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Volevano sequestrare un banchiere

Sette persone legate alla ''Stidda'' e un'ex brigatista rosso arrestati tra la Sicilia, la Puglia e la Lombardia

26 marzo 2009

Insieme al gruppo di mafiosi legati alla 'Stidda', per intederci la mafia nissena, che stava preparando il sequestro di un facoltoso imprenditore siciliano, c'era anche un ex militante delle Brigate Rosse.
Il piano, sventato dai magistrati della Procura di Caltanissetta e dai carabinieri di Gela e del comando provinciale nisseno, ha portato all'esecuzione di otto ordini di custodia cautelare in carcere. I provvedimenti sono stati eseguiti in Sicilia e in altre due regioni. L'operazione è stata denominata 'Caiman'.

Dunque, la mafia di Gela stava organizzando un sequestro e ad essere sequestarto doveva essere il banchiere Giovanni Cartia, presidente della Banca Agricola Popolare di Ragusa, uno degli uomini più facoltosi della Sicilia. A organizzare il piano sarebbe stato l'ex militante delle BR, Calogero La Mantia, 59 anni di Sommatino (CL), arrestato negli anni '70 come appartenente alla colonna milanese delle BR, in collaborazione con alcuni componenti dell'organizzazione criminale capeggiata da Vincenzo Pistritto, 41 anni, pregiudicato di Gela. Anche lui è stato arrestato stamani. Lo spessore criminale di Pistritto è descritto da diversi collaboratori di giustizia. L'indagato, insieme ai suoi presunti complici, aveva ideato e materialmente pianificato, con vari sopralluoghi, diversi progetti criminosi, principalmente rapine, per le quali è emersa la disponibilità di armi ed esplosivo al plastico.

Dall'inchiesta, che è riservatissima, si è appreso soltanto che gli indagati avevano studiato i movimenti dell'uomo ed effettuato sopralluoghi. Il piano stava per scattare e doveva essere messo a segno prima di Pasqua. Anche il covo in cui doveva essere portato Cartia era stato preparato nei pressi di Comiso (RG). Il gruppo aveva in mente anche un altro sequestro di persona, quello dell'imprenditore edile gelese Vincenzo Cavallaro.
Gli inquirenti sono riusciti a sventare il piano grazie all'uso di intercettazioni ambientali effettuate per indagini che non riguardavano la mafia.
Sempre secondo le poche notizie che sono trapelate, sembra che l'azione sarebbe rientrata nella nuova strategia criminale dettata dai Corleonesi. Già alcuni anni fa collaboratori di giustizia come Michelangelo La Barbera (pentito di mafia palermitano sottoposto al 41bis per l'omicidio del cognato Salvatore Inzerillo) e Michelangelo Camarda (faceva parte degli uomini fidati del boss palermitano Balduccio Di Maggio) avevano rivelato che i Corleonesi, dopo aver a lungo vietato in Sicilia i sequestri di persona, volevano iniziare una "nuova stagione" criminale effettuando rapimenti di facoltosi imprenditori.
L'indagine, inoltre, avrebbe permesso di ricostruire l'organigramma di una presunta associazione mafiosa che stava progettando rapine e sequestri anche a Modugno (Bari) e Cremona.

L'inchiesta è stata coordinata dal procuratore Sergio Lari, dall'aggiunto Domenico Gozzo e dal sostituto della Direzione distrettuale antimafia, Nicolò Marino. I provvedimenti cautelari riguardano tutte persone originarie del Nisseno, due delle quali avevano interessi economici in altrettante regioni italiane (Puglia e Lombardia) dove stamani i carabinieri li hanno arrestati.
Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa e associazione per delinquere, detenzione di armi ed esplosivi, sequestro di persona a scopo di estorsione, con l'aggravante per tutti di essere un'associazione armata.

I soldi dei sequestri da investire in appalti al Nord  - Il denaro che i componenti della Stidda avrebbero incassato dal sequestro del banchiere Giovanni Cartia e dell'imprenditore Vincenzo Cavallaro di Gela dovevano essere investiti in nuove imprese edili che avrebbero dovuto eseguire appalti in alcune regioni del Nord.
Il particolare emerge dall'inchiesta coordinata dal procuratore Sergio Lari, dall'aggiunto Domenico Gozzo e dal sostituto della Dda, Nicolò Marino. Dalle intercettazioni ambientali emerge che il rapimento così come le rapine a gioiellerie e a furgoni porta valori, sarebbero serviti a Vincenzo Pistritto, arrestato stamani, per costituire un'impresa edile - in società con imprenditori legati a Cosa nostra - che avrebbe partecipato ad appalti pubblici, in particolare nel Nord.

[Informazioni tratte da La Siciliaweb.it, Repubblica.it, Corriere.it, AGI]

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26 marzo 2009
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