L'antico miele degli Iblei è diventato Presidio Slow Food
Il miele di timo ibleo è una produzione antichissima e pregiata, celebrata già da Virgilio e Ovidio
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Sul pesce, sulla carne o sulle verdure, il timo trova spesso e volentieri il proprio posto nei ricettari italiani. Ma c'è una varietà in particolare nota da millenni per l'eccezionale miele che è in grado di esprimere: il Thymus capitatus. La pianta è diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo, ma è in Sicilia che storicamente dà il meglio di sé.
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Sui Monti Iblei, cioè quel complesso montuoso compreso tra le province di Siracusa, Ragusa e Catania, la presenza di timo è testimoniata da riferimenti letterari che ci portano indietro di più di duemila anni. Diversi autori dell'età classica - da Strabone a Virgilio, da Ovidio a Plinio il Vecchio - celebravano già il miele di timo ibleo.
Miele ibleo prodotto nella Valle dell'Anapo, foto di Simona Di Bella - Flickr.com, CC BY-SA 2.0
Un miele che si produce esclusivamente nel periodo estivo e che tende a cristallizzare lentamente, di colore ambrato più o meno chiaro, che sprigiona odori floreali un po' speziati e che è caratterizzato da un sapore dolce e da un aroma intenso e persistente. Un miele, quello di timo ibleo, che adesso è Presidio Slow Food.
Un'annata da incubo: produzioni quasi azzerate e la moria di api
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Si chiama garìga ed è il tipo di vegetazione contraddistinta da bassi cespugli con vari arbusti ed erbe, comune alle zone aride rocciose, pietrose e solitamente calcaree dell'area mediterranea. In Sicilia, sui Monti Iblei, rappresenta da sempre l'ambiente più diffuso: le garìghe costituiscono un ottimo pascolo per le api, in particolare quelle che uniscono timo e rosmarino.
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Il pregiato miele monoflora di timo, però, è in pericolo. Da anni, infatti, il miele ibleo è incluso nell'Arca del Gusto di Slow Food, il catalogo online che racchiude varietà vegetali, razze animali e cultura alimentare a rischio scomparsa.
"Le problematiche sono molte. C'è sicuramente una questione dovuta alla diminuzione dei timeti e la conseguente minore quantità di fiori a disposizione delle api mellifere" spiega Carmelo Maiorca, referente Slow Food del Presidio del miele ibleo. Le cause? "Le conversioni di terreni rocciosi in terreni agrari attraverso scriteriati sbancamenti di molte zone di garìga, la raccolta indiscriminata del timo, gli incendi e l'inquinamento".
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Ma c'è anche un'altra questione, e ha a che fare con gli effetti dei cambiamenti climatici sulle fioriture: le stesse api producono molto meno miele rispetto agli anni passati. A lanciare il grido d'allarme è Rosa Sutera, referente dei produttori del Presidio: "Questa estate è stata ancora peggiore degli scorsi anni, è un vero e proprio disastro. Abbiamo portato 50 famiglie di api nel siracusano e abbiamo raccolto appena dieci chili di miele di timo. Per le alte temperature e per gli incendi che hanno colpito queste aree, molte famiglie sono morte e altre hanno deciso di lasciare le arnie per il caldo eccessivo. È un disastro".
Un Presidio per il rilancio
Miele ibleo prodotto nella Valle dell'Anapo, foto di Simona Di Bella, CC BY-SA 2.0
I produttori del Presidio, oggi, sono soltanto due: "Fare il miele di timo ibleo è un sacrificio - prosegue Rosa -. Il lavoro è molto e la redditività bassa, perché i quantitativi sono scarsissimi. Il 2021, poi, è stato l'anno della apocalisse. Non si può andare avanti così: lavorare, non guadagnare e perdere le api. Abbiamo bisogno di aiuto".
Il riconoscimento come Presidio Slow Food, oltre a valorizzare un miele monofloreale dalle caratteristiche uniche, vuole essere il punto di partenza per invertire la tendenza del declino dei timeti. Il timo, infatti, è una specie da riforestazione: mediante la piantumazione in luoghi idonei è possibile ripristinare ambienti naturali alterati, mettendo a disposizione delle api nettare prezioso e permettendo agli apicoltori di proseguire la tradizione di portare le arnie sulle fioriture del timo.
- Qui si produceva il miglior miele dell'antichità... (Guidasicilia)