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W LA LIBERTA'

25 Aprile 1945: l'Italia veniva liberata dall'incubo nazifascita

25 aprile 2007

Tu non sai le colline / dove si è sparso il sangue. / Tutti quanti fuggimmo / tutti quanti gettammo / l'arma e il nome.
Cesare Pavese, da ''La terra e la morte''

Sessantadue anni fa l'Italia veniva liberata dall'incubo del nazifascismo. Il 25 aprile del 1945 l'Italia riconquistava la LIBERTA', e ogni anno da allora uno dei più grandi avvenimenti della storia italiana viene ricordato, omaggiato, ringraziato, festeggiato.
Un ingiusto e pericoloso revisionismo che ha preso sempre più piedi negli ultimi anni, tenta di sminuire l'enorme significato che il 25 Aprile ha per tutti gli italiani. Alcuni l'hanno fatto diventare il ''giorno dei comunisti'', altri lo hanno addirittura infangato chiamando in causa le vittime di una pagina ignobile della storia patria, ossia quella delle foibe, causata sì da una parte malata e cieca della Resistenza, ma che non si può assolutamente attribuire alla Liberazione.

La Liberazione è di tutti, e tutti gli italiani devono andare fieri dello spirito che animò il coraggio dei nostri compatrioti che per la LIBERTA' combatterono e per la LIBERTA' diedero la vita. 


25 APRILE 1945: LA LIBERAZIONE
Con la locuzione Resistenza italiana si indica l'insieme di partiti e movimenti politici di opposizione alle forze nazifasciste che presero il potere nella parte centro settentrionale dell'Italia dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. Alla Resistenza presero, infatti, parte gruppi organizzati e spontanei di diverse estrazioni politiche, uniti nel comune intento di opporsi militarmente e politicamente al governo della Repubblica Sociale Italiana (RSI) e degli occupanti nazisti. Ne scaturì la lotta di liberazione, conclusasi il 25 aprile 1945, quando l'insurrezione armata partigiana proclamata dal Comitato di Liberazione Nazionale per l'Alta Italia (CLNAI) consentì di prendere il controllo di quasi tutte le città del nord del paese, con l'esercito tedesco in ritirata di fronte all'avanzata delle truppe alleate.
Era l'ultima parte di territorio ancora occupata dalle truppe tedesche in ritirata verso la Germania e soggetta all'azione repressiva delle formazioni repubblichine della Repubblica Sociale Italiana cui il movimento partigiano opponeva la propria resistenza. La resa incondizionata dell'esercito tedesco si ebbe il 29 aprile.
Per estensione, viene da taluni chiamato Resistenza anche il periodo che va dagli anni '30 (in cui presero vita i primi movimenti) alla fine della guerra, inglobando nel concetto di resistenza ogni forma di opposizione alla dittatura di Benito Mussolini.

LE OPPOSIZIONI AL REGIME FASCISTA
Dopo l'omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti e la decisa assunzione di responsabilità da parte di Mussolini, l'Italia si incammina verso un regime dittatoriale. Il sempre maggiore controllo e le persecuzioni degli oppositori, a rischio di carcerazione e di confino, spinge l'opposizione ad organizzarsi in clandestinità in Italia e all'estero, creando una rudimentale rete di collegamenti e gettando le basi per una struttura operativa potenzialmente armabile.
Tuttavia le attività clandestine non producono risultati di rilievo, restando frammentate in piccoli gruppi non coordinati, incapaci di attaccare o almeno di minacciare il regime. La loro attività si limitava al versante ideologico: era copiosa la produzione di scritti e libelli che però non raggiugevano le masse, che del resto rimanevano stabili nel consenso al regime. Solo la guerra, e in particolare lo sfascio dello Stato innescato dai fatti dell'estate del 1943, offre ai clandestini l'occasione di entrare in contatto (magari mediato) fra loro, in ciò aiutati dalle forze anglo-americane che ne compresero la strategica importanza per le sorti del conflitto e che provvidero ad armarle e aiutarle anche per gli aspetti logistici. Gli esponenti della Resistenza comprendevano allora gli anarchici, i militanti dei partiti di sinistra e i liberali e cattolici che erano stati defenestrati dal fascismo nel '22.

IL CLN
Il movimento partigiano, prima raggruppato in bande autonome, fu successivamente organizzato dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) in brigate e divisioni, quali le Brigate Garibaldi, costituite su iniziativa del Partito Comunista, le Brigate Matteotti, legate al Partito Socialista, le Brigate Giustizia e Libertà, legate al Partito d'Azione, le Brigate Autonome (principalmente ex-militari) prive di rappresentanza politica, ma simpatizzanti per la monarchia, talvolta riportati come badogliani.
Specialmente nel periodo che va dall'8 settembre 1943 (data dell'armistizio di Cassibile) al 25 aprile 1945 l'Italia visse una vera e propria guerra civile. L'azione della Resistenza italiana intendeva essere una guerra patriottica di liberazione dall'occupazione tedesca, ma di fatto ebbe anche l'effetto di scatenare una guerra civile contro i fascisti e gli aderenti alla Repubblica di Salò, nelle cui fila vi erano anche gruppi di giovani che consideravano l'armistizio con gli alleati anglo-americani un tradimento nei confronti dell'alleato tedesco.

LE ANALISI
I significati che vengono assegnati al fenomeno resistenziale sono molteplici, perché molteplici sono state le esperienze individuali, i percorsi attraverso i quali uomini e donne che avevano conosciuto una dittatura ventennale, e spesso erano nati e cresciuti sotto tale regime, hanno deciso di combattere i nazisti e la Repubblica di Salò. La presa di consapevolezza della possibilità di mettere fine alla dittatura e di far nascere una democrazia, il rifiuto dell'obbligo di far parte dell'esercito repubblichino, la speranza di vedere la fine della guerra e delle sofferenze di un popolo, il desiderio di riscatto sociale, la difesa dell'Italia dall'aggressione tedesca dopo la caduta del regime fascista, sono solo alcune delle ragioni che hanno spinto migliaia di italiani a trasformarsi in resistenti. Ad essere coinvolti in quella che viene anche chiamata guerra partigiana, si calcola siano stati circa 310.000 uomini armati che, specialmente nelle zone montagnose del centro-nord italia, svolsero attività di guerriglia e controllo del territorio che via via veniva liberato dai nazifascisti.
Nell'Italia centro-meridionale il movimento partigiano non ebbe altrettanta crucialità militare, sebbene nelle aree restituite al controllo del re (di fatto, degli Alleati) si riunissero i principali esponenti politici che da lontano coordinavano le azioni militari partigiane, anche insieme alle armate alleate. Infatti l'esercito anglo-americano aveva sospinto sulla linea Gustav già dal 12 ottobre '43 le forze tedesche che risalivano verso il nord.
Con mezza penisola liberata e la restante parte ancora da liberare, con violente tensioni sociali ed importanti scioperi operai che già nella primavera del '44 avevano paralizzato le maggiori città industriali (Milano, Torino e Genova), le popolazioni del nord Italia si preparavano a trascorrere l'inverno più lungo e più duro, quello del '45. Sulle montagne della Valsesia, sulle colline delle Langhe e sulle asperità dell'Appennino ligure le formazioni partigiane erano ormai pronte a combattere.

I GAP E LE SAP
Nelle città cominciarono a costituirsi nuclei partigiani clandestini denominati GAP (Gruppi di Azione Patriottica) formati ognuno da pochi elementi pronti a svolgere azioni di sabotaggio e di guerriglia nonché di propaganda politica. Accanto ad essi, nei principali centri urbani sorsero all'interno delle fabbriche le SAP (Squadre di Azione Patriottica), ampi gruppi di sostegno alle formazioni partigiane belligeranti, con l'obiettivo specifico di rendere più ampia possibile la partecipazione popolare al momento insurrezionale. Attriti sorsero, però, a questo punto su quale sarebbe stato per il movimento partigiano l'interlocutore privilegiato, politico o militare che fosse, italiano oppure alleato.
E sotto questo aspetto a poco era servita la militarizzazione ''ufficiale'' dei partigiani, avvenuta nel giugno '44 con l'istituzione - riconosciuta sia dai comandi militari alleati che dal governo nazionale - del Corpo volontari della libertà (o Corpo italiano di liberazione, CIL). A capo dei circa 200 mila combattenti che formavano il nuovo esercito italiano era stato posto il generale Raffaele Cadorna Jr, con vicecomandanti l'esponente del PCI Luigi Longo e quello del Partito d'Azione Ferruccio Parri).
Mentre si cominciava comunque a guardare al futuro, un altro punto di contrasto era costituito, appunto, da quello che sarebbe accaduto nel dopoguerra, che veniva avvertito ormai come prossimo. Se da un lato la guerra di liberazione accomunava diverse forze politiche, sia pure nella clandestinità e nella diversità ideologica, l'obiettivo successivo - la nuova Italia - era fonte di divergenza: i partiti della sinistra - peraltro divisi al loro interno - paventavano particolarmente un ripristino dello stato liberale prefascista; dal canto suo, il Partito d'Azione sosteneva la necessità che alle organizzazioni partigiane venisse attribuito un ruolo di rilievo nell'edificazione di una nuova democrazia in grado di sovvertire il vecchio ordinamento monarchico. La monarchia, del resto, continuava ad essere sostenuta anche dai gruppi partigiani che si riconoscevano nell'ala democratico-cristiana, liberale ed autonoma, oltre che dai soldati dell'esercito che non avevano aderito alla RSI (Repubblica Sociale Italiana).

RESA INCONDIZIONATA
La Resistenza italiana ebbe formalmente termine, come si è detto, il 29 aprile, con la resa incondizionata dell'esercito tedesco. Ma prima vi era stata la cattura e l'esecuzione di Benito Mussolini: il 27 aprile del 1945, il duce del fascismo, avvolto nel pastrano di un soldato tedesco, fu catturato a Dongo, in prossimità del confine con la Svizzera, mentre tentava di espatriare assieme alla compagna Claretta Petacci. Riconosciuto dai partigiani, fu fatto prigioniero e giustiziato il giorno successivo 28 aprile a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como; il suo cadavere venne esposto impiccato a testa in giù, accanto a quelli della stessa Petacci e di altri gerarchi, in piazzale Loreto a Milano, ove fu lasciato alla disponibilità della folla. In quello stesso luogo otto mesi prima i nazifascisti avevano esposto, quale monito alla Resistenza italiana, i corpi di quindici partigiani uccisi.
Il 30 aprile 1945 il Comitato di liberazione nazionale Alta Italia ebbe a commentare che ''la fucilazione di Mussolini e dei suoi complici è la conclusione necessaria di una fase storica che lascia il nostro paese ancora coperto di macerie materiali e morali''.

ALCUNE CIFRE SULLA RESISTENZA
Si calcola che i caduti per la Resistenza italiana (in combattimento o uccisi a seguito di cattura) siano stati complessivamente circa 44.700; altri 21.200 rimasero mutilati ed invalidi; tra partigiani e soldati italiani caddero combattendo almeno 40.000 ; altri 40.000 soldati morirono nei lager nazisti.
Le donne partigiane combattenti furono 35 mila, mentre 70 mila fecero parte dei Gruppi di difesa della donna; 4.653 di loro furono arrestate e torturate. 2.750 furono deportate in Germania, 2.812 fucilate o impiccate; 1.070 caddero in combattimento; 15 vennero decorate con la medaglia d'oro al valor militare.
Le vittime civili di rappresaglie nazifasciste durante la resistenza furono oltre 10 mila; gli ebrei deportati nei lager più di 10.000. Dei 2.000 deportati dal ghetto di Roma il 16 ottobre '43 ne tornarono vivi solo quindici. Le cifre qui riportate, comunque, sono da repurtarsi indicative.

Fonte: Wikipedia

- Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia

- Associazione Nazionale Partigiani d'Italia

- www.cefalonia.it

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25 aprile 2007
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