La parola magica per la ristorazione nella Fase 2 è Take Away (oltre che delivery)
Il cibo da asporto salva sia gli italiani rientrati a lavoro che il settore della ristorazione
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Dall'immancabile caffè con il cornetto per colazione all'insalatona dimagrante per pranzo dopo un lungo periodo di inattività, ma anche il pollo con le patate da riportare a casa per cena dopo la giornata di lavoro "salvano" il rientro al lavoro di più 1 italiano su 3 (37%) che acquista cibo take away.
È quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che la Fase 2 dell'emergenza coronavirus è segnata dal via libera ai cibi per asporto particolarmente significativo con la ripresa del lavoro per 4,4 milioni di italiani.
Un passo importante per le famiglie con la fine del lockdown, che sancisce la ripresa del lavoro e riduce il tempo disponibile per gli italiani ai fornelli, ma che - sottolinea la Coldiretti - rappresenta anche una prima prova per la ripresa delle attività della ristorazione, azzerate dalla chiusura forzata. Una opportunità - precisa la Coldiretti - colta da molte strutture localizzate in prossimità di stazioni ferroviarie, bus, uffici e imprese che si sono attrezzate per offrire il servizio in sicurezza ed evitare affollamenti.
La chiusura forzata di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi ha un effetto a valanga sull'agroalimentare nazionale con il valore dei mancati acquisti in cibi e bevande per la preparazione dei menù che sale a 5 miliardi per effetto del lockdown prolungato al primo giugno, secondo l'analisi della Coldiretti.
La spesa degli italiani per pranzi, cene, aperitivi e colazioni fuori casa prima dell'emergenza coronavirus - conclude la Coldiretti - era pari al 35% del totale dei consumi alimentari, per un valore di 85 miliardi di euro all'anno con un italiano su tre (37%) che abitualmente consuma - a casa o al lavoro - i menu da asporto o per consegna a domicilio, preparati da ristoranti, pizzerie, fast food o agriturismi, secondo l'indagine Coldiretti/Ixè.
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