Nella foresta di Birribaida, il bosco dove cacciava Federico II
Vi parliamo di ciò che è rimasto della grande riserva di caccia voluta dallo Stupor Mundi
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In questa ennesima estate nella quale lo Slow Tourism siciliano va forte e nella quale i piccoli borghi e i luoghi lontani dai circuiti del turismo di massa fanno da straordinario attrattore, una visita la si può fare nella zona di Castelvetrano, nel Trapanese, dove si trovano i resti di quella che fu una vasta foresta, la foresta di Birribaida.
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Voluta da Federico II di Svevia come riserva di caccia, ma anche come luogo per accogliere diversi ordini monastici che avevano ruoli di collaborazione e supporto alle attività dell'Imperatore, la foresta di Birribaida in età medievale era una distesa verde, con querce da sughero, alberi di carrubo e un sottobosco ricco e fitto che attraversava le Latomie, l'attuale Parco archeologico di Selinunte, e arrivava sino alla valle attraversata dal fiume Belìce e l'agro dell'attuale paese di Menfi.
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Nei secoli la foresta è scomparsa e quei terreni sono stati riconvertiti a uliveto e vigneto, ma di questa antica storia è rimasta una macchia di bosco fitta di vegetazione che si trova in contrada Bresciana, nel territorio di Castelvetrano: 1,6 ettari di querce da sughero, dove ciò che rimane del bosco viene tutelato e curato dalla famiglia Asta, proprietaria dal 2005.
"Quando mio papà ha comprato i 4 ettari della tenuta, qualcuno gli consigliò di estirpare tutto e piantare ulivi - racconta Nicolò Asta, figlio di Aurelio - ma noi, invece, abbiamo voluto mantenere questo pezzo di bosco dove camminandoci dentro si ascolta la natura".
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Agricoltore per passione ed esportatore nell'Est europeo di prodotti siciliani, Asta in questi anni ha tutelato le querce da sughero del bosco. "La corteccia racconta la storia di ogni pianta - spiega Nicolò Asta - e noi facciamo decorticare gli alberi ogni 7/9 anni da squadre di scorzini che vengono dalla Sicilia Orientale, per raccogliere il sughero da destinare poi al mercato, seppur è poco redditizio".
Quello che oggi forma questa fitta macchia mediterranea sono le querce che negli anni sono cresciute rimpiazzando quelle che, nel frattempo, erano morte. Un rinnovarsi continuo senza che l'uomo abbia interrotto questo ciclo naturale.