La Sicilia dei "nani" e dei "giganti": dalla paleontologia alla leggenda
Cosa hanno a che vedere i Palaeoloxodon falconeri e i Ciclopi? Sapete di che stiamo parlando, vero?
Cinquecentomila anni fa, nel Pleistocene Superiore, la Sicilia si presentava come un territorio ricco di corsi d'acqua, con estese foreste e ampie savane abitate da ippopotami, iene, orsi, leoni, bisonti, tartarughe e ghiri giganti, e ben tre specie differenti di elefanti.
La presenza di queste specie proprio in Sicilia, è legata all'alternanza di fasi climatiche fredde (glaciazioni) e calde, le quali provocarono oscillazioni del livello marino, talmente notevoli, da trasformare in isole quelle terre originariamente unite al continente.
Grazie a questi "ponti continentali" si verificò più volte il collegamento tra Sicilia, isola di Malta e l'Italia, permettendo la migrazione di specie animali che, diversamente, non sarebbero arrivate su queste isole e le quali assunsero caratteristiche particolari.
Il ghiro "Leithia melitensis", per esempio, che noi conosciamo come animaletto di piccole dimensioni, in quell'era sviluppò misure molto più grandi rispetto a quelle attuali. Diversamente, due specie animali, notoriamente corpulente, assunsero un formato... ridotto, come l'ippopotamo (Hippopotamus pentlandi) e il più piccolo elefante mai esistito sulla Terra: il Palaeoloxodon falconeri (Elephas Falconeri), un curioso pachiderma cosiddetto "nano", alto al massimo 100 centimetri (alla spalla).
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Questo elefante piccoletto ha attirato l'attenzione dei paleontologi, i quali ritengono che si sia arrivati a questa specie nana attraverso un particolare percorso evolutivo che parte dall'Elephas antiquus, specie che poteva superare 5 m. di altezza alla spalla, passa poi per l'Elephas mnaidriensis, di dimensioni intermedie, e arriva all'Elephas Falconeri, chiamato così in onore di Hugh Falconer, geologo, botanico e paleontologo scozzese.
Ma come fece un bestione enorme come l'elefante antiquus (che contemporaneamente viveva in Europa e lungo tutta la penisola) a rimpicciolirsi così tanto? Le ragioni sono tante, ma la più determinante sembra essere dovuta al fatto che, nelle isole, le condizioni erano particolari dal punto di vista dell'alimentazione: le risorse erano poche, quindi darwinianamente conveniva essere più piccoli e consumare meno. Tale processo evolutivo lo possiamo riassumere nel fenomeno del "nanismo insulare".
Inoltre, mentre un elefante antico poteva vivere oltre 70 anni, si pensa che gli elefanti siciliani avessero un'aspettativa di vita di circa 26 anni, come se il loro ciclo vitale fosse molto più veloce, con strategie riproduttive completamente differenti.
Resti fossili di queste specie, insieme con quelle di altri animali, sono stati trovati all'interno di grotte del Trapanese, del Palermitano, del Siracusano e del Messinese e in aree collinari dei Peloritani che si affacciano sullo Stretto di Messina.
Proprio il ritrovamento in età classica di resti paleontologici degli elefanti nani hanno dato origine alla leggenda della reale esistenza dei Ciclopi. Infatti, i teschi degli elefantini sono di dimensioni poco più che umani, sono schiacciati ed evidenziano un incavo centrale, prodotto dall'attaccamento della proboscide, che nelle rappresentazioni fantastiche divenne il bulbo oculare dei giganti con un solo occhio al centro della fronte.
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Inoltre, quasi tutti i fossili di questi animali sono stati ritrovati in grotte, in cui probabilmente entravano alla ricerca dei sali minerali fondamentali nella loro dieta e nelle quali rimanevano per sempre intrappolati. E quali erano, appunto, le dimore dei Ciclopi se non gli antri siciliani?
Fu il paleontologo austriaco Othenio Abel, all'inizio del secolo scorso, il primo a mettere in relazione il cranio degli "elefanti nani" con la leggenda dei Ciclopi.
Foto di Kalima - Opera propria, CC BY-SA 3.0
Per chi fosse interessato a vedere con i propri occhi i resti di questi pachidermi, involontari creatori di leggende, può recarsi al Museo Geologico Gemmellaro di Palermo (corso Tukory, 131) e visitare, al secondo piano, la Sala degli Elefanti; a Catania invece, scheletri di elefanti nani sono esposti nella sezione paleontologica del Museo di Scienze della Terra dell'Università di Catania, nella sede del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali. Infine, a Siracusa, al Museo archeologico regionale Paolo Orsi, uno dei principali musei archeologici d'Europa.
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