Alla scoperta di uno dei "vitigni reliquia" della Sicilia, l'Orisi
"Figlio" di Sangiovese e Mantonico, l'Orisi è un vino antico che una coppia di trentini trapiantati in Sicilia vuole proiettare nel futuro
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La Sicilia, terra eletta per la produzione vitivinicola, è ricca di eccellenze provenienti da ogni parte dell'isola, con specifiche inclinazioni sui vini rossi soprattutto nella zona del catanese e del siracusano.
Lì, proprio dove l'Etna influisce sulle caratteristiche dei terreni rendendoli ricchi, e più giù, nel Sud Est, dove i suoli sono costituiti da arenarie profonde, intervallate da sottili strati di calcare che trattengono l'acqua in profondità per i periodi più siccitosi, nel tempo sono nate vaste coltivazioni di Carricante, Etna DOC, Nerello Mascalese, Cerasuolo di Vittoria e Nero d'Avola, vini e vitigni tra i più famosi al mondo.
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I vitigni siciliani sono però molti, molti di più rispetto alle varietà citate. Basti pensare che, intorno all'Ottocento, esistevano circa 50 vitigni "minori", descritti minuziosamente nelle "Memorie sui vini siciliani", testo dell'abate Geremia che si occupò di classificare tutti i vitigni noti del territorio catanese.
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Una realtà assolutamente interessante nell'ottica della salvaguardia delle biodiversità e che nel lontano 2003 ha portato la Regione Siciliana, attraverso l'Assessorato regionale all'Agricoltura, a formare una sorta di task force impegnata nel rintracciare, in lungo e in largo per l'intera Isola, questi vitigni "reliquia" - testimoni dell'antico patrimonio vinicolo siciliano -, e poterne studiare la genetica.
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Il progetto chiamato "Valorizzazione dei Vitigni Autoctoni Siciliani", gestito dal vivaio regionale intitolato a Federico Paulsen a Marsala (dove è raccolto il germoplasma viticolo siciliano), ha coinvolto agronomi, agricoltori ed enologi e ha consentito di fare una vera e propria ricostruzione del pedigree della viticoltura siciliana. Tra le scoperte più interessanti c'è stata l'individuazione di due tra gli avi più importanti dei vitigni isolani: il Sangiovese e il Mantonico.
L'ORISI, IL VITIGNO SCOMPARSO (E RITROVATO)
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Alzi la mano chi conosce il vitigno "Orisi"! E di mani alzate nemmeno l'ombra. Nulla di strano, attenzione, perché abbiamo fatto il nome di un frutto tutt'altro che noto. Ecco, l'Orisi è proprio uno dei vitigni "reliquia" di Sicilia.
"Figlio" della libera impollinazione tra Sangiovese e Montonico Bianco, grazie agli ampelo-archeologi regionali se ne sono trovati pochi esemplari nei vigneti più antichi dell'area dei Nebrodi.
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Oggi l'Orisi "ha trovato la sua casa in un piccolo fazzoletto della tenuta Santa Tresa" spiega Stefano Girelli, viticoltore trentino che dal 2001, insieme alla sorella Marina, sono approdati a Vittoria (RG) per produrre vini "carichi di energia, di storia e di futuro" e partecipare al recupero dei vitigni dimenticati. "Ne abbiamo piantato 1523 ceppi allevati a spalliera in un terreno, esposto a Nord, franco sabbioso, ricco di minerali e poggiato su uno strato di calcareniti compatte".
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"Abbiamo preso parte a questo progetto con orgoglio - spiega l'imprenditore - perché siamo convinti che il recupero e la valorizzazione dei vitigni antichi rappresenti una concreta azione nella salvaguardia della biodiversità e dei territori storicamente vocati alla viticoltura".
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Portato in produzione, l'Orisi di Santa Tresa si è vestito dell'etichetta "O", uscita con l'annata 2020 Rosso Terre Siciliane Igp in edizione limitata, di poco più di duemila bottiglie. Un vino di carattere, dal colore viola profondo impenetrabile e dal profumo di fiori e frutti rossi, con un tocco di spezie dolci come il pepe rosa e note agrumate di cedro.
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Un inno alla rinascita di uno dei frutti della biodiversità insulare, al quale si sono aggiunte altre due etichette sempre monovitigni da uve autoctone: Avulisi 100% Nero d'Avola da vigne vecchie (una vigna di Nero d'Avola risalente al 1964), e il Boscopiano, 100% Frappato, dell'Azienda Agricola Cortese (altra azienda acquisita dai fratelli Girelli, nello stesso territorio di Vittoria).
Alla base della complessa sfida che hanno intrapreso Stefano e Marina Girelli, prima di tutto la passione per il vino, che si sono portati appresso dal Trentino e che nell'Isola si è moltiplicata; poi, l'intenzione di dare un futuro al vino siciliano guardando al passato, in una reinterpretazione contemporanea che esprima tutta l'autenticità della Sicilia del vino.
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Stefano e Marina Girelli, fratelli trentini da tre generazioni nel mondo del vino, si innamorano della Sicilia nel 2001. Hanno accarezzato il sogno di trovare un'azienda agricola in quest'isola, da rilevare e rilanciare, sin dal 2001 e lo hanno realizzato a partire dal 2010, prima con l'acquisizione di Santa Tresa, e poi - nel 2016 - con l'azienda agricola Cortese, due tenute ubicate a Vittoria, nel meraviglioso entroterra ragusano, che producono esclusivamente vini biologici. Due realtà situate a 8 chilometri una dall'altra ma che sono profondamente diverse tra loro per terroir e genotipi di vitigni.