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Vivere con decoro, morire opportunamente

Piergiorgio Welby e Giovanni Nuvoli: due casi di coscienza collettiva, due vite simbolo di dignità

24 luglio 2007

«Morire dev'essere come addormentarsi dopo l'amore, stanchi, tranquilli e con quel senso di stupore che pervade ogni cosa».

Piergiorgio Welby e Giovanni Nuvoli. Due nomi che hanno scosso le coscienze e la ragione dell'Italia, due uomini che hanno dimostrato l'importanza della dignità, al di la della vita e della morte. Nel settembre dello scorso anno abbiamo conosciuto Piergiorgio Welby e la sua drammatica ''vita'', e con lui abbiamo conosciuta la Sla, la sclerosi laterale amiotrofica, malattia degenerativa per la quale non esistono cure. Con un toccante (e senza una minima macchia di patetismo) video messaggio mandato al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, chiedeva la possibilità di mettere fine alla sua condizione, invocando per se non una ''morte dignitosa'' (''La morte non può essere 'dignitosa'; dignitosa, ovvero decorosa, dovrebbe essere la vita'') ma una ''morte opportuna''. Una richiesta, o meglio un'affermazione di principio che invase gli animi di ogni singolo italiano e che spiazzò la politica, messa di fronte ad una questione profonda, seria ed inalienabile.
Abbiamo conosciuto Giovanni Nuvoli dopo il ''caso Welby''. Sulla scia della vicenda di Piergiorgio Welby, aveva chiesto, invano, che fosse staccata la spina del respiratore che lo teneva in vita. Nuvoli era infatti ammalato da sei anni, anche lui affetto da Sla.
Due esistenze differenti che convergevano nella stessa affermazione di principio, due vite separate che andavano ad incontrarsi, e ad assomigliarsi come gocce d'acqua, nella legittima richiesta di avere la possibilità piena di utilizzare quel libero arbitrio caro a tutti e di ''addormentarsi come dopo l'amore, stanchi e tranquilli''.

Sappiamo come è finito il ''caso Welby''. Sappiamo cosa ha fatto Mario Riccio, il medico anestesista che ha accompagnato Welby nel suo ultimo viaggio, e sappiamo di cosa è stato accusato: ''omicidio del consenziente''.
La vicenda giudiziaria del dott. Riccio si è conclusa ieri: il giudice dell'udienza preliminare ha prosciolto il dott. Riccio, perché il fatto non costituisce reato ai sensi dell'articolo 51 del codice penale sull'adempimento di un dovere. A questo punto si potrebbe dire che il ''caso Welby'' è stato definitivamente chiuso, ma non è così.
Infatti, lo stesso giorno nel quale la Giustizia ha dichiarato che: ''con l'interruzione della ventilazione meccanica a Piergiorgio Welby praticata da Riccio è stato attuato un diritto del paziente che trova la sua fonte nella Costituzione e in disposizioni internazionali recepite dall'ordinamento italiano e ribadito in fonte di grado secondario dal codice di deontologia medica'', Giovanni Nuvoli si è lasciato morire. Sì, Nuvoli è morto di inedia, dopo aver chiesto a più riprese (muovendo lo sguardo su una lavagna in plexiglass dov'erano impresse le lettere dell'alfabeto), che i medici staccassero l'apparecchio che gli consentiva di respirare e lo teneva in vita. Rimasto inascoltato, dal 16 luglio scorso aveva scelto di non magiare e di non bere più.

''Giovanni Nuvoli è morto in un modo indegno - ha riferito l'esponente radicale Marco Cappato europarlamentare e segretario dell'associazione Luca Coscioni -, come nemmeno un animale si tollererebbe morisse, per scelta obbligata dallo Stato italiano. Quando il medico anestesista radicale dell'Associazione Luca Coscioni, Tommaso Ciacca, su richiesta reiterata di Nuvoli e dopo diverse visite di numerosi specialisti, si recò a casa sua per praticare il distacco del respiratore sotto sedazione, venne fermato dalle forze dell'ordine, su decisione della Procura e del Tribunale di Sassari. L'Italia dei fautori della 'buona tortura' contro la 'buona morte' applaudì, dal giornale della Conferenza Episcopale Italiana fino alla stampa locale. Soltanto una settimana dopo si sono dovuti arrendere al coraggio e alla forza di un uomo che aveva già sopportato oltre quanto umanamente sopportabile e che aveva perciò deciso di interrompere, fino alle estreme conseguenze, l'assunzione di cibo e di acqua''.

E a 53 anni, Giovanni Nuvoli, si è spento nella sua casa di Alghero ''in tranquillità'' e aiutato solo da alcuni sedativi. ''Giovanni ha finito di soffrire'' ha detto la moglie, Maddalena Soru, che si è dovuta anche difendere da chi ha insinuato che la dipartita del marito, che con la sua battaglia ha raccolto il ''testimone civile'' lasciato da Welby, fosse stato un caso di eutanasia. La donna ha negato che si sia trattato di enutanasia, precisando che al momento del decesso il respiratore ''era ancora attaccato''. La signora Nuvoli ha aggiunto che al marito sono stati solo somministrati alcuni sedativi. In ogni caso nell'abitazione dei coniugi, ad Alghero, si è recato il pm Paolo Piras, per accertare le cause della morte.
 
Nell'aprile scorso, utilizzando il sintetizzatore, unico strumento che gli permetteva di parlare, Giovanni Nuvoli dal letto della sua abitazione aveva dichiarato ai giornalisti: ''Non ho mai cambiato idea e voglio morire senza soffrire, addormentato. Abbiamo già trovato il medico''. Un messaggio che era stato lanciato dalla sua casa, dove era tornato dopo 14 mesi trascorsi nel reparto di rianimazione dell'ospedale civile Santissima Annunziata di Sassari. Una testimonianza commovente, la sua: alto un metro e 85, pesava solo venti chili. Ma anche lucida: Nuvoli aveva dichiarato la sua volontà con grande convinzione. Chiedendo la fine di ''quell'involucro - aveva dichiarato - che non riconosco più come mio corpo''.

Giovanni Nuvoli adesso non c'è più. Purtroppo la sua volontà non è stata rispettata. Voleva morire ''senza soffrire, addormentato'', e invece è morto dopo una lunga, straziante, inumana agonia.

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24 luglio 2007
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