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Zucker! ... Come diventare Ebreo in 7 giorni

In scena, con pesante leggerezza, i disastri della vita e lo scontro fra due culture

05 dicembre 2005


 



Noi vi segnaliamo...
ZUCKER!... COME DIVENTARE EBREO IN SETTE GIORNI
di Dani Levy

Il vero nome di Jaeckie Zucker è Jakob Zuckermann ma lui non ha più nulla a che fare con il club ebraico dal 1961, quando è stato costruito il muro. E' stato allora che sua madre insieme al primogenito Samuel è fuggita ad Ovest lasciando Jaeckie a cavarsela da solo. Da allora il contatto tra le due parti divise della famiglia si è interrotto. Nel frattempo Jaeckie, usando al meglio la sua astuzia e simpatia è diventato un famoso cronista sportivo della Germania Est. Dalla caduta del muro però, la proverbiale fortuna del rubacuori Jaeckie è sparita. A questo punto però l'unica speranza per l'ex giornalista è l'eredità di sua madre. Ma secondo quanto stipulato nel testamento della donna, prima di entrare in possesso dell'eredità Jaeckie dovrà riconciliarsi con il fratello Samuel, ebreo ortodosso.
''La vita è un gioco e io sono un giocatore nato''. E' questo il principio di vita di Jaeckie Zucker, vittima (secondo lui) dei cambiamenti politici seguiti alla caduta del muro. Durante i preparativi del funerale della madre si iscrive ad un torneo di biliardo, per pagarsi i debiti...


Distribuzione Lady
Durata 90'
Regia Dani Levy
Con Henry Hubchen, Hannelore Elsner, Udo Samel
Genere Commedia


La critica
"L'umorismo è una delle cose più belle e toccanti quando viene fuori dalla sofferenza e 'Zucker!... come diventare ebreo in sette giorni' di Dani Levy è esattamente questo: una commedia che mette in scena con pesante leggerezza i disastri della vita e lo scontro fra due culture. Gli sfaceli familiari, d'altronde, spesso danno vita a grandi commedie. In più, il film è ben scritto, pieno di battute politically uncorrect , sfacciate, appassionate e soprattutto autoironiche. Perché, come dice il regista, 'Dio ride. Ed essendosi sconsideratamente eletti come suo popolo, noi ebrei non possiamo che ridere di noi stessi'."
Roberta Bottari, Il Messaggero

"Naturalmente è una commedia. Scritta e diretta da un regista, Dani Levy, che, essendo ebreo anche lui, non ha timore di farsi beffe della mentalità e del modo di vivere dei suoi correligionari più ortodossi. Forse poteva essere meno irriverente, anche perché, in certi passaggi, le sue beffe rischiano di apparire stonate, la caratterizzazione dei vari personaggi, tuttavia è condotta con una disinvoltura indubbiamente colorita e i risvolti narrativi, pure un po' contorti, i risultati allegri cui tendevano li raggiungono. Qua e là anche con una certa malizia. Gli interpreti però non aiutano molto. Hanno tutti un passato fecondo, sia in teatro, sia in televisione e al cinema, ma qui da noi hanno scarsi richiami. Cito almeno il protagonista Henry Hubchen. Può divertire, ma si agita molto."
Gian Luigi Rondi, Il Tempo

"Pur nella scelta grottesca, lo sceneggiatore e regista del film Dani Levy, mantiene un tono equilibrato: alterna scene comiche con altre più serie, senza abbandonarsi alle tentazioni del cinismo. La sua è una commedia famigliare, non priva di sfumature psicologiche, nella tradizione dell'umorismo ebraico. Che - ce lo hanno dimostrato Lubitsch, Allen e altri grandi - si preoccupa assai meno del politicamente corretto che di rappresentare le debolezze umane in modo diretto, autoironico e, al caso, anche sfacciato."
Roberto Nepoti, la Repubblica

"Campione d' incassi tedesco, il film di Dani Levy, che da grande vorrebbe essere Billy Wilder, si concede il lusso di ironizzare sulla religione, mira l'ortodossia ebraica e sta in equilibrio delicato su un tema pericoloso con la sfacciataggine tipica dell'autoironia. È alla fine una divertente commedia-farsa degli equivoci (...) Ne capitano di ogni tipo, finti attacchi di cuore e vere sfide di biliardo, amori casalinghi, un dialogo spiritoso sul filo dell'understatement da Woody Allen, critica politica sulle due Germanie e un cast variopinto in cui nessuno è un vero ebreo. Importante era rompere il tabù con intelligenza, misura, affettuosa complicità: fatto!"
Maurizio Porro, Corriere della Sera

- Premio Ernst Lubitsch per la migliore commedia tedesca dell'anno

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05 dicembre 2005
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