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Voglia di Libertà

Mentre Corleone festeggia un anno senza Provenzano, la Direzione distrettuale antimafia di Palermo cerca il suo tesoro

11 aprile 2007

Corleone, un anno dopo la cattura del boss dei boss, non è poi tanto cambiata. E' vero, l'11 aprile dell'anno scorso la Giustizia segnava un punto storico nella partita contro la criminalità organizzata, arrestare la Primula rossa, il capo incontrastato della mafia siciliana ha significato poter voltare pagina e continuare a leggere con più chiarezza il grosso volume criminale, scritto per tutte le provincie siciliane. Continuare a leggere il grande libro della mafia, infatti, perché la cattura du Zù Binu, non è stata la fine di questa, intesa sia come organizzazione sia come cultura ancora pesantemente presente nella testa dei corleonesi e più generalmente dei siciliani. Sicuramente una ventata d'aria più fresca si è sentita nell'amena cittadina che ha nella sua periferia il rigoglioso bosco di Ficuzza, ma la mafia qui c'è ancora, anche se si vede di meno.
Il segretario della Camera del lavoro corleonese, Dino Paternostro, tiene a dire: ''Non deve passare il messaggio che con l'arresto di Provenzano la mafia sia finita. Qui c'è il controllo delle attività agricole, lo sfruttamento dei lavoratori, la mafia è sommersa''.

Acqua sotto i ponti ne è passata dai tempi di Navarra e Liggio, ma anche di Riina e Bagarella. Il covo dov'è stato arrestato Provenzano a Montagna dei Cavalli è ancora sequestrato dalla magistratura e illuminato giorno e notte da un potente faro. La strada che porta in quella zona ha cambiato nome per volontà del Comune e oggi si chiama via 11 aprile 2006: la data dell'arresto del boss.
Per celebrare quel giorno storico a Corleone si è festeggiato per tre giorni, nei quali l'amministrazione corleonese, guidata dal sindaco Nicolò Nicolosi, ha onorato memorie e dato cittadinanze onorarie. Tre giorni simbolici, non compresi da una buona parte dei corleonesi ai quali se a tutt'oggi gli si rivolge la domanda ''ma chi è Bernardo Provenzano?'' ancora rispondono: ''Per me è una brava persona, degna di rispetto e ingiustamente carcerata''.
Insomma, la stessa idea che molti hanno sempre avuto, come lo stesso è rimasto il ritmo della vita della famiglia del boss. La moglie Saveria Benedetta Palazzolo, dicono in paese, si vede di rado. Va a fare la spesa, va a trovare qualche parente, come prima. Il figlio minore, Francesco Paolo, studia all'estero. Il maggiore, Angelo, ha lasciato la fidanzata con cui aveva fissato le nozze nel maggio 2006. Dopo l'arresto del boss la cerimonia venne annullata anche se le partecipazioni erano state già spedite.

Invece, continuano a muoversi, continuano ad indagare, a cercare e a scoprire gli uomini della Giustizia, consapevoli del fatto che l'arresto di Provenzano non è stato altro che il vero inizio dei lavori. Ad un anno di distanza, mentre silenzioso ed impassibile come una sfinge, Bernardo Provenzano nella sua cella ipercontrollata del carcere di Terni, continua a leggere la sua Bibbia e a vergare frasi paramistiche, la decrittazione dei pizzini trovati nel suo ultimo covo, come le confessioni dei mafiosi che hanno deciso di collaborare dopo l'arresto del padrino, hanno svelato altri segreti, altri nodi, altre vie oscure.
''Ad un anno dall'arresto di Bernardo Provenzano il nostro lavoro non è ancora concluso: l'obiettivo, adesso, è quello di scoprire il suo tesoro, il patrimonio accumulato in questi decenni''. Passata l'emozione del giorno in cui ha messo le mani sul capo di Cosa nostra, ricercato per 43 anni, Marzia Sabella, il Pm della Direzione distrettuale antimafia di Palermo che dal 2001 ha coordinato con il collega Michele Prestipino la caccia all'uomo più lunga della storia, parla del dopo-Provenzano. La donna che ha guidato in silenzio e con la riservatezza che le appartiene il gruppo investigativo ''Duomo'' della polizia, parla dodici mesi dopo il blitz nel casolare di Montagna dei Cavalli. Sabelli lancia un monito: ''Le ricchezze economiche di Provenzano sono ancora nascoste, grazie alla complicità di numerosi prestanome. Scoprire la loro identità é il nostro proposito''.

Il magistrato, come se davanti avesse ogni singolo fotogramma del film dell'ultima parte della lunga latitanza di Provenzano, racconta le immagini dei ''pacchi'' con i ''pizzini'' che uscivano da casa Provenzano, attraversavano Corleone, fino a raggiungere, passando di mano, il covo.
''Nelle intercettazioni - ricorda il pm - una donna preoccupata chiede al marito di non fare più il postino della mafia, e gli dice: 'Un giorno potresti ritrovarti da solo'. Ma l'uomo non l'ascolta: proprio seguendo lui la polizia è arrivata a Provenzano''.
L'ultimo mese e mezzo della caccia al latitante più famoso d'Italia sono scolpiti nella mente di Marzia Sabella che per cinque anni si era messa all'inseguimento del ''fantasma di Corleone''. ''Diverse volte in quegli anni - sottolinea il Pm - Renato Cortese e i suoi uomini stavano per prenderlo, ma poi riusciva sempre a sfuggirci. Non sapevamo se era sfortuna o se una soffiata lo aveva 'salvato' ancora una volta. I ragazzi della squadra sono rimasti tante volte appostati sulla cima di una collina per vedere la stessa automobile che passava. Senza parlare di quante notti hanno inutilmente controllato chi usciva da quel casolare o da quella stalla. E noi sempre con il fiato sospeso, con il cuore in gola, sperando che la pista imboccata fosse quella giusta''.

L'11 aprile dell'anno scorso, la cattura del boss è stata per il magistrato come ''la liberazione da un incubo''. ''La pressione esercitata - racconta ancora Sabella - dalle attività investigative e dalle iniziative processuali della procura hanno portato all'arresto e alla condanna di moltissimi degli uomini più vicini a Provenzano. E questo ha sortito l'effetto sperato, cioè lo ha costretto a rivolgersi al suo contesto familiare per il supporto logistico. Insomma, lo abbiamo messo all'angolo'', quella terra bruciata intorno al boss di cui l'antimafia parlava da oltre un anno. ''La pista giusta - ricorda il Pm - ci è stata offerta dai pacchi che uscivano da casa Provenzano con cadenza periodica. Ma fino al 10 aprile non avevamo nessuna certezza che Provenzano fosse nel corleonese. E' stato l'11 aprile, verso le 9,30, che sono accaduti dei fatti che hanno consentito alla polizia di ritenere con ragionevole certezza che dentro il casolare di Montagna dei Cavalli ci fosse Provenzano. Era la prima volta che avevamo traccia di una presenza fisica all'interno di quella masseria. Una mano ha aperto la porta dall'interno. E' stato allora che abbiamo deciso di intervenire. E così, dopo 43 anni, lo abbiamo finalmente catturato''. Provenzano, rimase impassibile. Sul suo volto un sorriso beffardo e nei suoi occhi qualche lampo di cattiveria. All'interno del casolare in un piccolo televisore acceso, già si mandavano in onda le immagini della sua cattura.
''Ma la partita non è ancora chiusa - aggiunge infine Mazia Sabelli -. Adesso dobbiamo scovare anche il suo tesoro''.
Già, si c'hanna livari i picciuli, gli si devono togliere i soldi, picchì pi picciuli chisti hannu ammazzatu patri, matri e figghi...

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11 aprile 2007
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