Il Sud si svuota...
Dal report Istat "Il futuro demografico del Paese". Nel 2065 il Meridione ospiterà solo il 29% della popolazione
Nei prossimi anni assisteremo in modo evidente ad uno spostamento del peso della popolazione dal Mezzogiorno al Centro-nord del Paese.
Lo certifica l'Istat nel report "Il futuro demografico del Paese".
Secondo le previsioni, nel 2065 - quindi tra meno di 50 anni - il Centro-nord accoglierebbe il 71% di residenti contro il 66% di oggi; il Mezzogiorno invece arriverebbe ad accoglierne il 29% contro il 34% attuale. Nello scenario mediano, mentre nel Mezzogiorno il calo di popolazione si manifesterebbe lungo l'intero periodo, per il Centro-nord, superati i primi trent'anni di previsione con un bilancio demografico positivo, un progressivo declino della popolazione si compierebbe soltanto dal 2045 in avanti.
La probabilità empirica che la popolazione del Centro-nord abbia nel 2065 una popolazione più ampia rispetto a oggi è pari al 31%, mentre nel Mezzogiorno è pressoché nulla.
L'ITALIA PERDE ITALIANI - La popolazione residente in Italia sarà pari a 58,6 milioni nel 2045 e a 53,7 milioni nel 2065. La perdita rispetto al 2016 (60,7 milioni) sarebbe di 2,1 milioni di residenti nel 2025 e di 7 milioni nel 2065. Tenendo conto della variabilità associata agli eventi demografici - precisa l’Istat - la stima della popolazione al 2065 oscilla da un minimo di 46,1 milioni a un massimo di 61,5. La probabilità di un aumento della popolazione al 2065 è pari al 7%. Le future nascite non saranno sufficienti a compensare i futuri decessi. Nello scenario mediano, dopo pochi anni di previsione il saldo naturale raggiunge quota -200mila, per poi passare la soglia -300 e -400mila unità in meno nel medio e lungo termine. L'età media della popolazione passerà dagli attuali 44,7 a oltre 50 anni del 2065. Secondo il report, "il processo di invecchiamento della popolazione è da ritenersi certo e intenso".
ARRIVANO I MIGRANTI - Il saldo naturale della popolazione in Italia trae parziale sollievo dalle migrazioni. L'effetto addizionale del saldo migratorio sulla dinamica di nascite e decessi comporta 2,5 milioni di residenti aggiuntivi nel corso dell'intero periodo previsto, ovvero fino al 2065. In particolare, nello scenario mediano si assume una quota annua di immigrati dall'estero che si mantiene a lungo poco sotto il livello delle 300 mila unità - scrive l'Istituto di statistica - per poi gradualmente scendere fino al livello delle 270mila unità annue entro il 2065. Secondo questa ipotesi si prevede che nell'intervallo temporale fino al 2065 emigrino complessivamente in Italia 14,4 milioni di individui.
Dopo una prima fase di lieve diminuzione, da 157 a 132mila tra il 2016 e il 2035, gli emigrati per l'estero presentano a loro volta un'evoluzione stabile nel medio e lungo termine, intorno a un valore medio di 130mila unità annue dal 2035 in avanti. In totale sarebbero 6,7 milioni gli emigrati dall'Italia nell'intero arco di proiezione. L'Istat evidenzia tuttavia che i flussi migratori con l'estero sono contrassegnati, assai più delle altre componenti demografiche, da profonda incertezza riguardo al futuro, dipendendo da fattori socio-economici interni ed esterni di non facile interpretazione.
SI VIVE DI PIÙ - La vita media in Italia aumenta ancora, almeno stando alle previsioni del report Istat. Entro il 2065 la vita media crescerebbe fino a 86,1 anni e fino a 90,2 anni, rispettivamente per uomini e donne (80,1 e 84,6 anni nel 2015). L'incertezza assegna limiti di confidenza compresi tra 84,1 e 88,2 anni per gli uomini e tra 87,9 e 92,7 anni per le donne. Anche la fecondità è prevista in rialzo, da 1,34 a 1,59 figli per donna nel periodo 2016-2065 secondo lo scenario mediano. Tuttavia - specifica l'Istituto di statistica - l'incertezza aumenta lungo il periodo di previsione: l'intervallo di confidenza proiettato al 2065 è piuttosto alto e oscilla tra 1,25 e 1,93 figli per donna. In ogni caso, la prospettiva di un pur parziale recupero della fecondità (da 1,34 figli per donna nel 2016 a 1,59 entro il 2065) non basterà a determinare un numero di nati che risulti, anno dopo anno, sufficiente a compensare l'aumentato numero di defunti.