, si è sparato in testa, nella sua auto, mercoledì mattina, in una strada frequentatissima della città, via Croce Rossa. L'attività commerciale dell'uomo non andava bene da tempo e Calascibetta era strozzato dai debiti.
Il commerciante era noto agli investigatori: il suo nome era stato trovato in uno dei "pizzini" sequestrati al capomafia Salvatore Lo Piccolo. Era tra gli imprenditori taglieggiati dalla cosca di San Lorenzo, ma, sentito dagli inquirenti, aveva negato le intimidazioni mafiose.
Il suo atteggiamento gli era costato un avviso di garanzia per favoreggiamento aggravato. Poi, in un secondo interrogatorio, aveva fatto parziali ammissioni.
L'altra mattina la volontaria uscita di scena, da tutto, da tutti...
Non aggiungiamo nient'altro. Non abbiamo né la voglia, né la capacita di ergerci a giudici di niente. Questi i fatti. Questa un enorme tragedia.